Una panoramica della poetica del gruppo anarcorporeös e del progetto Manifesto Brutal
di Sharon Tofanelli
È cosa risaputa che, in certe realtà tribali, un individuo custodisca gelosamente il proprio nome. La sacralità della parola che, in teoria, dovrebbe definirci è oggetto di protezione oggi come agli albori dell’umanità, quando tutta la nostra razza abitava il tempo della magia. Le stesse favole ci parlano di esseri fatati condannati all’obbedienza se soltanto l’eroe fosse in grado di carpirne il misterioso – e spesso lunghissimo, impronunciabile – nome. “Innominabile attuale” è il termine che il compianto Roberto Calasso adoperava per rivolgersi a una collettività che ha rovesciato il divino nel sociale e che confonde sacrificio e terrorismo. E l’arte, specchio della realtà che abita, è sempre più propensa a spogliarsi di tutti i paramenti e lanciarsi nell’euforia dionisiaca.
Manifesto Brutal, benché un nome ce l’abbia ben chiaro, rientra tra quelle realtà indefinibili e perennemente al lavoro. È un progetto del gruppo anarcorporeös, che abbiamo visto al Festival Giungla di fine giugno con La notte è anche un sole. Ne fanno parte Giorgia Frisardi, Mattia Pellegrini, Jesal Kapadia, Eleonora Biagetti, Edoardo Pellegrini, Corrado Chiatti e Marco Fellini. Limitata da estremità temporali non superiori a un’ora, la loro operazione comprendeva un telaio brutalista con griglia (una creazione di Pellegrini), svariati foulard, sciarpe e matasse di filo; una successione di ipnotiche immagini video in bianco e nero; e la lettura ininterrotta di testi infiammati.
Il collettivo, che nell’incontro precedente al Festival aveva dichiarato, come in ogni esperimento, l’eventualità del fallimento, partiva dal presupposto di una tessitura collettiva, rompendo la distanza tra operatori e pubblico. Un discreto numero di persone, sotto la mistica notte di San Giovanni e tra le volte di vetro della serra dell’Orto Botanico di Lucca, avevano dunque abbandonato i propri posti per inginocchiarsi al fianco dei performer e intrecciare fibre colorate. Per chi era rimasto seduto, continuava la proiezione del video, collage di riprese trovate e composte a ritmare la recitazione poetica. C’è sempre un commento scritto, musicale o parlato, siano le folle tumultuanti iraniane o il mare del Salento, come nelle Alterazioni radiovisive prodotte per l’IPER Festival delle periferie (Roma, maggio 2021).
“Manifesto Brutal è nato il 1° dicembre 2019 al Macro Asilo”, recita il sito del progetto. “Abitava la pandemia prima che il mondo se ne accorgesse”. Un calderone ribollente di testi e di grida. Per propria definizione, esso è “una performance, un libro, una radio”. Già presente in precedenti iniziative di Giungla, ha fatto la propria comparsa nella primavera del 2020 allo Yerevan Festival “in forma ancora altra, impercettibile, cartacea e sonora”. Molta enfasi è infatti posta sulla parola, che si declina in scrittura o in canto. Il sito del collettivo erompe di riflessioni, citazioni, poesia: “Manifesto Brutal performa cantando i canti d’insurrezioni fallite, di piogge dimenticate”. C’è spazio per tutti i caduti, tutti i generi, tutti i Paesi. Il flusso delle parole rotola nello spazio, si sfilaccia, muta in ritmo estatico, quasi in ditirambo. La sostanza delle declamazioni persiste, ma si smarrisce nella loro densità. Per chi era a Lucca nella notte di San Giovanni, esse scandivano l’atto del tessere come un tamburo. Se Calasso, lo menzioniamo ancora, ci parlava di una società che ha smarrito gli dèi e che non può ritrovarli che attraverso le narrazioni assolute, si potrebbe interpretare in tal senso il carattere panico di questa tipologia di progetto: la ricerca di una sacralità; una sacralità che coincide ormai con l’hic et nunc e che agogna alla totalità delle cose. Lo stesso eroismo che dava i natali negli anni Sessanta al fenomeno happening e a collettivi come Fluxus, consapevoli di non possedere altro che il presente, refrattari allo schema, non esenti dalla volontà politica. Se il tempo è deceduto e spazializzato, se viviamo ormai un eterno adesso, si comprende la necessità di ritagliare in esso il momento sacro: tessere su un telaio ascoltando il canto, dedicare un peana al qui e ora. Erfahrung, ossia ‘esperienza’, ma colta dal punto di vista di Walter Benjamin: se l’Erlebnis, l’esperienza vissuta, tradisce la volontà illuminista di definire in anticipo l’avvenire, il termine del filosofo tedesco si connette al concetto di ‘passare attraverso’, presupponendo dunque un atteggiamento esplorativo. Anche questa riflessione ricorre nella documentazione del collettivo.
Gli abbiamo domandato di definire il proprio concetto di parola. Il gruppo ne afferma subito l’ambiguità, che incontriamo “risalendo il fiume del tempo”: “se da un lato è ciò che nell’animale umano si fa strumento per pensare, e molto di più che mezzo per comunicare, è anche ciò che ci imprigiona, che nutre la volontà di classificare, nominare, incasellare. […]. Il tentativo che si attua attraverso la parola dentro Manifesto Brutal è una continua danza tra queste due polarità”. Consapevoli che la parola presuppone una scelta, si muovono per “continuare a fratturare”. Non è un caso che si possa leggere nel loro sito che “le parole d’ordine, come le bombe, vanno maneggiate per essere disinnescate”. Ad avvalorarne la musica è la lettura di Monica Ferrando, che in Il regno errante: l’Arcadia come paradigma politico, recupera il senso originario del termine nomos, ‘legge’, ma anche ‘canto’, dunque una forma di concordanza e mai di sopraffazione. “Per questo le leggi più antiche erano cantate”, dichiara l’autrice in un’intervista. L’importanza di questo testo risulta tale da comparire nel dossier fotografico del gruppo.
Per La notte è anche un sole gli anarcorporeös hanno voluto sperimentare maggiormente: se le precedenti operazioni erano state supportate da un testo predefinito, nella notte dell’Orto Botanico il mezzo principale è stato la lettura. I libri erano sul tavolo, sfogliati e declamati obbedendo al proprio palpito. YAMAHA, di Marco Fellini, è stato l’unica scelta anticipata. Hanno fatto seguito, in via del tutto improvvisata, Il pornoterrorismo (Diana J. Torres), la sceneggiatura di Naked Spaces: Living is Round (film di Trinh T. Minh), la poesia di Audre Lorde, poi altro, tanto altro, parole recitate, asperse, catartiche. Corporalmente Corretto, di Giorgia Frisardi, e La copia di una copia di una copia di una copia, di Mattia Pellegrini, sono infine testi nati in seno al gruppo, nonché la voce del suo esordio nel 2019.
Infine, la prigionia del luogo deputato: come condurre la performance al di fuori dei limiti rassicuranti di un Festival? Il gruppo puntualizza il fatto che tutte le loro partecipazioni sono state frutto di un invito da parte di care amicizie: se per il primo Manifesto Brutal del 2019 il debutto a Roma era stato introdotto da Giorgio Finis, ad Harout Simonian si deve la presenza del collettivo al Yerevan Biennale. Irene Panzani, infine, ha condotto gli anarcorporeös nella sua Giungla. Ciò detto, si parla di una destituzione dei luoghi che si manifesta prevalentemente nella pratica: “scrivendo, sottraendoci all’obbligo del lavoro, attuando fughe disperate, cercando una comunità inoperosa pur non credendo più in nessuna comunità possibile”.
Tentare di definire Manifesto Brutal: un’operazione difficile, ma soprattutto scorretta. Sarebbe aggressione alla loro stessa poetica dell’indefinito. Se n’è parlato, nei limiti del nostro possibile. Il resto lo delegheremo all’esperienza. Erfahrung, ovviamente.
Sitografia:
Sito ufficiale di Manifesto Brutal: https://frigiorgia.wixsite.com/manifestobrutal
Presentazione di Erratic Version al Yerevan Biennale: https://agitazioni.org/2021/04/17/manifesto-brutal-erratic-version-at-chaosmic-spasm-artist-run-yerevan-biennale-a/ (Erevan, Armenia, 2020)
Alterazione radiovisiva per il Museo delle periferie (Roma, 2019):
Intervista a Monica Ferrando, autrice de Il regno errante: http://www.psychiatryonline.it/node/7888
Approfondimento sul concetto di Erfahrung: https://www.nazioneindiana.com/2018/11/26/costellazioni/
venerdì, 12 agosto 2022
In copertina: Immagine gentilmente concessa dal gruppo anarcorporeös.