Dalla Colombia alla Siria, passando per Francia e Italia: c’è chi scende e c’è chi sale
di Luciano Uggè
Settimane intense, queste, per la politica internazionale con segnali di opposta tendenza che, però, danno la sensazione di grandi cambiamenti a livello di scenari e pesi geo-strategici.
Partiamo dalla Colombia, dove il sottotitolo potrebbe essere: c’è sempre una prima una volta. Come avevamo scritto (https://www.inthenet.eu/2022/05/20/la-colombia-volta-pagina/) ci si attendevano delle elezioni in certo senso storiche e, per una volta, così è stato: uno tra gli Stati più conservatori e filo-statunitensi del continente latinoamericano ha deciso di eleggere a Presidente Gustavo Petro, ex guerrigliero del movimento M-19 che ha subito precisato di non voler tradire le promesse elettorali e che lavorerà per un cambiamento reale del Paese.
In Francia, invece, dopo la riconferma di Macron a Presidente (anche a causa delle divisioni nella sinistra che non hanno portato a un’affermazione di Mélénchon), il Parlamento vede un buon risultato delle sinistre e una decuplicazione dei voti di Marine Le Pen. Questa volta, nemmeno lo spauracchio di una Francia fascista – che solitamente funziona nelle presidenziali – è riuscita a salvare il Macron, il Presidente che voleva emmerder i non vaccinati e che ora va a Kiev a trattare con Zelensky ma non si sa cosa porta a casa.
Tra Turchia e Finlandia/Svezia, nel frattempo, si sta tenendo un braccio di ferro che vedrà, ancora una volta, i curdi quali merce di scambio? Se i Paesi scandinavi vorranno entrare nella Nato, infatti, dovranno rivedere totalmente la loro politica a favore della minoranza etnica che da anni si batte per varie forme di autodeterminazione nel Paese retto da Erdoğan – così come in Stati limitrofi. Prevarrà il rispetto dei popoli o la realpolitik che, d’un tratto, sembra imporre la casacca della Nato a tutto l’Occidente europeo?
La stampa italiana (da La Stampa a L’Inkiesta) impazza, nel frattempo, con fantasiose letture della guerra civile in atto in Donbass. La Russia avrebbe perso e a Kiev bastano quelle ‘due armi di distruzione di massa in più per schiacciare’ Putin (ma che, nel frattempo, usa per schiacciare la popolazione civile russofona presente in Donbass). La situazione sul campo è ovviamente diversa e anche economicamente è l’Europa che arranca a causa delle proprie sanzioni: la Germania dei Verdi (come Italia, Olanda e Austria) riapre persino le miniere di carbone (dopo aver sdoganato il gas di scisto). Viene quasi da pensare che tutto l’appoggio occidentale all’Ucraina sia solamente un modo per rinviare sine die le problematiche ambientali. Il rublo nel frattempo ‘affonda’: il che significa che aumenta il suo potere e valore di scambio rispetto all’euro, mentre l’asse russo-cinese per una visione multipolare del mondo (a livello politico ed economico) diventa, ogni giorno di più, una realtà. La crisi europea nei prossimi mesi non sarà solamente industriale e, addirittura, già si paventa alimentare, bensì di idee, a meno che fare di tutto per compiacere l’alleato statunitense – ivi compreso imporre l’hara-kiri delle nostre popolazioni – non sia il fine delle varie decisioni prese fin qui dall’UE e dai suoi Stati membri singolarmente.
Anche sul fronte vaccino la stampa italiana (vedasi La Repubblica) si adegua ai diktat del Financial Times, sulle cui colonne Ugur Sahin, fondatore di BioNTech, ammette quello che solamente il nostro Governo non vuole accettare: i vaccini contro il Covid Alpha non sono efficaci contro le nuove varianti (è dall’inizio dell’anno che lo si ripete su InTheNet). Non importa, l’Italia persevera cercando di rifilare al Paese una quarta dose e già si paventa che il nuovo siero, a settembre, debba essere inoculato senza nemmeno una sperimentazione o dati clinici. Nessuno si domanda se quando sarà commercializzato saremo di fronte alle medesime varianti e nemmeno se quegli scienziati e medici che stanno ponendo dubbi sulla correlazione tra long covid e terza dose (come il professor Galli), così come sulla gravità degli effetti avversi e sulle morti connesse al vaccino, non dovrebbero controbilanciare qualsiasi ipotesi in tal senso – visto anche che la Omicron è un’influenza e per l’influenza (anche in passato mortale) non si è mai visto un tale battage mediatico. Ciliegina sulla torta è il nuovo dato sull’efficacia negativa del siero, ossia quello che stiamo osservando coi nostri occhi da alcuni mesi: i trivaccinati si contagiano quanto e più dei non vaccinati – e anche gravemente. L’intero castello di carte sta crollando ma non si sa se perché una fetta di medici e scienziati ha cominciato a porsi dubbi o in vista della nuova ‘arma sierologica’ che bisognerà convincere gli italiani a iniettarsi.
Anche in Medio Oriente la situazione non appare calma e, sebbene in Yemen regga il cessate il fuoco, in Siria si è aperta una nuova trattativa tra la Russia e la Turchia, che vorrebbe allargare la zona cuscinetto che dovrebbe proteggerla da fazioni terroristiche. Queste ultime, però, non sarebbero altro che forze curde – affiliate a quel Partito dei Lavoratori Curdi (PKK), bandito dalla Turchia. E rieccoci alla Svezia e alla Finlandia che vorrebbero – non si sa per quale reale motivo – entrare nella Nato e però, per farlo, dovrebbero modificare la propria politica estera e il proprio appoggio al movimento curdo. Tutto si collega e il filo è sempre più rosso.
Per la serie chi possiamo sacrificare sull’altare delle convenienze, pure la Spagna ha sbagliato i calcoli. Pensava di risolvere i suoi problemi di migrazioni regalando il Sahara Occidentale al Marocco (calpestando così le decisioni delle Nazioni Unite sul tema), ma ha suscitato impreviste rimostranze da parte dell’Algeria (https://www.inthenet.eu/2022/04/08/sahara-occidentale-l-europa-sbaglia-i-calcoli/), che ospita da decenni migliaia di rifugiati. L’Algeria, diversamente da quanto preventivato, ha deciso di dare seguito a quelle che parevano solo proteste di circostanza, interrompendo i lavori per espandere il gasdotto Medgaz in Spagna. E così, la Spagna – che contava sull’impunità di ogni azione perpetrata dagli occidentali – rischia di rimanere ‘a secco’. Mentre l’amicizia tra il Paese nord-africano e la Cina si consolida e un altro tassello della presunta egemonia occidentale sul cosiddetto Terzo Mondo viene meno.
Dagli States nuove informazioni sull’omicidio della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh che, secondo il New York Times, sarebbe stata colpita da un militare israeliano, nel campo di Jenin in Cisgiordania. La novità è che esisterebbero prove che testimoniano come non vi fossero palestinesi armati vicino alla reporter di Al Jazeera e, quindi, l’azione israeliana non abbia giustificazioni. Nel frattempo il debole Governo di Naftali Bennett non regge e, sciolta la Knesset, Israele tornerà alle elezioni – per la quinta volta in soli tre anni.
In questo veloce giro di danze, anche in Italia si sono tenute le elezioni – comunali e referendarie. Privati della possibilità di decidere su eutanasia e cannabis, i referendum sulla giustizia sono stati bellamente disertati (con percentuali di voto esigue anche laddove gli elettori si sono comunque presentati alle urne per le comunali). La débâcle del Movimento 5 stelle è ormai sotto gli occhi di tutti (e del resto l’incapacità del leader, Giuseppe Conte, di prendere una qualunque posizione e mantenerla si è vista anche con l’affaire Di Maio). Ma il tracollo dei pentastellati non ha portato acqua al mulino del PD. A differenza del passato, quando i democratici riuscivano a convogliare su se stessi i voti dei partiti che diventavano loro ‘vassalli’, questa volta hanno perso anch’essi oltre 160.000 preferenze e il messaggio apparirebbe chiaro anche a un cieco. Mentre la Lega complessivamente non brilla (scontando forse il fatto che Matteo Salvini, come Conte, predica rotture e poi resta saldamente in un Governo dove ‘conta meno del due di picche’), emerge un quadro di disaffezione degli italiani dalla politica che è frutto non solamente del succedersi – per oltre due anni – di Decreti Legge e Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri che hanno di fatto esautorato il Parlamento, bensì di oltre un decennio in cui i Governi tecnici si sono succeduti quasi senza soluzione di continuità. Anche il Premier Draghi ormai affonda nei sondaggi – e lo fa, dopo averci deliziati con la certezza di non essere contagiosi se vaccinati (e così abbiamo allegramente trasformato una pandemia in endemia), con la proposta di fare a meno del condizionatore, continuando a foraggiare di armi Kiev sebbene esista un Articolo 11 della Costituzione, e affermando di voler far entrare prontamente l’Ucraina nell’Unione Europea (senza badare al rispetto dei parametri economici ma, soprattutto, delle libertà politiche e civili che dovrebbero essere osservati se si aderisce alla UE).
Nel frattempo l’inflazione galoppa e UE e States perdono smalto: sarà questo Il tramonto dell’Occidente previsto da Oswald Spengler? Sicuramente le corde della globalizzazione capitalistica si stanno sfilacciando e i Paesi cominciano a muoversi al di fuori delle nostre maglie: anche il Brasile, tra pochi mesi, andrà alle elezioni. Oltre vent’anni fa, quanto l’America Latina virò a sinistra, si respirò un alito di speranza per un mondo diverso. Oggi i protagonisti sulla scena si sono moltiplicati, le istanze di sinistra sono controbilanciate da una destra più populista e meno liberista, e l’egemonia a Stelle e Strisce scricchiola. Potremmo chiudere con la famosa massima di Mao Zedong: ”Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente!”. Ma è più interessante rileggere Lev Trockij: “Se ci si prefigge di erigere una società socialista entro i confini nazionali, nonostante il successo temporaneo, ciò ostacola le forze produttive anche rispetto al capitalismo. È un’utopia reazionaria voler creare nel quadro nazionale un sistema armonioso e autosufficiente composto da tutti i rami economici. L’internazionalismo non è un principio astratto; è solo il riflesso politico e teorico della natura globale dell’economia, lo sviluppo globale dell’economia, lo sviluppo globale delle forze produttive e la quantità di moto globale della lotta di classe”. Nel momento in cui il capitalismo occidentale pare voltarsi verso una ridicola autarchia, forse si può ricominciare a pensare a una nuova forma di globalizzazione, che implichi una riforma economico-politica rispettosa dell’autodeterminazione dei popoli – dai curdi turchi agli ucraini del Donbass, passando per i palestinesi e gli abitanti del Sahara Occidentale – e dell’ambiente, ma occorre tornare alle ideologie, altrimenti (basti osservare i voltafaccia verso i propri principi dei Verdi tedeschi) si rischia che la confusione generi solo nuove forme di dittatura.
venerdì, 1° luglio 2022
In copertina: Foto di Stokpic da Pixabay.