Nazionalizzazioni, colpi di Stato e… batterie
di Luciano Uggè e Simona Maria Frigerio
Più che da beni e servizi, il mondo sembra dipendere dalle materie prime che, se per secoli si sono identificate principalmente con i raccolti agricoli, dalla rivoluzione industriale in avanti hanno visto emergere, prima, lʼacqua e i combustibili fossili, e poi, fonti energetiche alternative che non sempre e non solo si identificano con le rinnovabili (acqua, geyser, biomateriali, vento e soprattutto sole).
In questo quadro in trasformazione, con lʼOperazione Speciale in Ucraina e lʼEuropa schierata dalla parte di questʼultima – ufficialmente contro la Russia ma effettivamente contro le Repubbliche indipendentiste ucraine – si è tornati a parlare con insistenza di energie pulite, sia per diminuire i consumi di gas proveniente dalla Russia (sostituito in piccola parte con il maggiormente inquinante gas di scisto statunitense e persino con lʼaltrettanto inquinante carbone) e sia per incentivare la produzione di vetture elettriche (che dovrebbero diminuire i consumi petroliferi e la nostra dipendenza dallʼestero anche in questo settore).
In tutto il ragionamento, di per sé contraddittorio (non dovevamo eliminare del tutto il carbone?, con Draghi che a ottobre 2021 affermava: «Il G20 per la prima volta si impegna su 1,5 gradi. Impegno su emissioni zero è più verso il 2050»: ma, ovviamente, erano altri tempi geo-strategici), una materia prima sta diventando centrale alla discussione e agli interessi economici: il litio.
Tre esempi per capire di cosa parliamo quando parliamo di litio
Ad aprile di questʼanno AMLO (come è stato soprannominato dai propri sostenitori il Presidente messicano) è riuscito a ottenere che la Camera dei deputati dichiarasse «di pubblica utilità l’esplorazione, lo sfruttamento e l’uso del litio, assegnandone l’utilizzo esclusivamente allo Stato messicano» (come riportato da Greenreport.it). Una vittoria della popolazione messicana che riafferma la necessità che a gestire le materie prime e a sfruttarne le risorse economiche siano gli Stati e non rapaci compagnie straniere.
Il 56% delle riserve di litio mondiali, del resto, si trovano in Bolivia, Argentina e Cile (il cosiddetto Triangolo del Litio) mentre un altro 3% è suddiviso tra Messico, Perù e Brasile – ciò rende lʼAmerica Latina lʼarea geografica che potrebbe dominare il mercato. In questo quadro, è interessante che anche il nuovo governo di sinistra cileno di Gabriel Boric preveda di creare una Empresa nacional de litio e che Bolivia, Argentina, Cile, Messico e la Comisión Económica para América Latina y el Caribe (Cepal) abbiano partecipato al Foro Internacional, Perspectivas del Litio desde América Latina, organizzato dal ministero degli idrocarburi e delle energie della Bolivia, come apprendiamo da un interessante articolo sempre di Greenreport.it, il che fa intravvedere forme di cooperazione e integrazione tra i Paesi dellʼarea per lo sfruttamento della risorsa a livello organico.
Ed ecco il secondo tassello, ovvero la Bolivia (che possiede da sola quasi un quarto delle riserve mondiali di litio), che ha subito un colpo di Stato, nel 2019, per il quale, a giugno di questʼanno, l’ex presidente ad interim, Jeanine Añez, è stata condannata, in primo grado, a dieci anni di carcere. La presidente era stata riconosciuta immediatamente da Stati Uniti, Brasile, Colombia, Guatemala e Regno Unito (per chi voglia approfondire le fasi del golpe, il ruolo degli States e come gli auditor delle elezioni possano essere, invece che garanzia di legittimità, cavalli di Troia per interessi stranieri, rimandiamo al bellʼarticolo: https://www.farodiroma.it/il-golpe-annunciato-si-sta-realizzando-esattamente-il-piano-degli-stati-uniti-contro-la-bolivia-parte-1-e-parte-2-oltre-24-i-morti-in-una-settimana/). La Añez era entrata anche tra i finalisti del Premio Sacharov, edizione 2021, istituito dal Parlamento Europeo – premio che dovrebbe onorare individui e organizzazioni che difendono i diritti umani e le libertà fondamentali. Nel frattempo, a grande sconcerto di un certo Occidente, la Bolivia è tornata alla democrazia e a sinistra, come quasi tutto il Latinoamerica e, per una volta, al tweet improvvido di Elon Musk: “Facciamo colpi di Stato dove vogliamo“, le popolazioni indie hanno risposto con un grado di civiltà e passione politica che è risuonato come un: «E noi vi rimandiamo a casa vostra!».
Chiudiamo con due considerazioni sulle batterie al litio, che sono lʼoggetto per il quale si nazionalizza la materia prima o si spalleggiano golpe di destra che favoriscano imprese straniere (nel caso boliviano, vedasi anche quelle agro-alimentari). Il primo problema delle vetture elettriche è con cosa le ricarichiamo. Se lʼenergia è prodotta con carbone, gas di scisto e in centrali nucleari, vorremmo capire come si possa parlare di una diminuzione dellʼinquinamento e del surriscaldamento globale. Il secondo problema è lo smaltimento di tali batterie. Nelle stesse, si trovano anche componenti quali il nichel e il cobalto e se lʼobiettivo resta il riciclo, al momento – a parte alcuni progetti pilota che si trovano anche in rete – è una pia speranza o, comunque, una meta a cui giungere nel giro di almeno un decennio. Oggi le batterie al litio restano rifiuti potenzialmente pericolosi che vanno smaltiti adeguatamente. Unʼulteriore sfida al nostro già fragile eco-sistema.
venerdì, 12 agosto 2022
In copertina: Foto di Pexels da Pixabay.