L’Italia, uno tra i Paesi più sicuri al mondo
di Simona Maria Frigerio
Sfatiamo un mito – come spesso accade su The Black Coffee – e lo facciamo in una data, il 25 novembre, altamente simbolica, in quanto Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ricorrenza (la bulimia da ricorrenze Onu ormai fa concorrenza a quella dei santi sul calendario: una ogni giorno) istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel lontano 1999. Quest’anno però, per gli italiani, sono due i dati che saltano all’occhio. Rispetto alla narrazione mass mediatica corrente e a un certo razzismo nord europeo, il fatto che l’Italia è uno tra i Paesi della UE con il minor numero di femminicidi e, in generale, di omicidi (insieme ad altri Paesi del ‘caliente’ Mediterraneo). Il secondo che, durante il lockdown di marzo e aprile, le peggiori previsioni sono state confermate (vedasi: https://www.theblackcoffee.eu/home-sweet-home/) e gli atti violenti sono aumentati, sia in generale, sia soprattutto a carico dei conviventi – dentro quelle mura domestiche che avrebbero dovuto difenderci da un virus e, al contrario, ci hanno reclusi con il nostro assassino.
Il femminicidio e l’omicidio in Italia e in Europa
Le donne vittime di femminicidio, nel nostro Paese, nel 2017, erano 0,42 ogni 100.000. Tra i 22 Paesi dell’Unione Europea per i quali si hanno a disposizione dati aggiornati, solamente Grecia e Cipro vantano dati migliori. Lettonia e Lituania si attestano come le peggiori, rispettivamente con 3,70 e 3,58 vittime ogni 100.000 donne; la Francia ha un 1,74, la Germania lo 0,91 e la civilissima Svezia si attesta su uno 0,54. Tra i Paesi del Mediterraneo con dati appena peggiori dei nostri, la Spagna con 0,48 e Malta con 0,44.
Passando agli omicidi, in base al report dell’Onu del 2019 – relativo ai dati del 2017 – nel mondo sono state uccise 464 mila persone (escludendo le morti causate dalle forze dell’ordine, quelle relative ai conflitti armati e per autodifesa), ossia il peggior dato degli ultimi 25 anni con meno di un quinto degli atti violenti da attribuirsi al crimine organizzato, mentre 26 mila persone sono state vittime di attentati terroristici.
Tornando all’Istat, anche a livello di omicidi volontari (indipendenti dalla violenza di genere) l’Italia si conferma uno tra i Paesi meno pericolosi in Europa (ossia, nel continente di per sé più sicuro al mondo insieme all’Oceania) con 0,61 omicidi ogni 100.000 abitanti – meglio di noi solamente l’Austria con 0,60 (ma il dato è relativo al 2016) e il Lussemburgo con 0,34. I Paesi più violenti si confermano Lettonia (5,59) e Lituania (3,97). La Francia registra 1,41 omicidi ogni 100.000 abitanti, la Germania 0,89 e la Svezia 1,13.
Ancora una volta, il cosiddetto Paese delle Mafie e, in quanto mediterraneo, machista, si rivela nel complesso pacifico anche se la sua classe dirigente politica e i suoi mass media sono incapaci di/o deliberatamente non vogliono veicolare un’immagine positiva né all’estero né verso gli stessi italiani. Del resto, la paura negli ultimi anni è diventata sinonimo di presa sull’elettorato e allargamento del consenso. Tra slogan vetusti e il richiamo alla difesa delle frontiere – dal “moglie e buoi dei paesi tuoi” a “dio, patria e famiglia” – il grido “al lupo, al lupo” ha giovato, a livello elettorale, a più di un partito e a tutti i giornali in quanto a vendite e click.
Violenze su donne e minori in epoca di lockdown
La Ministra (al femminile, ovviamente) Lamorgese, il 14 agosto al Messaggero e ad altri quotidiani avrebbe dichiarato: «Durante il lockdown calo dei reati del 37%». Ora, come nel caso dei verbali desecretati del Comitato Tecnico Scientifico rispetto alle affermazioni del Premier Conte sulla necessità del lockdown primaverile (https://www.theblackcoffee.eu/tag/verbali-del-comitato-tecnico-scientifico/); e anche dell’inchiesta di Report di lunedì 16 novembre riguardo al ‘vaccino italiano bene comune’, annunciato dal Governatore del Lazio Nicola Zingaretti; ci troviamo, ancora una volta, di fronte ad affermazioni non confermate da fatti, cifre e documenti – e, come stampa, il nostro compito non è parteggiare bensì fare i watchdog. Se è vero che complessivamente, tra agosto 2019 e luglio 2020, si sono commessi meno reati rispetto al periodo agosto 2018/luglio 2019, nel periodo del lockdown (solo 87 giorni), rispetto al totale, se ne sono commessi percentualmente molti di più.
Il Viminale ha infatti pubblicato i dati ufficiali a fine luglio (e noi, come sempre, invitiamo i lettori a verificare in proprio ciò che scriviamo: https://www.interno.gov.it/it/stampa-e-comunicazione/dati-e-statistiche/ferragosto-2020-dossier-viminale) dai quali emerge che durante il lockdown non solamente sono aumentati i reati in generale rispetto al totale, ma soprattutto quelli dentro le famose mura domestiche sbandierato come sicure con il #IoRestoaCasa (a cui andrebbe aggiunto #aFarmiAmmazzare). Mentre le forze dell’ordine perdevano tempo a dare multe a vecchiette che facevano due passi su un sentiero di campagna, o a un padre che portava il figlio in giro in bici, o ancora a un uomo che aveva comperato due bottiglie di vino ‘non essenziali’ – e nonostante quanto annunciato due settimane dopo dalla Ministra – il Dossier è molto chiaro. Durante il lockdown (9 marzo/3 giugno 2020, ossia in 87 giorni) abbiamo avuto 855.533 reati a fronte di 1.912.344 reati compessivi (ossia, commessi tra il 1° agosto 2019 e il 31 luglio 2020), in parole povere: in meno di un quarto del tempo sono stati commessi quasi il 45% dei reati annuali. Fa riflettere che su 278 omicidi totali, si sia raggiunta quota 106 (il 38% in un momento in cui era difficile prevedere di poter scappare dalle forze dell’ordine); su 20.193 rapine ben 6.180; e su 144.474 delitti informatici (in aumento rispetto all’anno precedente) ben 61.204 (il 42%, in un periodo in cui molte attività lavorative, anche relative alla pubblica amministrazione e alla giustizia, si svolgevano da casa con lo sbandierato smart working).
Ma veniamo allo specifico di genere. Mentre alcuni politici e mass media continuavano a puntare sugli sbarchi dei migranti (21.618 in un anno, rispetto ad esempio ai 182.877 tra il 2016 e il 2017) come se ci trovassimo di fronte a un esodo biblico, nel periodo del lockdown si sono avute 4.967 denunce di stalking su 13.579 (il 36%, in neanche tre mesi su dodici); ma soprattutto, come puntualizza www.osservatoriodiritti.it: “Negli 87 giorni di lockdown per l’emergenza coronavirus sono stati 58 gli omicidi in ambito familiare-affettivo: ne sono state vittime 44 donne (il 75,9%) e in 14 casi gli uomini. Ciò significa che, durante il lockdown, ogni due giorni una donna è stata uccisa in famiglia. Non solo: nei 279 giorni ‘normali’ (cioè non di lockdown) gli omicidi di donne in ambito familiare-affettivo sono stati 60 (su un totale di 104 omicidi familiari-affettivi), cioè mediamente su base annua uno ogni sei giorni. Il lockdown, quindi, ha di fatto triplicato gli omicidi di donne”. Forse alla Ministra Lamorgese, nonostante il titolo al femminile, è sfuggito questo dato.
E chiudiamo con un ennesimo alert controcorrente. Di fronte ai 14 omicidi a carico di maschi, abbiamo voluto indagare anche questo aspetto, spesso sottovalutato dalla cultura di massa, o addirittura avallato, come nei telefilm a stelle e strisce con i quali ci stiamo ammorbando l’anima da mesi, dove il presunto pedofilo o il ‘cattivissimo’ di turno è sempre minacciato, durante gli interrogatori, di diventare oggetto sessuale una volta in prigione (e questo persino in serial come Law and Order Unità Speciale, dove i cosiddetti ‘paladini della giustizia’ dovrebbero difendere New York dagli stupratori – ma il politically correct non sembra valere per tutti). Per non parlare di tante femministe, con le quali ho discusso in questi anni, che affermano che una donna non può violentare un uomo – come se una risposta fisica involontaria (leggasi erezione) non possa essere accompagnata da un grave danno psicologico (ossia il sentirsi abusati).
Secondo questo approfondito articolo: www.osservatoriodiritti.it/2019/02/20/violenza-sugli-uomini/ (che consigliamo per intero) sono “3 milioni 574 mila gli uomini che hanno subito molestie [sul lavoro] almeno una volta nella vita; 1 milione 274 mila negli ultimi 3 anni (l’indagine si riferisce al periodo 2015-2016). Un dato inferiore a quello relativo alle donne, ma pur sempre esistente. L’Istat, in ogni caso, chiarisce anche che «gli autori delle molestie a sfondo sessuale risultano in larga prevalenza uomini»”. Nel periodo del lockdown è anche cresciuta la violenza sui minori, ovviamente su maschi e femmine.
Il 20 novembre, in occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza (a proposito di bulimia da ricorrenze), sono stati pubblicati diversi report e dossier sulle violenze perpetrate con l’avallo dell’#IoRestoaCasa. Secondo Telefono Azzurro – che da anni si occupa di abusi fisici e psicologici su minori – si è avuto un aumento delle chiamate al centralino del 35% (nei mesi di aprile e maggio 2020 rispetto a quelle degli stessi mesi del 2019); nell’ambito della salute mentale, i casi gestiti sono aumentati del 28,4%; mentre per quelli di abuso e violenza del 18,5%.
Contrariamente alla narrazione corrente, la casa, quindi, non solamente si conferma (come da verbali del CTS desecretati e dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità) il luogo dove maggiormente ci si contagia con il coronavirus, ma anche uno tra i luoghi meno sicuri – a causa dei familiari ma anche degli incidenti domestici – in fatto di salute fisica, mentale e psicologica dei suoi abitanti.
Venerdì, 27 novembre 2020
Immagine di copertina: Foto di Free-Photos da Pixabay.