Kiev attenta nuovamente alla sicurezza di Zaporozhye?
di La Redazione di InTheNet
Dopo le notizie dello scorso 5 agosto, giungono nuovamente denunce da parte russa che alle 12.40 del 7 agosto, “unità della 44 Brigata Artiglieria ucraine hanno bombardato la centrale nucleare di Zaporozhye dalla vicina Marganets, sul lato opposto del bacino idrico di Kakhovka” (sul fiume Dnepr). Sempre da fonti russe si apprende che il bombardamento avrebbe “danneggiato la linea ad alto voltaggio di Kakhovskaya, che fornisce elettricità alle regioni di Zaporozhye e Kherson” ma soprattutto avrebbe causato un sovraccarico nell’impianto. Nonostante il sistema di sicurezza abbia funzionato, escludendo la linea di trasporto dell’energia ad alta tensione, e siano accorsi sul posto prontamente i pompieri, si è dovuta ridurre la capacità di produzione delle “Unità 5 e 6” per “prevenire la distruzione dell’impianto nucleare”.
Per comprendere la gravità delle azioni ucraine dobbiamo tenere presente che Zaporozhye è la maggiore centrale nucleare europea e tra le dieci maggiori al mondo. Nella centrale, inoltre, continua a operare il personale civile ucraino – particolare che non sembra abbia influenzato le scelte di Kiev. Va sottolineato che, per avere informazioni super partes, occorrerebbe che sull’impianto fosse inviata una missione dell’International Atomic Energy Agency – come concordato tra la stessa e la Russia il 3 giugno scorso – guidata dal Direttore Generale, Rafael Grossi. Purtroppo tale iniziativa sembra al momento sospesa a causa del divieto del Dipartimento per la sicurezza del Segretariato delle Nazioni Unite.
Nel frattempo, vediamo l’intervista all’ex militare francese Adrien Boquet, oggi scrittore, registrata sul canale Instagram di Maxim Grigoriev. Quest’ultimo – abbastanza inviso dai media occidentali – sta raccogliendo testimonianze che comproverebbero le responsabilità denunciate dai russi in merito al comportamento di Kiev nei confronti della popolazione civile. Grigoriev, Direttore della Democracy Research Foundation, in passato (come apprendiamo da Modern Diplomacy) è stato membro della Commissione che si era recata “nella città siriana di Douma, dove alcuni media occidentali avevano affermato che le forze governative avrebbero lanciato un attacco chimico contro la popolazione civile, accusa utilizzata da Washington per lanciare un altro attacco missilistico”. Sempre secondo le fonti stampa citate, Grigoriev avrebbe detto di essere stato “nella stessa casa dove si affermava che era stato girato il video con i corpi dei morti”. Avrebbe poi intervistato le persone che vivevano lì, constatando al contrario che nessuna era rimasta ferita. Questo per dire che la guerra della propaganda o la propaganda di guerra va avanti da sempre e coinvolge pesantemente anche i media occidentali – per non parlare di quei politici, come Colin Powell con l’affaire delle false armi chimiche in Iraq, che vi si prestano, magari controvoglia.
Ora è lo stesso Grigoriev a intervistare Boquet riguardo alla requisizione illegittima che sarebbe stata perpetrata da membri dell’esercito ucraino e della Azov sul confine con la Polonia, i quali si sarebbero impossessati di medicinali (per la precisione morfina e farmaci psicotropi da consegnare, al contrario, quali aiuti umanitari per la popolazione civile). Boquet, dopo la sua testimonianza in merito a quanto accaduto a Bucha (1), sta subendo anche minacce fisiche. Sebbene nessuno possa dire con certezza quanto sta accadendo in Donbass, bisogna registrare che – dopo i casi di Alina Lipp e Graham Phillips, perseguitati in Germania e Regno Unito senza aver subito alcun processo – anche la Francia non sembra voler accettare versioni discordanti sulla guerra in-civile che si sta combattendo con le nostre armi in un Paese europeo.
E proprio sulle armi registriamo un ultimo fatto inquietante, ossia l’accusa che Kiev stia utilizzando anche bombe a farfalla – teoricamente vietate secondo le convenzioni internazionali.
(1) Si veda anche l’articolo sulla testimonianza di Boquet in merito al cosiddetto massacro di Bucha: “Uno dei volontari che era lì con me, mi ha detto di aver visto il giorno prima come i camion refrigerati provenienti da altre città dell’Ucraina arrivavano a Bucha, da cui scaricavano i corpi e li allineavano”. Per approfondire: https://www.farodiroma.it/adrien-boquet-racconta-la-sua-versione-del-massacro-di-bucha-e-per-questo-in-francia-e-minacciato-di-morte/
venerdì, 12 agosto 2022
In copertina: Foto di Sly da Pixabay.