…solo se progettato insieme nell’ottica di una vera fratellanza
di Francesca Camponero
Fratelli tutti. Enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale, scritta dal pontefice in uno dei periodi più bui di questo nuovo millennio – il picco della pandemia Covid-19 – si basa sui principi fondamentali cristiani nutriti nella speranza di un mondo migliore.
L’Enciclica ha un valore particolare in quanto non si limita a considerare la fraternità uno strumento o un auspicio, ma delinea una cultura della fraternità da applicare ai rapporti internazionali. Una cultura, certo, la cui immagine è quella di un sapere in cui si sviluppano il metodo e l’obiettivo. La fraternità non intesa come tendenza o moda, ma concepita come manifestazione di atti concreti. Ci ricorda l’integrazione tra Paesi, il primato delle regole sulla forza, lo sviluppo e la cooperazione economica e, soprattutto, lo strumento del dialogo visto non come anestetico ma come un’arma che ha un potenziale molto superiore a qualsiasi armamento. Solo attraverso il dialogo per Papa Francesco la giustizia si può affermare nel suo significato ed effetto più autentico. Dialogo che l’Enciclica evoca come strumento della fraternità, un mezzo che rende chi dialoga diverso da quelle “persone con funzioni importanti nella società, che non avevano nel cuore l’amore per il bene comune” (FT, 63).
L’obiettivo deve essere invece un percorso ascendente determinato da quella sana sussidiarietà che, partendo dalla persona, si allarga ad abbracciare la dimensione familiare, sociale, statale fino alla Comunità internazionale. Ecco perché, ci ricorda Francesco, per fare della fraternità uno strumento per agire nei rapporti internazionali “è necessario far crescere non solo una spiritualità della fraternità ma nello stesso tempo un’organizzazione mondiale più efficiente, per aiutare a risolvere i problemi impellenti” (FT, 165).
Se pensiamo a quello che poi è successo due anni dopo (14 febbraio 2022) con l’invasione russa dell’Ucraina, ci rendiamo ancora più conto di come il mondo sia restio al far suoi questi principi. Eppure l’Enciclica ci chiama alle nostre responsabilità, individuali e collettive, di fronte a nuove tendenze ed esigenze che si affacciano sulla scena internazionale. Proclamarci fratelli e fare dell’amicizia sociale il nostro abito, probabilmente non basta. Come pure definire le relazioni internazionali in termini di pace o sicurezza, di sviluppo o di generico richiamo al rispetto dei diritti fondamentali non è più sufficiente, pur avendo rappresentato negli ultimi decenni la ragion d’essere dell’azione diplomatica, del ruolo degli organismi multilaterali, dell’azione profetica di tante figure, dell’insegnamento di filosofie, e caratterizzato anche la dimensione religiosa.
Luigi Borgiani, Direttore della Fondazione Auxilium Genova (ente ecclesiale patrocinato dalla Caritas Diocesana), nel suo libro Genova. Città in dialogo (KC edizioni, 2020) parte proprio da qui, dalle parole di Papa Francesco.
Anche per lui, in un’era come questa che stiamo vivendo, se vogliamo sperare in un mondo migliore dobbiamo porci in un’ottica di cambiamento. Secondo Borgiani stiamo andando insieme verso un precipizio. L’uomo si è incamminato nel tutto presto o tutto subito. Siamo di fronte a un dovere: decidere se rimanere nel lamento di un mondo avvizzito o scegliere di cambiarlo. Lo sviluppo non è una corsa a chi arriva prima, ma deve avere al centro la persona, considerata come essere uguale e libero. Ci dobbiamo considerare come ‘noi’, non come ‘io’ e, se vogliamo stare bene, dobbiamo abbracciare un progetto d’insieme. Quello a cui lui ha aderito sin dai sui primi passi come militante in Azione Cattolica e in cui si è ancor più immerso nella relazione con le persone in povertà estrema in Auxilium: la tensione alla giustizia tra i popoli e al rispetto del Creato che muove l’azione del Tavolo Giustizia e Solidarietà (almeno dal Giubileo del 2000) trovano nelle pagine del suo testo una sintesi naturale. Pagine scritte nel difficile tempo del lockdown che tuttavia si rivela anche “quel tempo necessario”, non più rimandabile, in cui si deve agire a favore della città e ritrovare l’impegno della comunità. Tempo favorevole per raccogliere e rilanciare i temi della Laudato Si’ di Papa Francesco e dall’Agenda 2030 con i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: molto più che semplici documenti, vere e proprie mappe per ritrovare la via di uscita da un futuro minacciato.
Secondo Borgiani, un nuovo modo di vivere la città non solo è possibile, ma è necessario. Le righe dei quaderni delle scuole elementari, scelte come copertina del libro, dicono ai giovani di oggi che la città va scritta, riscritta, ridisegnata con l’inventiva e la passione di ciascuno.
Il Direttore di Auxilium raccoglie e intreccia questi fili, lega il globale al locale, il pianeta alla città, e offre riflessioni e indicazioni concrete per vivere Genova come un laboratorio per il cambiamento. Al centro delle 121 pagine parole importanti che cercano la sostanza dei fatti: poveri, comunità, periferie, giovani e futuro, anziani e memoria, famiglie, spazi urbani, verde pubblico e natura, luoghi di partecipazione, dialogo sociale, ruolo dei cattolici, parrocchie in uscita, responsabilità, bene comune, casa comune e via dicendo. Borgiani mette in luce i tanti fattori di crisi che attraversano il tessuto sociale ed ecclesiale a livello cittadino e globale. Il mondo della Chiesa non deve essere periferiale, la chiesa deve uscire dal mondo tradizionale della catechesi e aprirsi ribadendo che non è più il tempo dell’attesa ma che bisogna mettere a frutto le buone volontà.
“Ma la storia sta dando segni di un ritorno all’indietro”, dicono le parole dell’Enciclica Fratelli tutti. “Si accendono conflitti anacronistici che si ritenevano superati, risorgono nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi. In vari Paesi un’idea dell’unità del popolo e della nazione, impregnata di diverse ideologie, crea nuove forme di egoismo e di perdita del senso sociale mascherate da una presunta difesa degli interessi nazionali.(…) ‘Aprirsi al mondo’ è un’espressione che oggi è stata fatta propria dall’economia e dalla finanza. Si riferisce esclusivamente all’apertura agli interessi stranieri o alla libertà dei poteri economici di investire senza vincoli né complicazioni in tutti i Paesi. I conflitti locali e il disinteresse per il bene comune vengono strumentalizzati dall’economia globale per imporre un modello culturale unico. (…)L’avanzare di questo globalismo favorisce normalmente l’identità dei più forti che proteggono se stessi, ma cerca di dissolvere le identità delle regioni più deboli e povere, rendendole più vulnerabili e dipendenti. In tal modo la politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il ‘divide et impera’(…). Che cosa significano oggi alcune espressioni come democrazia, libertà, giustizia, unità? Sono state manipolate e deformate per utilizzarle come strumenti di dominio, come titoli vuoti di contenuto che possono servire per giustificare qualsiasi azione”.
Quanta verità in queste parole anche per chi non è credente. Eppure gli Stati sono sempre in guerra, ora più che mai.
La domanda sorge spontanea: perché non si possono fare accordi che evitino i conflitti armati? In altre parole, essendo la guerra inefficiente ex-post, perché gli Stati non dovrebbero essere in grado di raggiungere un vantaggioso accordo ex-ante che permetta loro di evitarla? La risposta sta nelle preoccupazioni di sicurezza economiche, ma anche simboliche e di reputazione di tutte le parti coinvolte. Si tratta di un esercizio molto difficile di comprensione delle intenzioni altrui e di ‘empatia strategica’ ed è ciò che il professor Nicholas Wheeler chiama Security Dilemma Sensibility (sensibilità al dilemma della sicurezza). Questo ‘esercizio reciproco’ può funzionare solo se ci troviamo in una situazione in cui tutte le parti si impegnino a cooperare e qui, inevitabilmente, si torna ai principi enunciati nell’Enciclica di Papa Francesco.
Bibliografia:
Papa Francesco, Fratelli tutti. Enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale, Roma, San Paolo, 2020;
Gigi Borgiani, Genova. Città in dialogo, Genova, KC edizioni, 2020.
venerdì, 26 agosto 2022
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay.