La danza della realtà / T.R.I.P.O.F.O.B.I.A. / Lo spazzasuoni. Suono 1
di Simona Maria Frigerio
OV quest’anno si apre, per la redazione di InTheNet, venerdì 26 agosto con La danza della realtà di Atacama presso la Rocca di Montestaffoli. Purtroppo un temporale improvviso rende impossibile il primo site-specific della serata e la performance di teatro-danza si deve adattare frettolosamente a un palco improvvisato. Il risultato non è, quindi, quello atteso dai performer e questa ‘danza’ che vorrebbe, forse, restituirci i due anni di pandemia tra caccia ai runner, distanziamento, paura dell’altro da sé e perfino dell’aria che respiriamo non rende quanto avrebbe (ancora forse) potuto. D’altro canto, dell’universo immaginifico di Alejandro Jodorowsky – citato nelle note della Compagnia – non abbiamo colto nulla. Purtroppo, su un palco si nota più quanto sia stridente il tentativo di teatralizzare la danza – della prima parte – confrontato con il tentativo di esprimersi attraverso i mezzi propri della danza – della seconda – che non l’eventuale messaggio veicolato.
Di tutt’altro tenore e spessore T.R.I.P.O.F.O.B.I.A. della Compagnia IVONA, presso Galleria Continua. Qui il site-specific non solo funziona ma pare quasi scenografia pensata appositamente per lo spettacolo. L’imponente installazione di tubi quadrati in alluminio di Antony Gormley, Frame II, è l’esatta trasposizione iconografico-spaziale della coreografia del talentuoso Pablo Girolami – che avevamo già applaudito a Kilowatt Festival con Manbuhsona (1) – il quale, attraverso T.R.I.P.O.F.O.B.I.A., danza la repulsione provocata da qualsiasi “pattern costituito da figure geometriche ravvicinate” (quali le cellette esagonali dei favi). Lo stesso Girolami con Guilherme Leal dimostrano, con la padronanza del corpo e dell’espressività del gesto e del volto, come la pregnanza di ciascun movimento e il controllo del più piccolo muscolo siano indispensabili al danzatore così come la respirazione e la dizione, lo sono per l’attore. Girolami e Leal inscrivono nello spazio il timore morboso con la medesima sicurezza di un docente di psicologia. Nessuna sbavatura, nessuna concessione estetizzante, la pulizia razionale dell’arte coreografica, che non ammette orpelli. Figure che si plasmano sul reale con un uso inconsapevole (come ammesso dallo stesso Girolami) del Butō. La danza dimostra di non avere alcun bisogno del teatro (che sia parola o narratività discorsiva) per veicolare un messaggio, una sensazione, una reazione, un tentativo di superare il limite a noi imposto dalle nostre stesse ossessioni. Il gesto si fa geroglifico e racconta un mondo e uno stato. Applausi lunghi e meritati.
Per chiudere la giornata festivaliera ci si sposta nell’ex rifugio antiaereo di San Gimignano, oggi sede dell’Associazione ludica Sottomondo. Anche in questo caso un site-specific azzeccato (primo studio di uno spettacolo che speriamo vedrà la luce, viste le eccellenti premesse). La performance è tratta da Lo spazzasuoni, racconto/capolavoro di J. G. Ballard che tratteggia con ferocia un futuro distopico in cui gli esseri umani – oberati da un mondo impregnato, in ogni angolo e anfratto, da suoni e rumori – eleggono il silenzio a musica sublime (o meglio, una musica inudibile a sublime). Quale luogo migliore di un rifugio antiaereo, che rimanda alla ferocia della guerra e ai suoi rumori assordanti per rappresentare pareti e oggetti che trasudano quella storia intessuta di esplosioni, rombi, urla, squarci e crolli? Tuccio Guicciardini e Patrizia de Bari (anche presenza magnetica in scena) partono dal nocciolo e si concentrano, in questa prima restituzione pubblica, sull’essenza intima e sofferta espressa da Ballard. Ai rumori del rifugio fa da contrappunto la voce umana, registrata di Carla Tatò, che intercala pagine del racconto (per suggerire la trama) a quelle parole – declamate, storpiate, stridenti, roboanti – che fanno parte del nostro bagaglio culturale e che sono preregistrati tratti dalla sua lunga storia teatrale (2). Parole che affollano la nostra mente e appesantiscono la nostra esistenza o, al contrario, parole che ci aprono alla letteratura, alla poesia, alla tragedia – in breve alla bellezza? Il medesimo dubbio che suscita Ballard nel suo racconto: è il silenzio o è la musica che può salvare il mondo? Suggestioni, tante. Al momento, però, manca il finale: manca soprattutto lo schiaffo agli artisti che J. G. pianta in faccia alla primadonna. Come lo interpreterà Giardino Chiuso? Speriamo di raccontarvelo.
Gli spettacoli sono andati in scena nell’ambito di Orizzonti Verticali 2022:
Horti conclusi – Visioni prospettiche
San Gimignano, varie location
venerdì 26 agosto, ore 19.00
Rocca di Montestaffoli
Atacama presenta:
La danza della realtà
di Patrizia Cavola e Ivan Truol
con Nicholas Baffoni, Andrea Di Matteo, Valeria Loprieno, Cristina Meloro e Camilla Perugini
ore 20.00
Galleria Continua
IVONA presenta:
T.R.I.P.O.F.O.B.I.A.
coreografia Pablo Girolami
con Pablo Girolami e Guilherme Leal
ore 22.30
ex rifugio antiaereo: Sottomondo
Giardino Chiuso presenta:
Lo spazzasuoni. Suono 1
progetto a cura di Tuccio Guicciardini e Patrizia de Bari
con la collaborazione di Carla Tatò
(1) https://www.inthenet.eu/2022/07/29/danza-e-prosa-targate-kilowatt-2022-venerdi-22-luglio/
(2) 1. 2. 3. Frammenti da Medea, 1992. Regia Carlo Quartucci, testo Aurelio Pes. Teatro Gebel Hamed di Erice. 4. La Favola dell’Usignolo. Progetto Europeo a guida italiana de La Zattera di Babele, 2002/2003. Frammento da Il cerchio d’oro dei Macbeth, 1992. Regia Carlo Quartucci. Centro Teatro Ateneo, Università La Sapienza di Roma. 5. Heinrich Von Kleist, frammento da Pentesilea.
venerdì, 2 settembre 2022
In copertina: i direttori artistici del Festival, Patrizia de Bari e Tuccio Guicciardini (foto di Simona Maria Frigerio).