Giorgia Meloni finalmente dichiara perché siamo in guerra
di Simona Maria Frigerio
Bando alla retorica che ci vuole dalla parte di Kiev contro la Russia perché quest’ultima avrebbe invaso l’Ucraina al solo scopo della propria espansione territoriale. Bando persino ad affermazioni ridicole – da sceriffi della democrazia autoproclamati – che il nostro scopo sia ‘liberare’ la Russia dal ‘tiranno’ Putin (presidente eletto democraticamente). Bando infine a quell’obnubilamento (operato anche dai mass media occidentali) che ci ha fatto dimenticare del tutto le istanze indipendentiste della popolazione del Donbass che ‘stranamente’ combatte a fianco dei russi e non dei nazionalisti ucraini. La storia farà forse giustizia su antefatti, fatti e misfatti. Tutti noi ormai siamo di fronte a ben altro scenario.
Quale? Quello che alcuni, pochi intellettuali e giornalisti hanno denunciato (perfino negli States) fin da febbraio e che la leader di Fratelli d’Italia ha avuto il coraggio di dichiarare alla stampa: “La guerra in Ucraina è la punta dell’iceberg di un conflitto che ha per obiettivo la revisione degli assetti mondiali. Se l’Ucraina cade e l’Occidente perisce, il grande vincitore non sarà solo la Russia ma anche la Cina, e chi è più debole in Occidente, segnatamente l’Europa, rischia di trovarsi sotto l’influenza cinese. Per questo secondo me bisogna combattere questa battaglia” (fonte Il Tempo, via social).
Chapeau. Cristallina ed esplicita come non mai. Ma il messaggio della leader Meloni cosa presuppone, cosa dimentica e a cosa mira? Analizziamolo bene.
In primis, dimentica non solo l’Articolo 11 della nostra Costituzione che vieta all’Italia di tentare di risolvere le controversie internazionali armata manu (e questo non è un buon segnale da chi si candida a Primo Ministro del nostro Paese), ma anche il diritto all’autodeterminazione del popolo del Donbass; oltre al fatto che, almeno ufficialmente, noi non siamo in guerra contro la Cina. Dimentica altresì le lezioni della storia. Nessun regime è eterno. Sono crollati imperi e assetti socio-economici e politici in qualsiasi epoca, dagli assiro-babilonesi all’Urss, dal nazi-fascismo al sistema cortigiano di Versailles. È miope e antistorico pensare, oggi, di contenere il potere della Cina quando è ormai un dato di fatto – soprattutto dopo aver delocalizzato (per un bieco tornaconto capitalistico) saperi e attività produttive in quel Paese per oltre vent’anni. Solo l’arroganza tutta occidentale che non ci ha permesso, in epoca di pandemia, di usare subito i tamponi veloci sudcoreani o di ricorrere al vaccino russo – che oltre a essere stato sviluppato per primo non utilizzava una tecnologia ancora sperimentale come le spike – poteva indurci a pensare di usare il popolo cinese come manovalanza a basso costo per le nostre fabbriche ad aeternum. Non abbiamo sottovalutato la capacità dei cinesi di apprendere e superarci nella ricerca tecnologica a fini produttivi e non? Sottilmente razzisti o poveri illusi?
Nella dichiarazione di Meloni non vi è solo l’incapacità di accettare i processi storici ma la volontà di perpetrare un ordine mondiale capitalistico-consumistico unipolare, ove i Paesi che non si assoggettato al nostro modo di pensare e volere sono costretti a cedere con mezzi coercitivi (leggasi sanzioni) o tout-court armata manu (e trent’anni di guerre dovrebbero dimostrarlo) così da mantenere in posizione egemonica, quale potenza economica e geo-politica, gli Stati Uniti. Ma questo giova agli europei (che lei definisce in pratica l’anello ‘debole’)? La sua analisi pecca del dubbio che sia proprio l’indebolimento e lo scioglimento della Ue il fine a cui mira il grande capitale a Stelle e Strisce. Prima con la Brexit e i dazi sui nostri prodotti; poi con una pandemia che, guarda caso, è stata declassata a influenza già un anno fa in UK e che, al contrario, sul nostro continente si è continuato a combattere a oltranza con chiusure e ridimensionamenti delle attività economiche e della mobilità fino a questa estate; e infine con la politica miope dell’allontanamento della Russia dal resto d’Europa (unitamente al suo accerchiamento con basi e Paesi Nato) e il contemporaneo riarmo dell’Ucraina in funzione di una guerra fratricida (dato che gli indipendentisti del Donbass sono anch’essi ucraini). Non potrebbero, tutte queste operazioni, essere volte più che a un distopico ridimensionamento del potere geo-politico ed economico russo, a un impoverimento di noi europei (visti gli esiti reali delle sanzioni sul continente) perché si diventi la nuova Cina di trent’anni fa? Manovalanza, per di più qualificata, a basso costo, e beni immobili e attività produttive da integrare in rapaci multinazionali che ci sfrutteranno finché non decideranno di migrare verso Paesi e aree ancora più poveri. E oltre a tutto ciò, si potrà azzerare il discorso sul surriscaldamento globale e le rinnovabili, come già stiamo facendo utilizzando gas di scisto, carbone e – nei piani europei – perfino il nucleare.
Forse Meloni dovrebbe assicurarsi dei fini reali dei suoi alleati prima di combattere una battaglia che non ci appartiene e prima di anteporre gli interessi d’Oltreoceano a quelli degli italiani – dato che è nel nostro Paese che si candida.
E chiudiamo con una considerazione del tutto personale. Sarebbe davvero una tragedia se si affermasse un mondo multipolare? Chi nel 2001 scese in piazza contro il G8 di Genova e la globalizzazione (quella che avrebbe trasformato la Cina – o l’India – come scrivevamo, nell’attuale potenza economica mondiale) e a favore di un’economia rispettosa dei popoli, dei loro bisogni ma anche delle loro tradizioni, e dell’ambiente, si è sentito ripetere per vent’anni che non vi era alternativa, che il nostro era il migliore dei mondi possibili. Ma anche quel mondo è tramontato come dimostra, semplicemente, l’aumento del valore azionario delle imprese che licenziano (invece di assumere) o il fatto che, nonostante la pandemia, i miliardari statunitensi in un solo anno abbiano aumentato la loro ricchezza di un trilione di dollari netto. Come scriveva Lenin in L’Imperialismo, fase suprema del capitalismo: nel “vecchio capitalismo, sotto il pieno dominio della libera concorrenza, era caratteristica l’esportazione di merci; per il nuovo capitalismo, sotto il dominio dei monopoli, è caratteristica l’esportazione del capitale […]. La necessità dell’esportazione di capitale è determinata dal fatto che in alcuni Paesi il capitalismo è diventato più che maturo e al capitale […] non rimane più un campo di investimento redditizio”. Per questo capitalismo della Borsa e dei grandi monopoli, la devastazione dell’Europa non è che una partita a poker, sono i popoli che dovrebbero cominciare a chiedersi perché e per chi stanno lottando (o soffrendo).
Finalmente le alternative ci sono: un nuovo ordine mondiale con più giocatori in campo può rimettere in moto idee, progetti, visioni socio-economiche e politiche, ma anche sogni e speranze. Il pensiero unico è morto.
Così come quello della differenza di genere. La Von der Leyen che sdogana il nucleare come energia green, Liz Truss con il dito sul bottone pronta a usare armi nucleari, e Giorgia Meloni che, in spregio alla Costituzione, rivendica questa battaglia, dimostrano quanto le donne possano essere funzionali al grande capitalismo finanziario e predatorio al pari dei loro omologhi maschi.
venerdì, 16 settembre 2022
In copertina: Foto di Andrew Khoroshavin da Pixabay.