Dal lager alla società fascio-tecnocratica
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
In questi giorni, recensendo il pregevole saggio di Georgios Katsantonis, Anatomia del potere. Orgia, Porcile, Calderón. Pasolini drammaturgo vs. Pasolini filosofo, abbiamo avuto l’occasione di rileggere il Calderón di Pier Paolo Pasolini. Passare dalla dimensione autobiografica del lager firmata da Primo Levi a quella di denuncia economico-politica del dramma pasoliniano è passo breve che, una volta di più, a cento anni dalla nascita dell’intellettuale bolognese, conferma la validità della di lui intuizione urticante che mette in parallelo – filosoficamente – l’assoggettamento dei reclusi nel lager con l’opera di mercificazione degli individui della società consumistico-capitalista.
Il testo di Levi, del resto, è un monito quanto mai pregnante e sempre valido. Basti pensare a un altro parallelo altrettanto valido, quello con il popolo senza terra e costretto all’esodo – come lo fu l’ebraico – e che dovremmo difendere ma del quale ci siamo, al contrario, lavati le mani (per settant’anni), simili in questo ai cittadini italiani o tedeschi nel periodo nazi-fascista, che si chiama popolo palestinese. O a quel numero marchiato nella carne, quasi fossero animali, che contraddistingueva gli internati dei campi di concentramento e che permetteva loro di ottenere il rancio o una scarpa che non piagasse il piede, rendendo impossibile il lavoro, e che oggi – in misura meno atroce ma psicologicamente non dissimile – contraddistingue il nostro green pass grazie al quale possiamo entrare in Posta a ritirare la pensione o una raccomandata, in merceria a comprare un paio di calze, in libreria magari proprio per cercare il volume di Primo Levi o a teatro per vedere questo spettacolo. Così come la mancanza di solidarietà nel lager tra coloro che obbediscono pedissequamente alle regole in quella, come in questa, società di san(t)i – salvo, poi, evadere le tasse o guidare mezzo sbronzi o farsi uno spinello arricchendo le mafie – è un vissuto quotidiano che dovremmo avvertire come una fitta dolorosa ogni volta che esibiamo il nostro pass sapendo che qualcun altro resterà fuori, perché ne è privo.
Il testo di Levi offre quindi e sempre molteplici spunti critici e, come ogni testo, proprio nella sua capacità di travalicare il contingente per farsi universale trova la propria forza – da Shakespeare o Racine a Pirandello ed Eduardo. Se mezzo secolo fa era la testimonianza del sopravvissuto che dava modo a Pasolini di sviluppare la sua feroce critica contro la distruzione antropologica degli italiani, oggi può fare altrettanto per svegliarci da questo limbo nel quale giace, ormai quasi da solo, il popolo italiano.
In sé lo spettacolo si giova soprattutto della scenografia imponente di Margherita Palli e dell’eccellente disegno luci di Cesare Accetta, capace di infondere ritmo e azione a un monologo eccessivamente verboso, e di creare le giuste atmosfere – complici i tre madrigali di Carlo Boccadoro.
Valter Malosti regala una regia pulita, ma la condensazione scenica avrebbe bisogno di ulteriori tagli (il monologo di Ulisse, ad esempio) e per l’interpretazione occorrerebbe una padronanza di registri e toni come era prerogativa di Bene e come, oggi, si può solo permettere un Manfredini.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Manzoni
corso Antonio Gramsci, 129 – Pistoia
domenica 20 febbraio 2022, ore 16.00
Se questo è un uomo
dall’opera di Primo Levi (pubblicata da Giulio Einaudi editore)
condensazione scenica a cura di Domenico Scarpa e Valter Malosti
regia Valter Malosti
con Valter Malosti, Lucrezia Forni e Giacomo Zandonà
scene Margherita Palli
luci Cesare Accetta
costumi Gianluca Sbicca
progetto sonoro Gup Alcaro
tre madrigali (dall’opera poetica di Primo Levi) Carlo Boccadoro
video Luca Brinchi, Daniele Spanò
assistente alla regia e suggeritrice Noemi Grasso
cura del movimento Alessio Maria Romano
assistente alle scene Eleonora Peronetti
assistente al suono Alessio Foglia
scelte musicali Valter Malosti
musiche di Oren Ambarchi, Johann Sebastian Bach, Ludwig Van Beethoven, Cracow Kletzmer Band, Morton Feldman, Alexander Knaifel, Witold Lutoslawski, Oy Division, Arvo Pärt, Franz Schubert, John Zorn
madrigali eseguiti e registrati dai solisti dell’Erato Choir: soprani Karin Selva e Caterina Iora, contralto Giulia Beatini, tenori Massimo Lombardi e Stefano Gambarino, bassi Cristian Chiggiato e Renato Cadel, direzione musicale Massimo Lombardi e Dario Ribechi
produzione ERT / Teatro Nazionale, TPE – Teatro Piemonte Europa, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro di Roma -Teatro Nazionale
progetto realizzato in collaborazione con Centro Internazionale di Studi Primo Levi,
Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Primo Levi, Polo del ‘900 e Giulio Einaudi editore in occasione del 100° anniversario dalla nascita di Primo Levi (1919 – 1987)
venerdì, 18 marzo 2022
In copertina: Valter Malosti in una foto di Tommaso Le Pera (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa dell’Associazione Teatrale Pistoiese).