Senza autoironia, la società si indebolisce
di Simona Maria Frigerio
Recentemente Mr. Clint Eastwood si è espresso circa le critiche sulla mancanza di political correctness del film che lo ha reso famoso in tutto il mondo, Dirty Harry (Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!, regia di Don Siegel, anno 1971). Cult certamente scorretto ma ricco di humour, volutamente sopra le righe e – in sottotraccia – denuncia splatter della violenza dilagante, a livello di criminalità ma anche tra le forze dell’ordine. Tema, quest’ultimo, che diventerà centrale in Magnum Force (Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan), il secondo della serie, del 1973, che vedeva sempre come protagonista Eastwood nei panni del suo alter ego, Harry Callahan.
Già nel 2018 Clint Eastwood si era espresso contro la mania del politically correct: “Non sono mai cauto in ciò che dico perché, sapete, sono in giro da tanto, cosa possono farmi? L’era della political correctness nella quale ci troviamo non sta facendo bene a nessuno. L’adottano tutti e indebolisce la società. Le persone non dovrebbero prendersi tanto sul serio”(1), t.d.g.
Mi è tornata in mente questa frase quando un mio commento su Linkedin è stato censurato in quanto considerato sessista, esempio di bullismo, eccetera. Mi sono chiesta cosa mai avessi scritto di tanto offensivo, dato che di solito evito commenti da bar (in primis perché non li frequento, in secondo luogo in quanto giornalista fuori dal coro anche in questo). La scoperta della frase ‘incriminata’, però, mi ha fatto scoppiare a ridere e non ho potuto che ritrovarmi a fianco di Mr. Eastwood: ci stiamo tutti prendendo troppo sul serio!
In pratica, il post che ho commentato parlava di una donna di successo (due termini tabù: le donne ormai non si possono contestare, se di successo vanno venerate come la Madonna). La quale avrebbe, prima, acquisito notorietà con un tutorial online su come truccarsi (attività tra le più meritevoli, quasi fosse andata in Donbass a curare i civili filo-russi bombardati dai nazionalisti di Kiev) e, poi, avrebbe aperto un’azienda milionaria di prodotti per il trucco (sempre della serie che ci mancava un altro brand da profumeria o supermercato). Il mio commento, però, guardando l’immagine di questa manager di successo è stato che non capivo come potesse consigliare alle altre donne come truccarsi (e, quindi, quale ‘look sfoderare’), visto il rossetto ciliegia (o fragola, non ricordo) e l’abitino a fiori tipo vestaglietta di provincia. O almeno, qualcosa del genere (forse persino più ‘gentile’).
Ora, se uno scrittore può (e deve) essere criticato per il suo uso (o abuso) della grammatica o della sintassi o un giallista per una trama contorta che non regge; se un musicista o un cantante può (e deve) essere criticato per un errore o una stecca; una truccatrice – o beauty consultant (come apprendo si dovrebbe dire in quest’epoca tutta apparenze e zero contenuti e complessità) – per cosa si dovrebbe giudicare? Per il suo conto in banca o per come lei stessa si presenta? La mia tatuatrice ha il corpo magnificamente ricoperto di suoi tatuaggi. La mia parrucchiera ha un taglio che le dona molto. Chi vende un prodotto/immagine non può che presentarsi in linea con lo stesso. Certo non mi farei mai truccare da una imprenditrice – seppur milionaria – con le labbra a canotto color ciliegia e la vestaglietta della nonna!
Bullismo o sana critica?
Negli anni 70 gli Usa erano, però, già ossessionati dal politically correct. Pensiamo alla canzone di John Lennon Woman is the nigger of the world. Fu censurata per via della parola negro. Ovviamente il messaggio di Lennon era fortemente critico e paragonava la donna a uno schiavo a qualsiasi latitudine, ma non era il messaggio a contare bensì l’uso del termine. E però se Lennon avesse intitolato la canzone La donna è l’afroamericano del mondo, avrebbe avuto il medesimo significato? No, ovviamente. Si copre il dato di fatto – la segregazione razziale è stata sostituita da una redistribuzione della ricchezza e dell’accesso all’educazione ineguale – con la patina della correttezza formale. Il politically correct è forma e cattiva coscienza, non sostanza.
In una società dove una band può fare il verso al glam e passare per rock; dove la critica si è trasformata in uno scendiletto e i giornalisti sembrano teleguidati da Palazzo Chigi o dalla Casa Bianca; dove tutto deve essere fatto e detto ‘secondo le regole’, dettate dal signore di turno (e si rimanda a casa il miglior tennista al mondo per rivendicare il contagio 0 ma poi si aprono le frontiere senza restrizioni quando si è ‘appestati’ come pochi); dove si mette una sedia in Parlamento per la Presidente della Commissione Europea ‘oltraggiata’ da un ben noto leader politico – che, nel frattempo, viene offeso impunemente – e poi gli si stringe la mano quando serve che voti a favore dell’entrata nella Nato di due ex Paesi neutrali; dove va di moda essere gender fluid (che qualcuno dovrebbe cominciare a spiegare cosa significhi aldilà delle sigle e dell’esterofilia terminologica) in programmi tv tutti mossette e bacetti, ma se gay e lesbiche chiedono di sposarsi sia mai perché l’Italia è un Paese fondato sulla famiglia riproduttiva (tipo quella dei conigli); dove si invita alla quarta dose di un vaccino ormai vecchio e inutile, in un picco pandemico, con il rischio che chi si inocula sia già infetto o lo diventi mentre il corpo è sollecitato dalle spike del siero e la medicina nicchia perché ormai è il Governo a dettar legge in ogni campo; insomma, in un tale marasma di ‘fesserie’, tornare a un sano ridimensionamento di se stessi e a un ‘inoculo’ di autoironia potrebbe far bene a tutti (o a tutt*, come vedo scritto da quelle donne che usano l’asterisco persino con i neutri, tipo artist*).
“La fantasia distruggerà il potere ed una risata vi seppellirà!” – dagli acarchici e dal ‘77, con amore, Simona.
(1) “I’m never cautious about what I say because, you know, I’ve been around a long time, what can they do? The political correctness era that we’re in is really not doing anyone any good. It’s taking everyone and weakening society. It doesn’t seem that people have to take themselves so serious”.
venerdì, 30 settembre 2022
In copertina: Foto di Thangphan da Pixabay.