Dal vaccino all’aborto il passo è breve
di Simona Maria Frigerio
Spiace ricalcare le orme di Cassandra, ma era prevedibile che, dopo due anni in cui i diritti individuali in Italia, come negli States o in Cina, sono stati calpestati bellamente per ragioni di ‘salute pubblica’ si sarebbero cominciate a erodere anche altre libertà civili, ossia tutti quegli atti di autodeterminazione che il nuovo corso politico occidentale non ammette più.
Abbiamo usato il termine salute (e non sanità) pubblica appositamente, proprio perché rimanda a quell’organo che fu creato dalla Convenzione Nazionale, in Francia, nel 1793 per proteggere la Rivoluzione. Un organo che nasceva per salvaguardare una entità statale dagli stessi cittadini che componevano la nazione: un contenitore che si auto-preservava mettendosi al di sopra del contenuto e, soprattutto, della volontà dei tanti singoli che lo componevano. Sarà un caso che il nostro Ministero – che ha negato e nega tuttora il diritto al lavoro e a una retribuzione a migliaia di cittadini perché non si sono piegati a un vaccino non immunizzante – si definisca della Salute (mentre, fino al 2011, era il Ministero della Sanità).
E non sarà un caso se i referendum sull’eutanasia e sulla coltivazione e il consumo di cannabis siano stati ‘abortiti’ prima ancora di arrivare alle urne, grazie a una Corte Costituzionale che li ha dichiarati inammissibili. Ma perché dovrebbe essere inammissibile decidere di porre fine alle proprie sofferenze, agendo sul proprio corpo, se esiste il diritto all’autodeterminazione? Tra l’altro sancito persino nella Bibbia, visto che sulla libertà di scelta si basa tutta la concezione cristiana del peccato di Giuda, il quale o era predestinato a ‘tradire Cristo’ (per chi creda alla sua esistenza) e, quindi, creato da Dio già dannato, oppure avrebbe potuto sottrarvisi esercitando il libero arbitrio – ma, a quel punto, vorremmo capire come avrebbero potuto realizzare la cosiddetta ‘buona novella’. D’altronde proprio il fatto che la Chiesa insista su tale libero arbitrio dovrebbe portarla a essere la prima a difendere il diritto all’autodeterminazione.
Tra i Paesi che maggiormente si sono accaniti a imporre divieti e obblighi, durante la pandemia (ad esempio, vietando l’uso dello Sputnik o di altri vaccini con virus attenuato e imponendo il vaccino ai dipendenti pubblici e a quelli di aziende superiori ai 100 dipendenti, obbligo poi ritirato) ci sono stati sicuramente gli States. Ora potrebbe sembrare che la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza e tali imposizioni non c’entrino perché portate avanti da forze politiche opposte: da una parte i Democratici e, dall’altra, i Repubblicani. Non ci piace citarci, però, già il 17 settembre 2021 (https://www.inthenet.eu/2021/09/17/il-texas-e-i-test-di-gravidanza/) ventilavamo proprio tale rischio: se si cancella il diritto all’autodeterminazione sull’essere inoculati con un prodotto che, oltretutto, non preserva la comunità dal contagio ed è ancora in fase sperimentale (approvato in via emergenziale), figuriamoci cosa potrebbe accadere per una legge che lascia le donne statunitensi libere di interrompere la gravidanza fino ai tre mesi (sei con limitazioni diverse a seconda degli Stati e nove solo se la madre è in pericolo di vita). Una legge che contemperava, quindi, il diritto della donna a sbagliare preservando il proprio corpo e la propria psiche da una gravidanza non voluta e il diritto di un feto a svilupparsi per diventare un essere umano. La mentalità sottesa alla sentenza della Corte Suprema statunitense, che dà nuovamente libertà a ogni Stato di legiferare in materia di IVG (e, nel caso, dare la preferenza ai diritti di un embrione o feto) e quella del Presidente Biden e dei Democratici, che hanno fatto propria la battaglia per l’obbligo vaccinale per la ‘salute pubblica’, è la medesima. Dall’alto si stabilisce cosa è giusto per l’individuo adducendo un ‘bene superiore’.
E chiudiamo con un ultimo salto pindarico. Siamo certi che il fil rouge che parte da un prodotto farmaceutico che rincorre varianti senza mai raggiungerle contrapposto a un altro solo per scopi geopolitici; prosegue con il negarci ‘una canna con gli amici’ a meno di non foraggiare le mafie; costringe a un’esistenza di sofferenza fisica e psicologica che si concluderà, in ogni caso, con la morte; e infine giunge a privilegiare il diritto di chi non è a chi è – perché, indubitabilmente, senza il corpo della donna, un embrione non potrebbe esistere – non sia lo stesso che va in direzione di un mondo unipolare dove gli altri Stati e popoli debbono assoggettarsi al nostro modo di intendere non solo la vita, ma persino cosa sia la civiltà e cosa giusto o sbagliato? Se il ragionamento vi sembra tanto anodino, pensate che nel 2014 il liberal The New York Times scriveva: “Durante l’intera crisi ucraina, il Dipartimento di Stato statunitense e i media mainstream hanno minimizzato il ruolo dei neo-nazisti all’interno del regime di Kiev spalleggiato dagli States, una verità scomoda che sta tornando a galla mentre le truppe d’assalto della destra sventolano bandiere neo-naziste attaccando a est”, t.d.g. (https://truthout.org/articles/nyt-discovers-ukraines-neo-nazis-at-war/); mentre oggi titola: “Gli ucraini sono nazisti perché non accettano di essere russi e resistono”, t.d.g. (https://www.nytimes.com/2022/05/19/opinion/russia-fascism-ukraine-putin.html). Anche in questo caso, l’autodeterminazione di un popolo di fronte ai diritti di uno Stato che vuole privarlo della sua lingua, cultura, opinioni, feste pubbliche e partiti politici non deve prevalere perché è ormai chiaro che ciò che c’è in gioco, a livello di micro ma anche di macrocosmo, è una ridefinizione del diritto come individui e come collettività.
venerdì, 8 luglio 2022
In copertina: Foto di Fathromi Ramdlon da Pixabay.