Il più europeista degli europei? Vladimir Putin
di Simona Maria Frigerio
Le votazioni che si terranno tra poche ore saranno storiche perché si deciderà il futuro del nostro Paese per gli anni a venire: l’adesione alla Nato, la guerra e l’Europa degli asset finanziari d’Oltreoceano contro un nuovo mondo possibile. Non prendiamoci in giro: quelli che andranno al Governo, questa volta, decideranno se dovremo finire in macerie per compiacere interessi stranieri o rispettare l’articolo 11 della Costituzione.
Ursula Von Der Leyen, all’Università di Princeton, ha affermato: “Vedremo i risultati del voto, si sono appena svolte elezioni anche in Svezia” – dove spirano venti di estrema destra da anni ma l’unico, forse, ad accorgersene è stato il regista di Je suis Karl. E ha aggiunto: “Il mio approccio è che lavoreremo insieme a qualsiasi governo democratico che voglia collaborare con noi” ma: “Se le cose andranno in una direzione difficoltosa – ho già parlato di Polonia e Ungheria – abbiamo gli strumenti per agire”. L’Europa decide chi è democratico o meno e ha gli strumenti per ‘agire’. Come quelli utilizzati per fermare la Brexit? Speriamo altrettanto spuntati, ma la frase appare quasi una minaccia.
Ma se non cerchiamo di capire come siamo arrivati qui sarà ancora più difficile capire chi sono i veri amici dell’Italia e dell’Europa.
Un breve passo indietro
Nel 2014 chi chiese ai leader delle auto-proclamate Repubbliche di Donetsk e Lugansk di posporre i referendum e aprire un dialogo con Kiev?
Questa è storia. Fu Vladimir Putin.
Gli indipendentisti non riconobbero, però, né nella Russia né nell’Ucraina e nemmeno negli States i Paesi che potessero decidere del loro futuro. Andrei Putgin, tra gli esponenti della DNR, affermò alla stampa: “Non abbiamo deciso noi, bensì il popolo del Donbass. Il popolo del Donbass ha la possibilità di portare a termine un’impresa e noi non abbiamo nessun diritto di impedirglielo”. Così votarono e i risultati furono contestati dal cosiddetto Occidente, lo stesso Occidente che favorì al contrario, ad esempio, le Primavere Arabe, che sobilla Taiwan, che rimane zitto sul futuro del popolo palestinese.
Donetsk e Lugansk avevano diritto di rivendicare l’autodeterminazione?
Sebbene le leggi ucraine non accettino l’indipendenza dei territori a meno che la stessa non sia votata a maggioranza in un referendum nazionale – e tenendo conto che in Donbass vive solo il 10% della popolazione ucraina, ma Kiev ne ricava il 20% del prodotto interno lordo e il 25% delle esportazioni – difficilmente il 90% degli ucraini avrebbe votato a favore dell’indipendenza della regione e tale referendum sarebbe stato, sì, una farsa: quale avrebbe potuto essere l’alternativa?
Le Nazioni Unite riconoscono – almeno sulla carta – il diritto all’autodeterminazione dei popoli, indipendentemente dal volere del potere centrale (1). Per fare un esempio: sul Kosovo, la Corte Internazionale di Giustizia, il 22 luglio 2010, ha dato parere alle Nazioni Unite che: “la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo adottata il 17 febbraio 2008 non viola le leggi internazionali” e ha puntualizzato che: “lo scopo del principio dell’integrità territoriale è confinato alla sfera delle relazioni tra Stati”. Quindi, le Repubbliche indipendentiste avevano (e hanno) tutto il diritto di autodeterminarsi con un referendum e la comunità internazionale avrebbe dovuto (e dovrebbe) prenderne atto e facilitarne la procedura.
In questi otto anni, il Donbass è stato lasciato a combattere, nei fatti, da solo e ha combattuto una guerra impari contro lo stato centrale di Kiev. Proprio in questi giorni si stanno scoprendo fosse comuni di civili indipendentisti uccisi da Kiev nei territori liberati di Lugansk – ma già a febbraio scorso era Donetsk a denunciarne altre, mentre la Russia tentava di inviare il materiale comprovante in Germania e negli Stati Uniti e faceva presente che qualsiasi tentativo di rendere pubblica la notizia era bloccato dai social che censuravano il ‘contenuto’ come ‘inammissibile’ (cosa che è successa anche a chi scrive, ogni volta che ha tentato di pubblicare foto o video che denunciavano l’uccisione di civili in Donbass con le armi che Europa e Stati Uniti stanno elargendo a Kiev).
Eppure la Russia in questi otto anni, nonostante le sanzioni (a causa dell’annessione della Crimea, avvenuta dopo un referendum), ha sempre cercato di riallacciare i rapporti con l’Europa, con la quale è legata storicamente, culturalmente, tradizionalmente e geograficamente. La Russia è parte dell’Europa (mentre gli Stati Uniti appartengono a un altro continente che si chiama Americhe).
L’Ucraina, dal canto suo, ha guadagnato parecchio in questi otto anni (nonostante abbia continuato la sua personale guerra contro il Donbass, senza per questo essere sanzionata) grazie al gas esportato dalla Russia verso l’Europa – dato che il passaggio dello stesso avveniva tramite il gasdotto presente sul suo territorio – e si è giovata a lungo di prezzi di favore per i propri acquisti di gas.
La guerra degli States contro la Russia, via Ucraina ma, soprattutto, via il sacrifico delle legittime aspirazioni del Donbass, a cosa ci sta portando? Il Ministro degli esteri e del commercio ungherese, Peter Szijjarto, è stato chiaro denunciando inflazione e prezzi dell’energia ai massimi storici, e beni primari che stanno aumentando (e chissà quali strumenti pensa di utilizzare Von Der Leyen contro un’Ungheria così esplicita, viene da domandarsi). Perché stiamo andando verso il baratro? Chi tiene davvero al benessere degli europei: Vladimir Putin o Joe Biden? E perché i nostri politici corrono tutti negli States a garantire la nostra ‘fedeltà’ quando dovrebbero chiedere agli italiani (che teoricamente li voteranno per rappresentarli) cosa vogliono?
Italia e Donbass: la svolta
Il 21 febbraio di quest’anno sono stati i leader delle autoproclamate Repubbliche, Denis Pushilin e Leonid Pasechnik, a chiedere al Presidente russo di riconoscerne l’indipendenza e di firmare un trattato di amicizia e cooperazione, inclusa quella militare. Ma quali atti hanno condotto a tale richiesta? Il 17 febbraio Kiev aveva intrapreso il più pesante bombardamento contro Donetsk e Lugansk degli ultimi mesi e questo significava nuove ondate di profughi verso la Russia – perché, mentre noi sanzionavamo quel Paese, era proprio la Russia che accoglieva negli anni due milioni e mezzo di civili del Donbass, come testimoniava in tempi non sospetti La Repubblica (2). Eppure il Presidente Putin riconosce l’indipendenza delle Repubbliche solamente il 21 febbraio 2022 e solo allora firma i trattati di cooperazione.
In questi ultimi mesi, poi, si è parlato più volte di indire referendum per sancire la riunificazione del Donbass con la Russia, ma è stato anche più volte smentito e si è giustamente ribadito (sia da parte russa sia degli indipendentisti) che si sarebbe potuto votare solamente quando avessero taciuto le armi. Ancora il 2 giugno, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov affermava alla stampa: “Non è compito del Cremlino prendere la decisione di organizzare referendum. Abbiamo più volte affermato che è compito delle popolazioni locali decidere del loro futuro” e aggiungeva: “Occorre che vi siano le condizioni necessarie”, intendendo innanzi tutto la sicurezza dei votanti. Perché Stati Unti ed Europa non hanno preteso questo? Un cessate il fuoco e un referendum nei territori che chiedevano di autodeterminarsi. Perché abbiamo preso le parti di Kiev e non di Belgrado (sul Kosovo)? Chi si stava battendo per una pacificazione in Europa e chi remava contro?
Solamente l’invio massiccio di armi a Kiev e i continui bombardamenti della popolazione civile del Donbass hanno convinto tutti della necessità di un referendum adesso: nonostante i limiti innegabili alla sua validità – dai profughi sparsi tra Russia e Ucraina alla minaccia di continue azioni militari da parte di Kiev. E così coincidenza vuole che, mentre l’Italia terrà le proprie elezioni il 25 settembre, il Donbass affronti il proprio referendum in un clima di guerra; e qualsiasi sia il risultato, qui come laggiù, ci stiamo giocando tutti quanti il futuro – e il nuovo assetto del mondo.
E intanto a cercare di pacificare altri due Paesi che fanno parte di questa belligerante, stupida e martoriata Europa – che, anzi, pare godere a mezzo stampa degli scontri tra Armenia e Azerbaijan – è sempre il Presidente russo, Vladimir Putin. Il più europeista degli europei?
(1) https://www.inthenet.eu/2022/06/17/kiev-uccide-gli-ucraini-con-le-nostre-armi/
(2) https://www.repubblica.it/solidarieta/profughi/2017/03/10/news/mosca_il_conflitto_nel_donbass_ha_gia_creato_due_milioni_e_mezzo_di_rifugiati_ucraini-160210821/
sabato 24 settembre 2022 – Speciale guerra in Donbass
In copertina: Foto di Daniel Hadman da Pixabay.