L’arte dello studio e lo studio dell’arte
La Redazione di InTheNet
Dopo il successo dell’evento/spettacolo Proiectura – ideato dalla quinta Liceo Artistico Decio Celeri di Lovere (in provincia di Bergamo), in occasione della manifestazione dedicata alla XV edizione della Settimana della Cultura Classica – abbiamo pensato di contattare uno tra i docenti coinvolti, Vincenzo Sansone, che si è occupato della regia delle animazioni digitali e del video projection mapping, oltre che del visual design e mapping set-up. Accanto a lui vanno ricordati anche i professori Massimo Facchini, Sashia Piccolo e Marcello Piemontese, e il professor Angelo Fossati, che ha fornito la propria consulenza per la ricerca archeologica.
Proiectura ha avuto successo? Le persone sono venute appositamente per assistere all’evento?
Vincenzo Sansone: «L’evento ha riscosso molto successo. Il passaparola dei docenti, il contatto diretto con gli organi di stampa, le due prove effettuate prima dello spettacolo hanno portato sul luogo dell’installazione circa 700 persone per la prima delle tre proiezioni, per un totale di 1.200 persone circa per tutti e tre i passaggi effettuati, attirando gente da tutto il territorio che circonda Lovere, il luogo dell’evento. Il successo è stato determinato dalla passione e dall’impegno dei ragazzi della 5A del Liceo Artistico coinvolti, dall’impegno e dalla dedizione dei docenti del liceo che hanno proposto il progetto – i professori Facchini, Piccolo e Piemontese – e dalla fiducia della dirigente scolastica, dottoressa Monica Sirtoli, che sin dall’inizio ha supportato e creduto a un evento di così grande portata».
Nell’intervento a Lovere, gli studenti del Liceo Artistico quale narrazione sono riusciti a costruire per connettere le immagini del projection video mapping?
V. S.: «Sulla facciata dell’Accademia Tadini si sono raccontati diversi episodi interrelati alla memoria dei luoghi. Tra i vari: le incisioni rupestri della Val Camonica, il castello di Breno, gli affreschi del Romanino, i tesori custoditi presso l’Accademia Tadini, come l’Ecce Homo di Francesco Hayez e la Stele Tadini realizzata da Antonio Canova, fino ad arrivare a vicende più recenti e tragiche come quella dei Tredici Martiri di Lovere durante la Seconda Guerra Mondiale. Questa narrazione è stata costruita attraverso una complessa sceneggiatura testuale che lentamente si è tradotta in uno storyboard e in una serie di bozzetti. Tutto il materiale ‘analogico’ è stato la base per sviluppare l’animazione digitale che si è costruita in relazione alla facciata Tadini, alle sue forme e alla sua conformazione, utilizzando una maschera della facciata, così come il video projection mapping prevede».
Avete organizzato anche una mostra per spiegare il dietro le quinte del progetto. Cosa avete scelto di esporre e perché?
V. S.: «La mostra, allestita presso l’atelier dell’Accademia Tadini, rappresenta l’iter progettuale effettuato dai ragazzi insieme a me e ai docenti di indirizzo. La mostra ha ospitato la sceneggiatura, lo storyboard, una parte dei bozzetti delle scene e alcuni frame delle animazioni digitali, illustrando il processo che dalla pagina testuale, attraverso i disegni eseguiti su carta, ha portato all’animazione digitale indispensabile per la proiezione finale».
Per chi fosse poco avvezzo alle nuove tecnologie, come nasce e cos’è il projection video mapping?
V. S.: «Nella mia recente pubblicazione, Scenografia Digitale e Interattività edito da Aracne Editrice, ho inserito il sottotitolo Il video projection mapping nuova macchina teatrale della visione. Così mi piace definirlo, una nuova macchina teatrale che utilizza i linguaggi del digitale per raggiungere spesso l’illusione e suscitare meraviglia in chi osserva senza perdere di vista il suo obiettivo principale: la narrazione. La tecnologia se non racconta, se non sta alla base di un processo di significazione, trova il tempo che trova. Molti mapping sono dei semplici effetti visivi, piacevoli spesso, ma fini a se stessi. In termini tecnici il video projection mapping è una videoproiezione che permette di proiettare immagini e video su una superficie, che può essere piana o tridimensionale, di forma regolare o irregolare. Tali contenuti vanno a convergere perfettamente con la superficie. In altre parole, la superficie e la videoproiezione diventano una cosa sola perché la videoproiezione segue le forme della superficie, come può essere la facciata di un edificio, e vi si adatta. Questo è possibile grazie all’ausilio di tecniche digitali, come il warping, che permettono ai contenuti realizzati su una maschera della superficie di essere deformati per essere adattati alla perfezione».
Quale la differenza, se esiste, tra il suo uso in teatro e in una piazza?
V. S.: «Le differenze sono soprattutto di carattere tecnico e di maggiore complessità in una situazione piuttosto che in un’altra. Sicuramente è molto più facile realizzare mapping in teatro, in un luogo chiuso dove l’illuminazione è perfettamente controllabile, dove le dimensioni della scena sono limitate, dove è possibile dedicare un tempo per le prove in qualsiasi momento della giornata. In piazza, a seconda della superficie da mappare, le difficoltà aumentano. Nel caso di Proiectura avevamo una superficie larga circa 23 metri e una distanza di proiezione prestabilita dal luogo dell’evento. Dopo una certa distanza non si poteva più andare indietro per posizionare il proiettore perché comincia il lago e nelle proiezioni, per semplificare, più si arretra dalla superficie, più ampia è l’immagine proiettata dal proiettore e, quindi, più facile è coprire la propria facciata. Oltre a queste difficoltà si devono tenere in conto i fattori ambientali e climatici. La luce della città per esempio. Non sempre è possibile spegnere tutta l’illuminazione pubblica, come è stato nel caso della nostra installazione, e quindi si deve sopperire a questo con un proiettore più luminoso che, però, diventa molto più costoso. A questo si deve aggiungere che per un’installazione all’aperto si può solo lavorare di notte e bisogna tenere in conto l’eventuale pioggia o altre condizioni meteo avverse. Per quanto riguarda i risvolti linguistici trovo più similitudini che differenze. Nel mio libro parlo di teatralità dell’architectural mapping, l’applicazione su architetture. Ciò che si costruisce è una drammaturgia urbana, un racconto che implementa nella sua costruzione lo spazio dell’installazione. La facciata, dunque, non è una tela o uno schermo di proiezione neutro su cui proiettare qualsiasi cosa ma è un elemento attivo dentro il processo di articolazione della narrazione. L’animazione è costruita in relazione alla facciata. Per tale ragione in ciò che si va a raccontare la conformazione fisica della superficie e la sua memoria diventano la base da cui sviluppare il concept drammaturgico. L’installazione in piazza e lo spettacolo teatrale, inoltre, condividono molti punti in comune. L’evento in piazza è effimero come un evento teatrale, si svolge in un dato tempo e in un dato luogo e non è riproducibile come avviene, in genere, per i prodotti dell’audiovisivo, perché l’installazione è site-specific, è legata al luogo e alla superficie poiché si origina e si costruisce a partire da essa. Per tale ragione definisco la facciata che ospita un video projection mapping come un urban stage, un palcoscenico urbano – e non come un urban screen, ossia uno schermo urbano come spesso è stata definita».
Sono stati gli studenti a proporre un simile intervento o i professori? E quale rispondenza si è avuta a livello di alunni e di docenza?
V. S.: «Il progetto è stato proposto dai docenti, mossi dall’esigenza di promuovere e valorizzare il patrimonio artistico del territorio e di offrire agli studenti dell’ultimo anno un’esperienza professionale che possa indirizzarli verso il loro futuro. Sulla scorta del fatto che nel 2023 Bergamo e Brescia saranno capitali della cultura italiana e, quindi, ambasciatrici della nostra cultura nel mondo, si è deciso di utilizzare un linguaggio artistico innovativo e potente come quello del video projection mapping per creare una drammaturgia plasmata sulla facciata dell’Accademia Tadini che avesse come filo conduttore le testimonianze artistiche che, da sempre, caratterizzano il territorio della vallata che la ospita. Il coinvolgimento è stato immediato e totale. I docenti e gli allievi hanno collaborato con entusiasmo e partecipazione, scoprendo assieme le connessioni e le contaminazioni tra analogico e digitale per esplorare nuovi orizzonti all’interno del panorama artistico. Ciò che è stato più sorprendente è stato l’aver realizzato il tutto nella metà del tempo che spesso occorre per realizzare un progetto di tale portata».
Chi ha fornito le apparecchiature e il software per tale esperienza creativa?
V. S.: «La scuola ha provveduto a contattare un service audio-video per le esigenze tecniche, a cui ho fornito personalmente le indicazioni per la strumentazione necessaria. Mi sono occupato personalmente del calcolo della distanza di proiezione, della creazione della maschera della superficie e del mapping set-up. I ragazzi e i docenti hanno scrupolosamente creato i disegni di molte parti dell’animazione finale, intervenendo anche nella realizzazione digitale finale. A partire da questo materiale e lavorando in sinergia con loro durante le sessioni laboratoriali, ho sviluppato la progettazione visiva del mapping, curando la regia dell’animazione digitale e la regia del mapping, perché questa animazione doveva svilupparsi a partire dalle forme architettoniche».
Ci sarà un seguito per questa esperienza?
V. S.: «Me lo auguro. I docenti Facchini, Piccolo e Piemontese se lo augurano. In primo luogo, per l’esperienza didattica e professionale che ha coinvolto i ragazzi. Agli studenti dell’ultimo anno del liceo artistico è stata offerta un’occasione speciale. Hanno potuto tastare direttamente che tutto quello che hanno appreso nei cinque anni di liceo ha un valore, ha una spendibilità in termini creativi e applicativi. Hanno potuto assaporare con mano, come i tre docenti insegnano loro giorno dopo giorno, che l’arte non è il libero estro di un folle ispirato chissà da quale luce divina. Hanno compreso e comprovato in un progetto concreto che l’arte è progettualità, che l’arte è pensiero, che il disegno ‘analogico’ non è la libera espressione di un sentimento ma è un medium, per dare forma al proprio pensiero creativo. Allo stesso tempo hanno comprovato quali sono le difficoltà che si celano dietro al mondo digitale, apparentemente semplice ma, come la sua controparte analogica, progettuale e concettuale. Dobbiamo uscire fuori dal connubio di arte e genio/sregolatezza. L’arte è studio, applicazione, regola, sacrificio, dedizione. Se poi qualcuno di loro ha in sé il germe del genio ben venga, ma il genio deve esercitarsi su una solida base formativa. A tal ragione ai miei studenti faccio sempre un esempio: Picasso. Noto come uno dei più grandi pittori cubisti, spesso non viene compreso da chi non conosce l’arte delle avanguardie e le sue ragioni. Si sente ancora dire: “eh, ma quelle cose di Picasso, le potrei fare anch’io”. Prima di fare il nome di Picasso mostro sempre un suo dipinto giovanile, La prima comunione, in cui si può ammirare la grande abilità tecnica e accademica di Picasso. È da questa base che Picasso può lavorare per elaborare il suo nuovo sistema di rappresentazione spaziale che è il Cubismo. Ecco a cosa serve la scuola e, nel nostro caso, il liceo artistico: dare la formazione, far acquisire le nozioni fondamentali del disegno e di tutto ciò che concerne tale disciplina e allo stesso tempo permettere ai propri studenti di sviluppare una propria identità, una propria visione artistica, una propria progettualità, che li possa condurre a delle proprie creazioni. Avendo conosciuto i ragazzi del Decio Celeri e i loro docenti, posso senza dubbio affermare che la forza del ramo artistico di questa scuola è proprio la sua visione della formazione dello studente e il progetto Proiectura è stato una grande occasione in cui mettere in pratica tutto questo. Di sicuro, voglio ribadirlo, tutto questo non poteva concretizzarsi senza il supporto e l’appoggio incondizionato della dirigente scolastica Monica Sirtoli. Un progetto di questo tipo è rischioso sotto diversi punti di vista e poche persone lo avrebbero appoggiato. Quello che ho apprezzato della dirigente è la sua visione aperta della scuola, una scuola fatta di esperienze tangibili ma sempre accompagnata da una solida formazione, una scuola che ha come obiettivo lo sviluppo totale dei propri allievi, una scuola che offre essa stessa esperienze professionali perché crede nelle capacità dei suoi docenti. Mi auguro che i ragazzi abbiano compreso a fondo che Proiectura è stata una grande e difficile scommessa della loro dirigente scolastica e dei loro docenti di indirizzo, fatta solo ed esclusivamente per loro. Dopo due anni di Covid, di scuola chiusa-aperta-poi chiusa poi in Dad eccetera, portare gli studenti e le persone del territorio sotto uno degli edifici più importanti e imponenti della città di Lovere, l’Accademia Tadini, a riscoprire assieme la propria memoria e le proprie radici culturali è stata di sicuro una delle occasioni concrete per far rinascere la scuola e il territorio tutto, e far esplodere le energie creative. Per queste ragioni spero vivamente che il progetto possa avere un seguito e possa anche viaggiare, sotto diverse forme, su altre architetture del territorio e spero che questo sia uno di tanti progetti che vedono protagonista l’immensa facciata dell’Accademia Tadini. Mi permetta a conclusione di fare i dovuti ringraziamenti. Il primo ringraziamento va ai docenti Facchini, Piccolo e Piemontese per avermi dato la loro fiducia. Altro grande ringraziamento va alla dirigente scolastica Monica Sirtoli poiché ha assecondato la fiducia che i docenti hanno riposto nei miei confronti. Un ringraziamento va al direttore dell’Accademia Tadini, il professor Marco Albertario, per averci permesso di proiettare sulla facciata del palazzo – e spero che aver visto trionfare la Stele Tadini di Canova sulla facciata dell’edificio che la ospita sia stato di suo gradimento. Un ringraziamento va al professor Angelo Fossati per la preziosa consulenza archeologica e per le ricerche sulle incisioni rupestri della Val Camonica. Grazie al Comune di Lovere, al sindaco Alex Pennacchio, all’assessora con delega agli eventi Sara Raponi per l’appoggio. Grazie a tutti gli sponsor che hanno contribuito alla realizzazione di questo evento e a Daniela Zanaboni che li ha trovati e coinvolti. Per ultimi, proprio per l’importanza che hanno ricoperto, perché senza di loro questo progetto non esisterebbe, gli studenti della 5A: Zoe Battaglia, Giada Berlinghieri, Silvia Bonetti, Alessia Bozza, Francesca Ferrari, Manuèl Fossati, Cristina Gentile, Daniela Gheza, Tommaso Grimani, Enrico Morstabilini, Elisa Piantoni, Beatrice Polini, Beatrice Santolini, Valentina Vanotti e Chiara Vecchio. A loro auguro un futuro radioso in cui possano mettere in pratica ciò che hanno appreso in questi anni».
venerdì, 13 maggio 2022
In copertina e nel pezzo: foto gentilmente fornite dall’intervistato, Vincenzo Sansone.