Sguardi eterodossi sulle cure e sui vaccini anti-Covid
di Luciano Uggè
Largo Ciro Menotti, ore 15.30. Il professor Bellavite, biologo, patologo e docente universitario per un’intera carriera, che avevamo intervistato alcuni mesi fa (https://www.inthenet.eu/2021/12/31/intervista-al-professor-paolo-bellavite/), ricalca le orme di Galileo spiegando il suo “E pur si muove”.
Bellavite accusa la medicina italiana di non aver capito, almeno fino a maggio 2020, cosa fosse il Covid, sia a causa della decisione del Ministero della Salute di «scoraggiare le autopsie» sia dell’abbandono dei pazienti, da parte dei medici di base, a paracetamolo e vigile attesa – lasciando che i sintomi si aggravassero fino al ricovero d’urgenza delle persone (soprattutto ma non solamente anziani o affetti da patologie pregresse) che, a quel punto, erano intubate e morivano nel giro di poche ore o giorni.
Bellavite ricorda i due ricorsi al Tar dell’avvocato Erich Grimaldi per quei medici che volevano distaccarsi dalle linee guida del Ministero – le quali, solamente nella primavera del 2021, avrebbero previsto l’uso di antinfiammatori oltre alle indicazioni precedenti, senza nemmeno eliminare il paracetamolo (che è ormai comprovato avere effetti negativi sui pazienti perché diminuisce i livelli di glutatione) e senza considerare altri farmaci, quali il cortisone. Bellavite ricorda che il Ministro Speranza per ben due volte si è rivolto al Consiglio di Stato per imporre una visione univoca e ortodossa alla cura dei pazienti per una malattia ancora parzialmente sconosciuta.
Il discorso passa poi ai vaccini contro il Covid-19 che, nei Paesi dove sono stati sperimentati, sottoponevano le persone all’inoculo senza prima testare se fossero o meno positive. Dopo due anni, abbiamo finalmente capito che i vaccini non bloccano il contagio – e quindi gli obblighi di legge, in Italia, di inoculo e green pass non hanno alcuna ricaduta positiva a livello epidemico. Di conseguenza, se l’articolo 32 della Costituzione afferma che l’obbligo può imporsi solo per la salvaguardia della comunità, nel momento in cui non si ha un vaccino immunizzante, decade qualsiasi possibilità legale di obbligo. Il super green pass, ne consegue, è «un lasciapassare per la diffusione il virus».
Bellavite ricorda anche che uno studio osservazionale pubblicato in Italia, alcuni mesi fa, dimostrerebbe che il Covid-19 si può curare e che su 150 casi trattati nessuno si è aggravato o è deceduto. E però se non si prosegue con queste sperimentazioni è difficile andare oltre il diktat di una inoculazione che è sempre meno efficace – il tempo di copertura dalla malattia grave si sta riducendo ormai a sole 10 settimane – e che può causare effetti indesiderati gravi (miocarditi, pericarditi, trombocitopenie, eccetera), soprattutto in giovani che, se fossero contagiati dal Covid-19, non avrebbero conseguenze altrettanto debilitanti e, a volte, mortali.
Va anche notato come la farmacovigilanza in Italia sia passiva e, quindi, è lasciata alla segnalazione spontanea di chi si è vaccinato. Logica conseguenza, si segnalano soprattutto gli effetti avversi gravi. Nel contempo, si è notato come il tasso di segnalazione fosse più alto all’inizio, quando erano solo gli operatori sanitari a essere vaccinati, e via via sia crollato a misura che larghe fasce della popolazione sono state coinvolte nel piano vaccinale. Questo perché persone meno avvezze alla pratica medica, ma anche alle tecnologie e alle piattaforme, potevano non sapere nemmeno di dover fare tale segnalazione.
A seguire altri interventi, domande da parte degli astanti, cittadini curiosi che pian piano hanno affollato lo slargo. Tra le diverse considerazioni soprattutto quelle relative all’obbligo di un vaccino non immunizzante e alla mancanza di studi a medio e lungo termine degli eventuali effetti avversi. Si è altresì fatto notare come la riduzione della gravità della malattia non possa essere una giustificazione sufficiente per imporre un obbligo di cura – essendo la cura una scelta che rientra nel diritto individuale e che ricade nel campo dell’autodeterminazione sul proprio corpo. Anche riguardo all’affollamento delle terapie intensive, si è segnalato come si possa investire maggiormente in sanità e medicina territoriale, oltre che nella cura a livello domiciliare intervenendo precocemente per risolvere, a monte, il problema del surplus di ricoveri.
venerdì, 6 maggio 2022
In copertina: Il professor Paolo Bellavite durante l’incontro a Pisa (foto di Simona Maria Frigerio).