La cultura come strumento per interpretare la realtà
di Simona Maria Frigerio
All’annuncio che dal 1° settembre gli insegnanti non vaccinati potranno tornare in classe, abbiamo pensato di rimettere in home page questo articolo perché la miglior risposta al signor Fabio Fazio è che gli e le insegnanti che hanno difeso il diritto all’autodeterminazione sul proprio corpo, rinunciando persino ad avere uno stipendio, trovandosi poi demansionati e vilipesi, da settembre ai loro alunni potranno insegnare forse la cosa più importante: credere nelle proprie idee e avere la forza di perseguirle e difenderle anche a scapito dei propri interessi personali. Un atto di coraggio che in una società qualunquista ed egoista è già di per sé una lezione.
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Spesso la cultura è fraintesa come nozionismo – allo stesso modo in cui la storia è confusa con le domande che Mike Bongiorno faceva ai concorrenti nei suoi quiz. Altre volte è considerata mezzo di coercizione o espressione della classe dominante o di un modello socio-economico che si ritiene superiore a un altro – qualche mese fa, in un’intervista, Lino Musella avvertiva: “La parola cultura porta con sé un’idea di colonizzazione, di violenza, di volersi imporre all’altro da sé, sostituendosi. È una parola ambigua”. Eppure, qualcuno forse ricorderà il Ministro Scelba quando affermò: “Credete che la Dc avrebbe potuto vincere la battaglia del 18 aprile, se non avesse avuto in sé una forza morale, un’idea motrice, che vale molto di più di tutto il culturame di certuni (1)?” – ovviamente non stiamo ricordando un personaggio ʻsinceramente democratico’ né tanto meno sostenitore della giustizia sociale ma, appunto, occorrerebbe chiedersi perché chi è/era anticomunista sia/fosse tanto avverso alla cultura. Cosa c’entra il piglio dittatoriale con l’insegnamento?
Facile rispondere ricordando i libri messi al rogo dai nazisti o all’Indice dall’Inquisizione cattolica, o ancora la recente presa di posizione del conduttore tv Fabio Fazio su Gente, in cui lo stesso afferma: “La libertà di insegnamento è un sacrosanto diritto che ha un unico limite: quello di non ledere i diritti altrui” – con parafrasi della sovrastimata e ingannevole massima di Martin Luther King. E poi aggiunge: “Potremmo forse accettare in nome della libertà dell’insegnante, teorie terrapiattiste, razziste o negazioniste? Potremmo ammettere in una facoltà di Medicina la promozione di terapie basate sulla stregoneria o la prescrizione di riti magici? Qual è il limite? È accettabile che i nostri ragazzi vengano istruiti e giudicati da insegnanti che hanno ritenuto di non fidarsi della Scienza? Quali saranno i loro criteri di giudizio? L’insegnante è il medico dell’anima, è un mestiere fondamentale e fra i più delicati che ci siano; esistono certamente i diritti degli insegnanti ma anche quelli degli studenti: il diritto innanzitutto di trovare guide sicure per crescere e diventare cittadini adulti e liberi: in una parola responsabili”. Aldilà della retorica, il signor Fazio nega l’assunto che professa di base senza forse accorgersene (la libertà di insegnamento); nega il principio su cui si basa la scienza, ossia la continua messa in dubbio delle teorie in quanto, solo grazie a nuove sperimentazioni, si ottiene un progresso del sapere; non sa che la traccia per la prova d’esame al concorso per docenti (immaginiamo tutti favorevoli al vaccino a mRNA) sia: “Argomento da discutere: la razza europea”; nega che anche in medicina esistano pareri discordanti (vedasi, ad esempio, sull’omeopatia); e, infine, nega il valore della facoltà critica dello studente, ridotto a contenitore di un sapere indubitabile, imposto dall’alto, che lo renderebbe cittadino ʻlibero’ (come l’insegnante costretto?) e responsabile – e viene il dubbio, a noi, di parafrasare con ʻsuddito ubbidiente’. Pardon, ma il signor Fazio si è accorto di tali contraddizioni? Quanti lettori di Gente avevano gli strumenti per porre le succitate e ben altre obiezioni?
E quanti compagni in piazza si sono accorti della contraddizione di augurare Buon 1° Maggio a un’Ucraina che ha vietato la Festa dei Lavoratori (uno dei tanti motivi della guerra civile in Donbass)? Ignoranza o propaganda? Oppure, quanti hanno applaudito le truppe statunitensi che liberavano Aushwitz? Benigni stava vincendo l’Oscar o riscrivendo la storia? E ancora, quanti tra coloro che hanno votato per diminuire il numero di parlamentari, nello scorso referendum, si sono posti la domanda di quanto sarà effettivamente il risparmio per ciascun italiano e cosa, al contrario, perderà ciascun elettore? Di fronte a una lista elettorale blindata sarà più difficile che emergano voci e idee differenti, proposte controcorrente, istanze in favore di minoranze o posizioni minoritarie, critiche a coloro che detengono la scelta dei nomi da inserire in lista. In pratica, meno democrazia per un risparmio annuale, a testa, di qualche euro. Complimenti, in tutti questi casi l’ignoranza ha generato mostri.
Ma veniamo alla seconda premessa di questo editoriale. Ossia come la cultura possa diventare strumento per interpretare la realtà. Il sapere è la prima arma contro il potere. L’esempio irriverente che potremmo portare a riprova è la mela. Quando Eva scopre la conoscenza (e lo fa una donna, piace pensare), il genere umano si affranca dal Padre/Logos=Legge e inizia a creare un proprio mondo interpretandolo attraverso un proprio linguaggio, che è il primo passo per discernere il reale, identificando immagine/oggetto o immagine/idea con una precisa e arbitraria parola/denominazione, così da essere libero di giudicare in funzione di una propria legge – che da eterna e immutabile diventa relativa e soggetta a critiche. Dalla fede alla scienza, in altre parole.
Ma questa cono-scienza ci serve anche quando andiamo al supermercato e troviamo i pomodori a 3 euro e 69 centesimi al chilo. I pomodori non li manda l’Ucraina e non ci risulta nemmeno la Russia. Questa si chiama speculazione e il nostro sistema economico capitalistico – ossia il migliore dei mo(n)di possibili – dovrebbe avere strumenti per raddrizzare tali storture. E invece il nostro Governo dà un bonus una tantum di 200 Euro per premiare gli speculatori con i soldi delle tasse dei cittadini, mentre i contribuenti si vedranno diminuire altri beni e servizi che dovranno subire tagli. Ma quanti cittadini, di fronte al perino che inizia a marcire nella cassetta, si spingono a ragionarci su con il piglio di un filosofo greco?
Di fronte alle stragi di massa negli States quanti, come fece Michael Moore in Bowling for Columbine, puntano il dito non contro le armi in se stesse (dato che anche canadesi o toscani hanno armi in quanto cacciatori, ma non si sente di stragi nelle scuole come nel Paese a Stelle e Strisce) bensì contro la mancanza di educazione, cultura, stato sociale, una visione che non sia solo quella arrivista, qualunquista e capitalista in voga nella ʻculla’ della democrazia? Se un ragazzo di sedici anni può pensare di essere un fallito a vita solo perché bullizzato al liceo, in un sistema scolastico che nega il valore della storia, della filosofia o della geografia e basa tutto su quoziente di intelligenza e tecniche professionali (anche ai più alti livelli, anche quando si parli di un cardiochirurgo) per conquistarsi il proprio posto al sole calpestando chiunque lo intralci, quali strumenti avrà per comprendere che un altro mondo è possibile? E per mondo intendiamo un altro sistema socio-economico, ma anche valori e ideologie diversi da quelli del New York Times o del Presidente in carica. Quanti conoscono il significato di immaginazione al potere? E quanti di fronte al Joker sfatto di Joaquin Phoenix hanno compreso che il film, sotto l’apparenza di un fantasy distopico, celava una denuncia potente contro un sistema che ghettizza ed esclude i perdenti e uno Stato che taglia i fondi per l’assistenza medica, sociale e psicologica consegnando una larga fetta della propria popolazione all’annichilimento civile?
Ecco, da Eva al consumatore, passando per lo studente che rivendicava la fine dell’autoritarismo e il diritto di critica nella scuola e nell’università del lontano ʻ68, si capisce che sapere è potere. Per questo in uno Stato e in un sistema dove si vogliono assoggettare le masse, la prima a soccombere deve essere la cultura, intesa non come insieme di nozioni bensì di strumenti per interpretare e contestare il pensiero unico – ossia il nostro presente.
(1) Tra gli esponenti del ‘culturame’, l’accademico e critico letterario Luigi Russo.
venerdì, 15 luglio 2022
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay.