Chi si ricorda lo Yemen?
di Luciano Uggè
Nonostante il Premio Nobel per la pace, dato sulla fiducia (mal riposta), lʼex Presidente Usa, Barack Obama, non si è certo tirato indietro nello spalleggiare o continuare guerre.
Uno tra i fronti tuttora aperti (nonostante il cessate il fuoco, recentemente rinnovato per ulteriori due mesi) resta quello dello Yemen, con lʼArabia Saudita che – appoggiandosi alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, voluta dal paladino della democrazia – ha insanguinato per ben sette anni.
Lo sforzo bellico saudita ha, da un lato, rimpinguato le casse del settore vendita armamenti, per esempio, della Germania – con lo scandalo dellʼembargo formale tedesco ma la produzione di bombe su suolo italiano da parte della filiale italiana della ditta tedesca, la RWM Italia S.p.A. – e, dallʼaltro, causato lʼennesima crisi umanitaria senza la quale lʼOccidente sembra non poter sopravvivere a unʼeconomia liberista di stampo capitalista e a una visione geopolitica unipolare del mondo che ormai mostrano le corde.
Save the Children a marzo di questʼanno denunciava che tra marzo 2015 e marzo 2021, erano morti oltre 20mila civili e avevano perso o dovuto abbandonare le loro case 4 milioni di yemeniti, tra i quali quasi 2milioni e mezzo di bambini. Quasi il 65% della popolazione avrebbe altresì bisogno di assistenza umanitaria.
Anche in Yemen, la radice del conflitto risiede nella cosiddetta Primavera araba del 2011, con il Presidente Ali Abdullah Saleh costretto a cedere il potere a Abdrabbuh Mansour Hadi. Da quel momento si è innescata una guerra civile tra le forze militari fedeli a Saleh e il nuovo Capo di Stato (che sarà poi spalleggiato dallʼArabia Saudita – sunnita – e dagli Stati Uniti). Nel 2014 si inserisce una nuova pedina nello scacchiere, ossia il movimento musulmano sciita Houthi che conquista la capitale, Sanaa (quella immortalata da Pier Paolo Pasolini, per intenderci).
A questo punto, lʼOnu – invece di adoperarsi per aprire un dialogo tra le parti – e lʼEuropa e gli Usa – invece di bloccare la vendita di armi ai contendenti – cosa hanno fatto? Con la succitata Risoluzione del Consiglio di Sicurezza si è dato mandato allʼArabia Saudita di bombardare gli Houthi, in sostegno del Governo di Hadi, intromettendosi in un conflitto interno a un cosiddetto Stato sovrano, mentre lʼeconomia di guerra ha registrato gli introiti della vendita di armi (e lʼItalia, in primis, si è distinta con le bombe della RWM tedesca).
Lo Yemen è solamente uno dei troppi teatri di guerra nel mondo che si tendono a dimenticare perché, forse, i bimbi yemeniti non hanno occhi azzurri e capelli biondi? Oppure perché il Paese, già precedentemente povero, non conta nulla sullo scacchiere internazionale tranne quando si tratti di guadagni per le nostre economie sempre più agonizzanti o di difesa di posizioni e correnti religiose?
Le democrazie liberiste (e non liberali) dellʼOccidente hanno ormai bisogno di una serie di conflitti per reggersi. LʼItalia, in dispregio della pubblica opinione (per quanto riguarda il sostegno armato allʼUcraina) o nellʼignoranza delle masse (quando si tratti di conflitti poco coperti dai mass media), brilla sempre meno a livello politico. Mentre lʼinformazione mainstream oscurando il globo per accedere i riflettori solamente su un punto offre un quadro talmente parziale dellʼesistente che gli italiani faticano sempre più a comprendere il presente – rendendosi così incapaci di guardare al futuro. E intanto in un Parlamento esautorato e al servizio di poteri stranieri, con partiti incapaci di esprimere visioni politiche autonome, scendiamo la china verso lʼacritica accettazione di un sistema di non-politica dove ideologie sempre più fasciste si sposano a un capitalismo sfrenato nella più totale indifferenza su coloro che sono colpiti delle nostre bombe o dalle nostre mine – il meglio del made in Italy.
venerdì, 10 giugno 2022
In copertina: Julien Harneis, Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0, The mobile health clinic Yemen 2016.jpg, March 9, 2016.