Le capriole di una classe politica schizofrenica
di Luciano Uggè e Simona Maria Frigerio
Gli Stati Uniti già una volta hanno perso clamorosamente una guerra – nei campus universitari più che sul campo di battaglia. Erano gli anni Sessanta e il popolo che lottava per lʼautodeterminazione era quello vietnamita. Anche allora, a voler imporre la sua visione di ordine mondiale, sempre lo sceriffo a Stelle e a Strisce.
Oggi gli indipendentisti del Donbass che, otto anni fa, tennero un referendum il cui esito non piacque agli States (e nemmeno ai loro alleati europei, se fossero confermate le accuse di complicità tra osservatori dellʼOsce e gruppi neonazisti ucraini nelle Repubbliche di Donetsk e Lugansk), potrebbero vincere la loro battaglia contro unʼUcraina eterodiretta, più che sul campo di battaglia (grazie al supporto dellʼesercito russo), nelle piazze e nelle strade europee e statunitensi, se le stesse fossero unite nel chiedere la sospensione dellʼinvio di armi occidentali e negoziati di pace improntati al rispetto per lʼautodeterminazione dei popoli.
In questo senso registriamo i primi scricchiolii e lʼassoluta mancanza di coerenza di quei Governi guerrafondai e miopi che hanno dominato lʼEuropa dallo scoppio della cosiddetta pandemia e che adesso cavalcano una guerra in-civile per scopi geo-strategici, azzerando lʼinformazione critica, e forse, sempre di più, vedendo in questo conflitto lʼunica possibilità per rimanere al potere nei rispettivi Paesi nonostante lʼincapacità dimostrata – a livello interno – almeno da due anni e mezzo a questa parte.
Nei Paesi Bassi sono stati i coltivatori a scendere in piazza contro i piani del Governo tesi a ridurre lʼuso di fertilizzanti e il numero di capi di bestiame, bloccando la grande distribuzione. Della serie: chi penalizzano le sanzioni? Ma allʼItalia potrebbe andare peggio. La brillante visita del Premier Draghi in Libia non sembra aver sortito alcun effetto positivo sulle decisioni di Tripoli. Il Libya Herald afferma, infatti, che il Governo potrebbe tagliare nel breve termine le esportazioni di gas verso lʼtalia del 25% “per soddisfare la domanda interna e risolvere la crisi energetica del Paese”. Mentre lʼAlgeria, già irritata dalla Spagna in merito alla questione del Sahara Occidentale, ha fatto sapere che intende aumentare il costo del gas e, come apprendiamo da un tweet di Marco Rizzo, beffa suprema, la società algerina che venderà all’Italia (a prezzo maggiorato) un decimo del gas di cui necessiteremmo è per il 60% di Gazprom (della serie che qualcuno ci sta prendendo in giro).
Nel frattempo, restiamo stupefatti dalla disinvoltura con la quale la Presidente della Commissione Europea, Ursula von Der Leyen, dopo aver affermato che dal 2029 non si sarebbero più vendute caldaie a gas: «L’obiettivo finale è un mercato europeo interconnesso per l’energia pulita. Questo è il fondamento di una vera Unione dell’energia pulita. Ed è così che noi ripotenziamo l’Ue», con una giravolta degna di una acrobata, ha fatto approvare al Parlamento Europeo lʼinserimento tra le energie green – che possono ottenere anche finanziamenti pubblici – il nucleare e il gas. Immaginiamo che il futuro verde sarà gas di scisto statunitense, gasiere inquinanti a spasso per gli oceani e pericolosi rigassificatori nelle nostre città. Per non parlare delle verdissime nuove centrali nucleari che abbisognano anni per essere costruite e, quindi, non si capisce come potrebbero essere una scelta di ‘transizione verso le rinnovabiliʼ (mentre nessuno ha ancora risolto il problema delle scorie o delle conseguenze di un incidente).
Anche la Germania sembra soffrire di problemi di identità e dialogo con la popolazione – riabilitando gas di scisto e carbone (nonostante nel Governo siano presenti i cosiddetti Verdi). Nelle piazze, ai primi di luglio, i dimostranti hanno manifestato a Berlino per chiedere che il Paese si tenga fuori dal conflitto in Ucraina – proprio mentre il Premier Scholz inviava armi pesanti a Kiev. Ancora meno in sintonia con gli elettori tedeschi, a maggio, si ordinava alla polizia di impedire o reprimere diverse manifestazioni per il Giorno della Nakba (la catastrofe del popolo palestinese, in esilio o rinchiuso in lager a cielo aperto dagli israeliani dal 1948). La giustificazione del mondo politico tedesco era stata che le proteste avrebbero potuto “accendere rivendicazioni antisemite” (tacciamo su quanto sia antidemocratica tale affermazione e chiediamoci almeno se non sarebbe più corretto sostituire il termine antisemita con antisionista. Perché i palestinesi devono essere colpevolizzati di un sentimento e di pratiche violente e ghettizzanti tutte europee e, in particolare, nazi-fasciste?). E infine la Germania democratica persegue una giovane giornalista, Alina Lipp, che commette il reato di raccontare cosa sta succedendo veramente a Donetsk – ossia che Kiev bombarda civili e città (con le nostre armi), mentre lʼesercito russo tenta di colpire solamente obiettivi militari; ma, soprattutto, che gli abitanti delle due Repubbliche vivono la guerra come una liberazione dai nazionalisti ucraini e non come la conquista del proprio Paese da parte di Putin. Come per il Covid, chi non si adegua al pensiero unico è perseguitato: ieri era un terrapiattista, oggi un terrorista (i sinceri democratici italiani ed europei forse dovrebbero cominciare a farsi un esame di coscienza).
Nel Regno Unito, a parte la crisi economica post-Brexit (messa in conto persino dai suoi sostenitori), scoppia lʼennesimo alcool o party-gate e Boris Johnson, questa volta, è costretto a dimettersi. Ma non è detto che le dimissioni del Premier conservatore portino a nuove elezioni o a un ripensamento della politica belligerante del Paese della guerra delle Falkland/Malvine. In effetti, proprio lʼerede politica di Margaret Thatcher, potrebbe diventare la nuova signora di ferro dei Tory, ovvero lʼattuale Ministro degli Esteri, Liz Truss – sulle cui posizioni, raccomandiamo il commento di Simon Jenkins per il Guardian (https://www.theguardian.com/commentisfree/2022/apr/28/liz-truss-ukraine-war-russia-conservative-power), che già ad aprile avvertiva: “Truss calls for ever more economic and military aid to be sent to Ukraine, and such aid now teeters on the brink of overt engagement with Russia” (“Truss sollecita di impegnarsi in aiuti economici e militari all’Ucraina, e tale richiesta sconfina in un impegno diretto contro la Russia”, t.d.g.). Nellʼarticolo si ventila che Truss voglia coinvolgere nei suoi piani bellicosi Georgia e Repubblica Moldava ma, nel frattempo, anche in questʼultimo Paese (come in altri) si sta allargando la protesta dei No Farmers, No Food.
E ancora, mentre gli Stati che compongono la Nato continuano a fomentare la guerra in Ucraina e riaprono al carbone: “L’Italia si era mossa in anticipo, riavviando le sue centrali a carbone. Con il risultato che il primo trimestre del 2022 ha fatto registrare un balzo del 25% nella produzione di questi impianti, trainando una crescita delle emissioni di CO2 dell’8%” (segnala Dario Prestigiacomo su EuropaToday e aggiungiamo che, sul nostro territorio, tali centrali sono ben 7). Italia, seguita da Germania, Austria e Olanda. Ma il Premier Draghi ha ridicolizzato il problema con la battuta sui condizionatori, smentito dalla siccità dellʼultimo mese che dimostra come la questione ambientale non sia una boutade. E ancora una volta registriamo la povertà e le contraddizioni dellʼattuale dibattito politico. Gli italiani – per lʼesattezza Fisia Italimpianti – hanno realizzato Jebel Ali M, un impianto di dissalazione delle acque che “è in grado di generare 636.400 metri cubi dʼacqua al giorno (pari a 140 MIGD)”. E così, mentre noi ridiamo alle amenità del Premier, dai rubinetti di Abu Dhabi non scorre petrolio (o il metano, come ad esempio nelle cucine di una comunità texana vicina a una zona di fracking) bensì acqua dolce.
E chiudiamo con gli ultimi dati tutti italiani. Mentre il Paese si crogiola al sole e attende le vacanze agostane, il Cerved valuta in oltre 3 milioni i lavoratori “impiegati in società fragili” (e torna il termine vuoto di senso invalso nellʼidentificare i potenziali pazienti gravi a causa del Covid). I dati della pandemia, nel frattempo, confermano lʼinutilità del vaccino nel fermare il contagio, il green pass quale misura che ha favorito il diffondersi del virus (e il Premier, solo per questo, dovrebbe dimettersi ben più del gaudente Boris Johnson), possibili implicazioni negative della reiterazione degli inoculi sulla risposta immunitaria naturale e/o sullo sviluppo di nuove varianti, effetti avversi dei vaccini a mRNA, buchi di bilancio e un progressivo peggioramento del sistema sanitario del nostro Paese, che non riesce nemmeno a smaltire gli esami e le visite arretrati. Eppure, nonostante tutto questo, molti esponenti degli Ordini dei Medici non hanno potuto trattenersi dal chiedere al Premier di restare in sella e andare avanti così perché – secondo loro – andiamo bene. Senza tema di smentita, il ministro Speranza insiste con la quarta dose, incapace di ammettere il completo fallimento delle scelte fatte non solamente a livello epidemico e di sanità pubblica ma anche socio-economico. Mentre i media ricominciano lʼopera di terrorismo coi dati dellʼoccupazione di posti letto e terapie intensive nei reparti Covid (senza precisare che, sebbene si viaggi verso i 10 mila ricoveri, almeno la metà è per altre patologie e senza chiedersi perché non si sia investito maggiormente nel settore o perché non si richiamino al lavoro medici e infermieri non vaccinati). Il Governo, infine, si è impegnato “ad aumentare le spese per la difesa militare fino al 2% del PIL”, passando da 25 a 38 miliardi di Euro lʼanno. Temiamo, quindi, che la tiritera dei posti letto Covid continuerà a lungo dato che lo stesso Governo dei ‘miglioriʼ, ossia Draghi/PD, è pronto a tagliare quasi 6 miliardi nei prossimi due anni nel settore sanità pubblica. Ce lo impone la guerra (in un Paese che avrebbe un articolo 11 in Costituzione).
Ma gli italiani pensino alle vacanze!
venerdì, 22 luglio 2022
In copertina: Hô Chí Minh, foto di Falco da Pixabay.
Nel pezzo: Berlino, Memoriale dellʼOlocausto, foto di Markus Christ da Pixabay; centrale elettrica a carbone, foto di Laura Otýpková da Pixabay.