Un percorso nel primo allestimento della mostra
di Sharon Tofanelli
La Spezia, 25 giugno. Il CAMeC può vantarsi di belle opere. Le donazioni Cozzani e Battolini, fulcro della collezione, annoverano Fontana, Baj, Capogrossi, addirittura Spoerri e Dubuffet.
La serata non spetta a loro. Stasera le sale permanenti se ne stanno vuote. Stasera tutti sono al piano terra, dove stanno gli schermi, non i quadri.
È calda, questa mostra. C’è ancora il palpito dell’addio. Giacomo Verde, soggetto della retrospettiva, è morto nel 2020, ma il ricordo è ben fresco. Soprattutto, è ben fresco per alcuni il 2 maggio scorso quando, in occasione dell’anniversario, un’azione dadaista di commemorazione è stata incrinata dalla polizia che, irrompendo nel cimitero di Ponte San Pietro su segnalazione di qualche cittadino indispettito, ha trasformato in polemica scandalistica l’innocua performance degli amici del video artista.
Oggi la cappa di ’luogo deputato’ ha protetto la retrospettiva. Ma per un artefice che imperniava le proprie creazioni sul concetto di ’fare mondo’ e liberare l’arte dalle cornici istituzionali, non c’è granché da gioire della cosa. Giacomo Verde, artista residente per lungo tempo in una Lucca che lo ha poco onorato, ha avviato il proprio ’artivismo’ nel corso degli anni Settanta. Un’attività poliedrica e priva di compartimenti stagni ma non di un certo eroismo: reattivo nei confronti di una tecnologia passivizzante e divoratrice, Verde ha dedicato la propria vita alla reinvenzione del mezzo elettronico. E se il messaggio è il medium, come scrive McLuhan, sul medium stesso si è concentrata l’attenzione del videomaker, quasi a individuare in esso la virtù, una forma di redenzione o persino di generosità.
Liberare arte da artisti. Giacomo Verde artivista, un progetto collettivo cui hanno partecipato anche l’Università degli Studi di Milano e le Accademie di Bari, Brera e Carrara, si apre dunque con lo schermo infranto di un televisore, catarticamente spaccato, ma anche ripensato; come nei Video-Totem degli Anni Ottanta, sorgenti dalla terra quali feticci contemporanei e sintonizzati su visioni naturalistiche. Reimmesso nel ciclo di nascita e morte, prima distruggendolo e successivamente piantandolo, il medium tecnologico perde in tal senso la sua aura aliena e si fa strumento di ’gemm’Azione’, ’incub’Azione’, ’col-TV-Azione’, giochi di parole immancabili, così come il gioco in se medesimo: a partire dal Tele-Racconto, storie fatte di oggetti del quotidiano, che l’animatore-narratore muove davanti alla telecamera e al pubblico stesso; oppure il Video Loop, interferenza luminosa che l’artista riesce a generare inquadrando lo schermo con la macchina da presa dopo avercela collegata. Interferenza che è possibile plasmare muovendo le mani tra i due dispositivi, decostruendo il potere del medium. “La televisione non esiste”, scriveva l’artivista. “Sono solo figurine”.
Tanti gli ospiti giunti a omaggiare il creativo: da Anna Maria Monteverdi, docente dell’Università di Milano, che ha condotto le ricerche d’archivio e alla quale dobbiamo una necessaria monografia; a Sandra Lischi dall’Ateneo di Pisa, a sua volta autrice di un’opera di riferimento. Massimo scalpore è stato prodotto dagli artisti, a cominciare da Lino Strangis, artista multimediale che, armato di consolle e dispositivi di realtà aumentata, ha condiviso con la platea uno dei suoi mondi dell’Altrove, regalando una performance digitale dal sapore mistico e psichedelico. Con Ognuno è troia a modo suo, il Collettivo Super’Azione ha inscenato un’asta di indulgenze plenarie da rivolgere “a tutti li operatori della Cultura […] visto che quel talebano di Lutero ha tolto in passato ogni possibilità di goduriosa redenzione”. A rigor di performance, autentico contante è passato sui loro tavoli.
Un’arte sociale, quella di Verde, intrinsecamente connessa alla volontà di un’azione politica. Numerosi gli interventi a favore della collettività, numerose le proteste “creattive”, tra le più note quella a difesa della Pineta di Levante di Viareggio, minacciata dalla speculazione viaria e sede del postumo Museo Popolare Gïåk Vërdün, alter ego poetico del Nostro. Poetico di una poetica volta a scuotere e perturbare, figlia di quella teoria delle catastrofi enunciata da René Thom e ribaltata dall’artista: se i passaggi tra le forme avvengono per salti discontinui e inspiegabili dai modelli matematici, all’opposizione delle polarità si può contrapporre una catastrofe positiva e germinativa. “La catastrofe costruisce”, riassume e chiude nel suo Manifesto anticatastro-fico. Marchio verdiano sarà infatti il grafico aritmetico proposto da Thom, adottato dall’artivista e impresso come uno squarcio di Fontana sullo schermo dell’ennesimo tubo catodico. Ma la produzione è immensa e l’archivio digitale ne dà dimostrazione. Ciò detto, spicca subito il progetto Maratona Verde Algoritmica, già inaugurato nel 2010, nel quale lo strumento di calcolo del sistema informatico seleziona casualmente qualsiasi contenuto prodotto da Verde e immesso nella rete, dando adito a una produzione illimitata, imprevedibile e non replicabile. Non per nulla, il diciottesimo enunciato del Manifesto anticatastro-fico dichiara che “l’opera d’arte riconosce l’intervento del caso e dell’imprevedibile”. Una celebrazione, questa mostra, che molto ha del simbolo e dell’azione, come il coinvolgimento degli ospiti del Centro Diurno La Gabbianella nella disposizione delle piccole Opere d’arto verdiane, ritratti in serie del proprio piede ingessato, un po’ sui Covoni di Monet in chiave ironica, con tanto di radiografia a far da compagnia. Omaggi “creattivi” giungono anche dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, che allestiscono opere affini.
Ma non è tutto. In accordo con la poetica dell’artivista, la mostra non si limiterà a replicare se stessa fino alla fine. Nei sei mesi a venire si prevedono cambiamenti in itinere, eventi e atti trasformativi. Il 20 luglio, rammentando il G8 di Genova, si proietterà Solo Limoni, che Verde aveva girato in tale occasione.
E qui concludiamo, coi concerti acustici e la poesia dal vivo, che hanno animato la notte sulla terrazza del CAMeC.
“Ascoltare non è tacere” (Giacomo Verde).
La mostra continua:
CAMeC
piazza Cesare Battisti, 1 – La Spezia
Liberare Arte da Artisti. Giacomo Verde artivista
vernice sabato 25 giugno 2022, ore 19.00
fino al 15 gennaio 2023
orari: da martedì a domenica, dalle ore 11.00 alle 18.00
allestimento a cura di Luca Fani
in collaborazione con La Statale Università degli Studi di Milano, Accademia di Belle Arti di Bari, Accademia di Belle Arti di Brera, Accademia di Belle Arti di Carrara, DadaBoom, Ricre’Azione, Dramatic Iceberg
venerdì, 1° luglio 2022
In copertina: Una delle opere in mostra (foto di Sharon Tofanelli).