Eni ringrazia: +7 miliardi di utili
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
La guerra non ha regalato a Eni utili netti semestrali per 7.398 milioni di euro (rispetto ai 1.103 del semestre 2021). Le vere colpevoli sono la speculazione e l’inflazione – quest’ultima innescata dall’immissione di triliardi di dollari sul mercato internazionale da parte degli States per sostenere il consumo di beni durante la pandemia. Ma i politici tacciono e gli italiani (come i loro omologhi europei) dovranno prepararsi a un futuro di stagflazione per compiacere gli interessi d’oltreoceano, mentre dai dati di Forbes risulterebbe che i 736 miliardari statunitensi censiti hanno guadagnato un triliardo di dollari in più nel solo 2021 (rispetto all’anno precedente) – con Elon Musk che si è ‘vantato’ di aver versato meno del 10% di tasse sulle plusvalenze generate nel 2021.
Di certo la forbice tra ricchi e poveri / statunitensi ed europei si sta allargando sempre più. E i tedeschi scoprono che, da ottobre, dovranno versare anche il gasumlage, ossia un sovrapprezzo di 2,419 centesimi per ogni chilowattora utilizzato per salvare Uniper dalla bancarotta – il ‘gigante dai piedi d’argilla’ di cui si teme il crollo a causa dell’aumento del costo del metano. La società con sede a Düsseldorf, invece di farsi carico del rischio d’impresa e magari fallire, scarica i propri problemi di liquidità sul Governo tedesco e su una popolazione già tartassata dagli aumenti delle fonti energetiche. Mentre altre aziende tedesche – forse più agili o meglio gestite – stanno facendo utili stellari nella stessa Germania, così come Eni in Italia. Misteri del sistema capitalistico che, quando le cose vanno bene, distribuisce gli utili agli azionisti e quando vanno male, i debiti gravano sui cittadini? Oppure dovremmo cominciare a chiedere a chi di dovere come funzionano le contrattazioni del libero mercato del gas, con i future che si scambiano alla Borsa di Amsterdam – la quale gestisce solo una parte del mercato del gas in Europa, ma detta il prezzo ovunque nel nostro continente – e che non sono connessi con i contratti a lunga scadenza ma determinano l’inflazione e la speculazione sotto gli occhi di tutti. Si vuole forse far lievitare il costo del gas naturale via gasdotto per rendere appetibile anche quello di scisto made in Us – che arriva liquefatto e va rigasato – e ripulirne l’immagine solo per compiacere gli ‘alleati’ anche in questo settore?
Nel frattempo, Eni e altre società (sostenute nelle loro affermazioni da politici forse non molto preparati a livello economico) prospettano agli italiani un futuro roseo col gas Nordafricano. In questo mondo basato sul libero mercato, noi ci auto-castighiamo a pagare una risorsa in maniera sproporzionata solamente perché vogliamo decidere chi deve governare in Russia e, nel farlo, fingiamo di acquistare il gas non da Gazprom ma da altri partner commerciali.
Ora, se in Algeria Gazprom, Transneft e Stroytransgaz sono le tre corporate russe che vantano una partnership consolidata con l’algerina Sonatrach (quella che dovrebbe fornirci il gas rigorosamente non russo), significa che la nostra ricchezza scivola via in fiumi inflattivi finendo per rientrare anche nei conti russi grazie ad altri accordi commerciali con partner economici comuni – questo perché noi (i Paesi Nato) applichiamo le sanzioni alla Russia, ma non fa altrettanto quasi tutto il resto del mondo. Non solo. Sbandierare una presunta indipendenza energetica non ha senso in quanto stiamo solamente cercando di sostituire un fornitore estero con altri, che non hanno in ogni caso le medesime riserve. Il Nord Africa possiede oltre il 45% delle riserve di gas accertate rispetto all’intero continente ma solamente il 3% di quelle mondiali. Non vanno nemmeno sottaciuti ulteriori fatti. Solamente il 60% dell’export di gas dal Nord Africa avviene via gasdotto mentre il resto della produzione è di gas liquefatto. Non solo, le esigenze di sviluppo economico interno, in Algeria ed Egitto, rischiano di drenare quantitativi di gas destinati all’export (l’Egitto, ad esempio, è stato un importatore netto di gas tra il 2015 e il 2018). E difatti, se l’intero Nord Africa può arrivare a 95 bcm (bilioni di metri cubi di gas naturale) prodotti, la Russia si attesta sui 638.5 bcm (fonte https://www.gisreportsonline.com/r/natural-gas/9).
Teniamo infine conto dell’instabilità politica di alcuni Paesi nordafricani (causata anche dai nostri – di occidentali – vari interventi armati) e del fatto che non si comprende perché i Nordafricani dovrebbero favorirci vendendoci il gas a prezzi inferiori di quelli di mercato – d’altronde finché alcune fonti ci saranno precluse, i prezzi continueranno a rimanere sostenuti. Tutto questo per comprendere quanto, al momento e per i prossimi quattro o cinque anni, ci toccherà sacrificare sull’altare delle pretese egemoniche degli Usa – mentre le imprese italiane falliranno con conseguenti ricadute pesanti sul mondo dell’occupazione.
venerdì, 16 settembre 2022
In copertina: Foto di Steven da Pixabay.