Ad Haiti nuove rivelazioni sulla morte dell’ex Presidente, Jovenel Moïse
di Simona Maria Frigerio
Non solamente sul confine tra Messico e Stati Unti sorge un ‘muro della vergogna’, ma anche a Ceuta e Melilla (per separare il Marocco dall’Europa), in Palestina per creare enclave sempre meno sostenibili nei Territori Occupati, tra India e Bangladesh e persino tra due Paesi che certamente non possono considerarsi tra i maggiormente industrializzati. Santo Domingo si sta separando fisicamente da Haiti per bloccare, secondo le dichiarazioni ufficiali, immigrazione clandestina e traffico di stupefacenti – probabilmente con esiti persino più fallimentari di quelli dello zio Sam. Infatti, se la cocaina arriva soprattutto per mare ed è poi trasferita in Europa o a Porto Rico, i migranti haitiani utilizzano i varchi legali per sfuggire alla povertà, a una serie apparentemente infinita di calamità naturali e – non ultime – alle conseguenze dell’omicidio dell’ex Presidente, Jovenel Moïse.
Luis Rodolfo Abinader Corona, Presidente di Santo Domingo, nel frattempo rassicura la sua popolazione e le ‘anime belle’ della comunità internazionale affermando che la barriera sarà – come i missili degli statunitensi – ‘intelligente’, ovvero dotata di radar, droni, sensori di movimento e telecamere con 70 torrette e 41 punti d’accesso per il pattugliamento. Milioni di dollari per separare i poveri dai più poveri.
Chi era ‘Neg Bannan nan’?
‘The Banana Man’ (in creolo Neg Bannan nan), prima di diventare Presidente di Haiti, era un industriale praticamente sconosciuto ai più – estratto dal cilindro dall’ex Presiedente, Michel Martelly, nel 2015, come ha fatto Igor Kolomoisky, fondatore e presidente della PrivatBank (istituto messo sotto inchiesta dall’FMI) con l’ex comico Zelens’kyj.
Prima di entrare in politica, Moïse si era arricchito nel settore della purificazione delle acque, dell’energia e della produzione agricola (in un Paese, come scrivevamo in https://www.inthenet.eu/2020/06/05/haiti-favola-e-inferno/, dove le “grosse piantagioni di caffè, banane, agave da sisal, cacao, cotone, canna da zucchero, piante da frutta” sono la cagione del fatto che, nonostante “la popolazione attiva in agricoltura superi ancora il 60%”, nell’isola non si riesca nemmeno a raggiungere l’autosufficienza alimentare).
Grazie a un supporto alla comunicazione pari solamente a quello del succitato Zelens’kyj, Moïse non solamente è stato eletto ma – grazie a decreto presidenziale, e qui sorge spontaneo il paragone con l’Italia dei governi ‘tecnici’ e del perenne stato d’emergenza – è riuscito a mantenere il potere per almeno un anno oltre il consueto. Come denunciato da diversi gruppi per i diritti umani, Moïse era avvezzo a governare per decreto, rimuovendo persino i giudici della Corte Suprema (la Cour de Cassation) in violazione alla Costituzione haitiana.
Aldilà della fondatezza delle accuse degli oppositori, l’instabilità politica ha causato – nel corso del 2021 – una recrudescenza delle violenze da parte dei vari gruppi criminali che agiscono nel Paese, in lotta per il controllo territoriale, e un aumento dei rapimenti a scopo di riscatto – che, ad aprile 2021, colpivano anche sette membri del clero. In agosto si aggiungeva un terremoto di magnitudine 7.2, seguito da una tempesta tropicale che causavano 2.246 decessi, il ferimento di 12.700 persone e 26.000 sfollati – aggravando le condizioni di una popolazione che vive, per il 77%, al di sotto della soglia della povertà (fonte HRW).
Nel frattempo, all’1.00 ora locale del 7 luglio 2021, Jovenel Moïse era ucciso, nella propria abitazione a Port-au-Prince, con 12 proiettili che lo colpivano alla testa e al busto. La first lady, Martine Moïse, anch’ella ferita, sopravviveva.
Dai Muri di cemento a quelli di gomma. A che punto è l’inchiesta?
La polizia haitiana ha individuato come colpevoli, nell’immediato, un gruppo armato formato da 26 colombiani e da due haitiani statunitensi. A gennaio 2022, il primo sospetto di nazionalità colombiana incriminato per l’omicidio di Jovenel Moïse – da un tribunale di Miami – è stato l’ex ufficiale Mario Antonio Palacios. A maggio, si è appreso da fonti stampa che un ex senatore haitiano, Joseph Joel John, è stato estradato dalla Giamaica per comparire di fronte al tribunale di Miami, in quanto avrebbe anch’egli cospirato all’omicidio.
Tornando al il 1° gennaio 2022, il Primo Ministro Ariel Henry (nominato da Moïse due giorni prima della sua uccisione, ma che aveva assunto l’incarico solamente il 20 luglio 2021), nel giorno in cui si festeggiava l’anniversario dell’indipendenza di Haiti, ha subito a sua volta un attentato nella città di Gonayiv.
A febbraio 2022 – dato che ‘piove sempre sul bagnato’ può avere anche interpretazioni negative – le regioni settentrionali e meridionali di Haiti sono state battute da forti piogge e a Kap Ayisyen, quasi 2.600 abitazioni sono state danneggiate e circa 500 persone sono state sfollate a Fòlibète.
Nello stesso periodo CNN ha pubblicato un’inchiesta oltremodo approfondita (https://edition.cnn.com/2022/02/08/americas/haiti-assassination-investigation-prime-minister-intl-cmd-latam/index.html) che punta il dito proprio contro il Primo Ministro haitiano nella pianificazione dell’assassinio di Jovenel Moïse. Riportiamo le conclusioni denunciate nel pezzo. “L’uomo incaricato di organizzare la squadra di sicari, secondo le autorità haitiane, sarebbe stato un ex ufficiale dell’anti-corruzione, latitante, di nome Joseph Felix Badio. Una notte di inizio settembre, gli agenti sotto copertura sapevano esattamente dove Badio sarebbe stato: a un incontro con il Primo Ministro Ariel Henry, presso al sua residenza ufficiale nella capitale”. Badio, l’unico che potrebbe confermare tali congetture, non ci risulta ancora essere stato arrestato.
E però, a metà luglio 2021, le ambasciate statunitense, francese, dell’Unione Europea e di altri Paesi presenti a Haiti, chiedevano a Henry di assumere la guida del Paese ad interim – aprendo così la strada (come puntualizza CNN) al Primo Ministro per un’ascesa alla Presidenza.
Il primo Stato a diventare nazione indipendente grazie a una rivolta di schiavi continua a essere soggetto a un colonialismo – diretto o indiretto – dal quale non riesce ad affrancarsi.
venerdì, 1° luglio 2022
In copertina: Foto di David Greenwood-Haigh da Pixabay.