Pensieri in libertà con Giacomo Verde
di Luciano Uggè
Nel ricco archivio dell’artivista Giacomo Verde abbiamo riscoperto anche questo volume, con prefazione di Antonio Caronia, pubblicato da BFS nel 2007. Il libro, intitolato Artivismo Tecnologico. Scritti e interviste su arte, politica, teatro e tecnologie, risulta davvero interessante perché dà un quadro multi-sfaccettato delle attività – ma anche del pensiero che sottostava a ogni azione più o meno artistica – di Giacomo Verde. Come in Citizen Kane di Orson Welles, il ritratto dell’uomo e dell’artivista si ricompone attraverso frammenti vividi in sé ma che acquistano complessità nella giustapposizione e nel confronto.
Dagli studenti agli esperti nei vari campi della comunicazione e del teatro quello che traspare è un mondo che, in quegli anni, si stava aprendo alle nuove tecnologie con Verde che, da sperimentatore ed esperto della materia, non si sottraeva alle sollecitazioni, anche personali, rispondendo sempre con dovizia di particolari e un pizzico di ironia.
Centrale nel volume il ruolo dell’artista nei confronti dell’arte e, purtroppo, della sua degenerazione dovuta, in parte ma non solo, al mercato e al consumismo che hanno trasformato le opere della creatività in forme di investimento finanziario – anche di tipo speculativo.
Ieri come oggi, sono innumerevoli i campi d’intervento nei quali l’artista può agire, così come le soluzioni originali che è possibile escogitare – anche per ottenere il coinvolgimento del pubblico. Ovviamente gli strumenti prediletti da Verde non erano i più costosi o alla moda ma, al contrario, essendo spesso a buon mercato, le opere – frutto di un ingegno che sapeva sposarsi all’artigianalità – erano piccoli capolavori di arte povera tecnologica, alla portata di tutti, che difficilmente avrebbero trovato degli sponsor per la loro realizzazione.
Dal libro emergono la caparbietà di Giacomo e la convinzione nelle proprie idee, che lo portarono in diverse occasioni a scontrarsi e a confrontarsi anche con il mondo della politica – ove l’unico compromesso possibile, per lui, era quello di portare a termine i progetti come li aveva pensati fin dall’inizio, dimostrando tenacia e perseveranza.
Altro fattore importante nel lavoro e nella vita di Verde, il rapporto con i movimenti, i gruppi impegnati nel sociale, il no profit e il mondo eco-solidale – con i quali ha mantenuto i contatti per l’intera esistenza, partecipando altresì ad attività politiche, in prima persona, come nel caso del G8 di Genova, del 2001, durante il quale ha ripreso e condiviso azioni e impressioni. Ne è scaturito il docu-film Solo Limoni – girato senza il sensazionalismo tipico della stampa mainstream e della televisione che lui vedeva (come Pier Paolo Pasolini, di cui ricorre in questi giorni il centenario dalla nascita) quale strumento asservito al potere. Fare contro-informazione così come investire nelle produzioni dal basso per creare cortocircuiti di senso, per investire in prodotti indipendenti era (ed è) indispensabile, dato che nella ‘rete’ già si notava la presenza di controllori e censure.
Rispetto alle immagini e alla loro funzione, in particolare, Verde si dimostrava molto critico – imprescindibile nel suo pensiero il suo negare l’immagine come rappresentazione della realtà in quanto la riconduceva sempre alla soggettività di chi la realizzava. Da qui la necessità, come autore, di utilizzare immagini astratte in modo tale da comunicare e condividere i propri stati d’animo. Una necessità che, in Verde, si trasformò – a un certo punto – nel cyberglove, una specie di personaggio che parlava con i presenti direttamente dallo schermo, destabilizzando coloro che gli si trovavano di fronte per poi coinvolgerli nel dialogo e nel racconto.
Passo successivo, il Teleracconto – una proposta artistica e creativa che riuniva narrazione, musica e filmati in unico format, nel quale erano in certa misura inglobati anche gli spettatori. Utilizzare il video, per Verde, non era però accettazione passiva di un mezzo espressivo. Non manca, infatti, un giudizio molto critico verso la tivù, il suo potere di ‘assopire’ le menti e l’invito a imparare, tutti insieme, a usarla invece di subirla. Ne consegue l’idea che la televisione è di chi la fa ed è, quindi, necessario pensare programmi partecipativi rivolti ai bambini – che sono i più disponibili al coinvolgimento.
La Minimal TV è stata la risposta, come sempre creativa, di Verde. Un nomadismo interattivo, fatto per strada, con gli spettatori/attori che intervenivano direttamente attraverso gli schermi predisposti all’aperto, interagendo con la regia – ove erano concentrate le apparecchiature.
Arte e politica, impegno e ingegno: anche su alcune scelte politiche del nostro Paese, Verde si è trovato in disaccordo con la maggioranza, come nel caso dell’intervento in Iraq. Attuale come non mai e lucido il suo pensiero, Giacomo rifiutava l’idea di inviare dei soldati all’estero per portare la democrazia perché la democrazia non si impone a nessuno: “nel momento in cui la imponi non c’è più democrazia, è paradossale”.
Per quanto riguarda il teatro, Verde era sensibile alla scomparsa delle culture orali, nomadi e contadine – sostituite dalla scrittura. Così come comprendeva che occorrerebbe superare il dominio della vista sugli altri sensi per recuperare il ‘senso’ della realtà e della partecipazione. Il coinvolgimento dello spettatore era al centro, quindi, anche delle sue azioni artistiche per strada, nelle corti e in casa. Esperienze che lo avevano abituato – come racconta nel libro – all’improvvisazione e al contatto diretto attore/spettatore, elemento mantenuto anche successivamente, quando introdurrà le nuove tecnologie nei suoi progetti creativi.
E così, pagina dopo pagina, scopriamo anche il Web-Cam Teatro, quasi un esperimento per addetti ai lavori, già utilizzato dall’Iraa Theatre di Cuocolo/Bosetti per spettacoli negli appartamenti e, in seguito, a teatro. Ma l’importante nel fare teatro con i nuovi mezzi, per Verde, era riuscire a coniugarli con quelli precedenti (dal testo alla poesia fino all’audio e alla musica), rendendoli un tutt’uno funzionale a ciò che si voleva comunicare. Rigorosamente in diretta sia le riprese sia la musica – eseguita sul palco – affinché ogni replica fosse unica e sempre diversa, intrinsecamente collegata alle emozioni di coloro che la mettevano in scena.
Un libro che è tutti questi spunti e moltissimi altri: il racconto di una vita e di un mondo – creativo e partecipativo – del quale Giacomo condivideva i principi e il desiderio di cambiamento. Perché un altro mondo è ancora possibile.
venerdì, 11 marzo 2022
In copertina: Particolare della copertina del libro Artivismo Tecnologico. Scritti e interviste su arte, politica, teatro e tecnologie.