Un nuovo inizio
di Noemi Neri
Solo così posso amare l’Italia, con il fascino delle cose perdute, con il ricordo sfocato di un Paese, paesaggisticamente parlando, stupendo, in cui si mangia e si resta a tavola a parlare per ore. Dove una parte di cuore è rimasta, là con gli affetti, e una parte per strada, sotto i colorati portici bolognesi con l’odore di ragù tra sdaure e sfogline. O laggiù, a fare merenda con la pizza di via Garibaldi, nella città vestita di cantucci e mandorle.
La mia terra, tutti i miei anni. Ho iniziato ad apprezzarla ancora di più quando ho sentito che stavo per perderla, quando dovevo lasciarla. Come un fidanzato che piano piano cambia, un involucro che si svuota, che diventa ostile e non ci appartiene più.
Questa è stata la mia scelta da non vaccinata, dopo due anni di governi che agiscono in maniera illegale: lasciare il vecchio Belpaese oggi troppo imbruttito.
A parte il recente obbligo vaccinale per gli over 50 e quello per le categorie di medici e insegnanti, a tutto il resto della popolazione era teoricamente demandata la scelta se vaccinarsi oppure no. Io appartengo a questa fetta, per la quale non esisterebbe l’obbligo se non fosse che, in maniera da ‘paraculo’ – consentitemi il termine – sono stati introdotti mille paletti e regole di difficile applicazione e che rendono la vita poco piacevole a cittadini, lavoratori, mamme e via dicendo.
Parallelamente, la maggior parte dei giornalisti ha messo in piedi la narrazione della pandemia, con i dati dei contagi e dei decessi probabilmente non affidabili (a titolo di esempio, riporto un articolo sul calcolo inesatto dei decessi https://www.agi.it/cronaca/news/2022-01-20/numero-totale-di-decessi-per-covid-potrebbe-essere-errato-15290399/ e uno con la dichiarazione della scienziata Angelique Coetxee, sulle pressioni ricevute per dichiarare che Omicron fosse pericolosa: https://www.liberoquotidiano.it/news/europa/30460971/omicron-coetzee-europa-hanno-detto-tacere-vera-pericolosita–variante.html), ma soprattutto per creare il grande calderone dei no-vax contro cui inveire a spron battuto.
Improvvisamente sembravano tutti Cristo, pronti a immolarsi per la società vaccinandosi, sul piedistallo del benefattore, del giusto. Qualsiasi scelta individuale ha una ricaduta sulla società, dal buttare la carta in terra allo spreco, dal farsi prete piuttosto che avvocato. Vaccinarsi per non contagiare gli altri è un’ipocrisia che, a questo punto della pandemia, possiamo bybassare.
Nonostante l’ardente fantasia dei giornalisti, sono state create solo due categorie: pro-vax e no-vax, le quali in realtà sono molto più variegate di una ‘stupida’ etichetta. Torniamo invece a parlare di persone che, con il proprio vissuto, gli strumenti, le competenze o incompetenze, hanno fatto una scelta. Non tutte le persone che si sono vaccinate credono nel vaccino: qualcuno lo ha fatto ‘spontaneamente’ per avere una vita sociale, qualcuno in maniera coercitiva, qualcuno perché avrebbe perso il lavoro, qualche altro spinto dall’ipocondria, e così via. Non tutte le persone che non si sono vaccinate sono complottiste, negazioniste, terrapiattiste; c’è chi non si fida: il mondo scientifico, politico e della comunicazione non hanno aiutato in questo, anzi, giorno dopo giorno, hanno perso credibilità mostrandosi sempre più ridicoli. Per qualcuno si è fatta confusione rispetto alla gravità della malattia – tanto da non voler rischiare eventuali effetti collaterali di una pseudo protezione a fronte di un eventuale contagio. In una società in cui mancano parametri veri per giudicare, o meglio, non sono facili da individuare e reperire essendo la stampa intasata di fake, non si possono pretendere atti di fede, o meglio, come ha detto in un’interessante intervista il Dottor Paolo Bellavite: “non si può chiedere un sacrificio umano per salvare la collettività” (https://www.inthenet.eu/2021/12/31/intervista-al-professor-paolo-bellavite/).
Prendiamo alcune delle tantissime contraddizioni sotto gli occhi di tutti e di cui si è abbondantemente parlato in maniera approfondita. Non è stata fatta una distinzione tra i morti di Covid con patologie pregresse e non, non si conoscono veramente i dati sugli effetti collaterali del vaccino perché molti medici non segnalano all’AIFA e i rapporti che vengono pubblicati non sono di facile accesso al cittadino. Non sono stati compiuti studi sugli asintomatici, non si è tenuto conto degli anticorpi che una persona poteva avere per decidere se vaccinarla o meno, anzi, sono state sconsigliate proprio le analisi del sangue in merito e si è voluto vaccinare assurdamente anche i guariti (si veda, per esempio, quanto afferma il professor Giovanni Frajese: https://www.youtube.com/watch?v=1_NiKEy6dd8).
È stato introdotto lo strumento del tampone antigenico che, prima, dava falsi negativi; poi, falsi positivi; adesso, in alcuni casi, è possibile usare quello fai-da-te, a casa, e produrre un’autocertificazione sul risultato – in breve, vi pare si vada verso un’attendibilità sempre più accurata? Cito questi pochi esempi semplicemente per dire che se qualcuno solleva un dubbio in merito al vaccino, quando ci sono molte domande senza risposta, lo trovo più che lecito (per approfondire https://www.inthenet.eu/2021/04/09/covid-quiz/). In questa pandemia ho visto molta politica, troppa. Ho visto censura quando chi si è espresso contro il mainstream è stato sollevato dal proprio incarico, come la poliziotta Schillirò che, da libera cittadina, ha espresso la propria contrarietà all’utilizzo del Green Pass come strumento sanitario; ho visto ignorare le cure domiciliari, sconsigliare le autopsie. Ho visto persone che all’ennesimo DPCM hanno cercato di contagiarsi, se non altro, per prendere tempo: qualcuno è arrivato a desiderare di ammalarsi pur di non andare contro la scelta che ritiene più giusta per sé.
Quella del Covid-19 non è la prima pandemia della storia, eppure per la prima volta c’è stato un lockdown generale: ci hanno chiuso tutti in casa, la prima ammissione del fallimento medico come ad ammettere “non sappiamo cosa fare”. Di fatto, quello che ne è seguito è stato dare voce agli opinionisti dell’ultima ora e screditare premi Nobel, creando confusione e disorientando le persone – che potevano sempre affidarsi a tali virologi https://www.youtube.com/watch?v=ijCDm_OEMFA (personalmente, lo avrei fatto con la stessa fiducia che si pone nella maga quando toglie il malocchio).
Ci sono persone – vogliate chiamarle no-vax o meno – che nemmeno all’ennesimo ricatto baratteranno la propria integrità con la schiavitù di una finta libertà, tenuti al guinzaglio da dosi che non hanno scelto. Io non ho voglia di aprire il giornale ogni mattina per vedere cosa sarà della mia quotidianità, non voglio questo filo diretto con il Governo che incombe e sforna una regola dopo l’altra – perciò, la cosa che mi è sembrata migliore è stata di mettermi in condizione di non dover più sottostare a regole che non condivido. Un’idea maturata mentre ero in Portogallo, i primi d’agosto del 2021, e leggevo di un’Italia che andava verso l’adozione del Green Pass. In quel periodo a Lisbona, in piena variante Delta, veniva chiesto il Green Pass dopo le 19.00 del venerdì fino alla domenica, gli altri giorni si viveva normalmente. A fine agosto, la Svizzera era ancora come in pre-Covid, senza nemmeno l’utilizzo delle mascherine al chiuso: l’idea di fare qualche chilometro ed entrare in un’Italia, al confronto, apocalittica era scoraggiante.
A settembre ho scelto di non lavorare perché non volevo sottostare al ‘sistema Green Pass’ con tamponi ogni 48 ore (nel mio ambito già richiesti prima che fossero estesi a tutti i lavoratori il 15 ottobre 2021), così ho progettato il trasferimento, ho elaborato il lutto della perdita. Al di là di quali possano essere le convinzioni di chi legge, credo possa essere condivisibile il fatto che non sia mai facile lasciare tutto e cambiare completamente vita. Eppure sentivo di doverlo fare: era l’unica possibilità se volevo portare avanti la mia scelta e vivere una vita normale, da non discriminata, usufruendo del diritto al lavoro e alla socialità, sempre lasciando aperto il confronto sulle misure sanitarie quando non politiche.
Da ottobre a dicembre sono tornata a lavorare, sottoponendomi a un tampone ogni 48 ore, in assenza di sintomi, perdendo tempo e soldi, sostituendo colleghi vaccinati risultati positivi, conciliando il lavoro con gli appuntamenti in farmacia: una follia – non sarebbe mai potuta diventare la mia normalità. Non ho mai desiderato ammalarmi e nemmeno ho desiderato un Green Pass falso, io non voglio dover mostrare niente in merito alla mia situazione sanitaria: sono una persona sana, se ho dei sintomi mi faccio i dovuti controlli, altrimenti vivo la mia vita. Non ho mai preso il Covid, accetto il rischio di prenderlo come qualsiasi altra malattia – allo stesso modo in cui rischia il contagio un vaccinato con la differenza che, probabilmente, avrà sintomi meno gravi dei miei. Non mi sento calata in un’emergenza sanitaria, mi sento annoiata dalla politica e dai media italiani, dal loro show quotidiano di terrorismo psicologico e incitamento all’odio (si vedano le esternazioni di alcuni personaggi: https://www.inthenet.eu/2021/10/29/la-propaganda-dellodio/). Mi sento delusa da quelle persone che non sono in grado di rispettare un’opinione diversa. Perché, alla fine, è proprio di questo che si tratta: un’opinione. Nessuno ha la verità in tasca, nemmeno i medici sono d’accordo tra loro, figuriamoci noi cittadini! La delusione nasce dal fatto che in queste scelte vedo un grado di civiltà che va perdendosi, perché certamente la pandemia ci ha cambiati tutti nel profondo.
Così adesso guardo l’Italia da lontano e, paradossalmente – nonostante sia il Paese dalle mille e una regola – questa è una distanza di sicurezza, soprattutto mentale. Guardo la vita distorta che conducevo, come in una grande illusione ottica: con gli affetti vicini, ma con i quali non potevo condividere una cena fuori o di entrare in un negozio per far loro un regalo – confinata negli angoli della società, segregata in spazi ridotti che, chi non ha vissuto questo tipo di sterile discriminazione, non può capire. Un’apartheid dei non vaccinati che guardano la vita scorrere da dietro un vetro, mentre le vaccinazioni a tappeto sembrano non risolversi mai. È troppo scontato pensare che allenteranno un po’ le restrizioni; poi riaumenteranno i contagi, ci sarà una nuova variante, arriverà la quarta dose… e così via?
Ho aspettato per vedere se la situazione sarebbe migliorata, ho sperato di poter tornare alla normalità, di restare nel mio Paese. Al contrario, in poche settimane non potevo nemmeno più entrare alle Poste – ‘roba da matti’! La verità è che il tempo non torna indietro e ne avevo abbastanza di ‘delinquenti’ che giocano con la vita delle persone. Dopo due anni in cui ogni volta che le misure adottate si dimostravano fallimentari, se ne introducevano altre persino peggiori. Sempre più restrizioni per obbligare tutti a vaccinarsi creando una crepa all’interno della società, divisa in ‘giusti’ e ‘sbagliati’ – che in comune, forse, avevano (e hanno) solo l’esasperazione. Per non parlare di uno Stato d’emergenza procrastinato all’inverosimile (si veda in merito questo articolo, che sollevava la questione già a giugno 2021: https://www.labparlamento.it/e-legittima-la-proroga-dello-stato-di-emergenza/). Dovevo andarmene.
Cosa succede spostandosi di un migliaio di chilometri?
Adesso vivo in Spagna, dove la percentuale delle persone completamente vaccinate è dell’81,6% (mentre in Italia è del 79,3% https://lab24.ilsole24ore.com/vaccinazioni-mondo/). All’inizio dello scorso mese il Governo ha annunciato di voler trattare il Covid come un’influenza senza monitorare giornalmente i casi, ma cambiando approccio. Vediamo qual è la situazione – a metà febbraio – nelle varie Comunità autonome.
La Comunità di Madrid non ha mai introdotto l’utilizzo del Green Pass; nelle Comunità Asturie, Castiglia-La Mancha, Castiglia y León e Estremadura, non ci sono restrizioni. Anche nella Comunità catalana dal 28 gennaio non è più richiesto il Green Pass, non ci sono limiti di orario e di capienza per le attività, le strade sono tornate a riempirsi di giovani con la riapertura libera delle discoteche. Per fare un paragone, in Italia si può entrare in discoteca solo se vaccinati con terza dose e, se al chiuso, è necessaria anche la mascherina mentre la capienza è ridotta al 50%.
Il 19 gennaio ha eliminato il Green Pass anche la Comunità di Cantabria, e così hanno fatto i Paesi Baschi. Nella Regione di Murcia non è richiesto il Green Pass ma esiste un ‘modello volontario’ (in essere fino al 25 febbraio) per i gestori di hotel, pub e discoteche, grazie al quale gli stessi possono chiedere di aumentare la capienza. Anche le Isole Canarie sono in attesa dell’autorizzazione giudiziaria per adottare il medesimo modello. Nella Comunità di Aragona e nella Rioja è rimasto il Green Pass – ma solo per le visite in ospedale e nei Centri Sociali. Andalusia, Navarra e Baleari hanno eliminato il Green Pass da metà febbraio. La Galizia manterrà il Green Pass in locali, palestre e strutture sanitarie fino al 26 febbraio. La Comunità valenciana toglierà il Green Pass per bar, ristoranti e locali notturni dal 1° marzo. Per quanto riguarda le due città autonome spagnole situate in Marocco, è stato tolto il Green Pass a Ceuta ed è stata aumentata la capienza dei locali a Melilla, che attenderà il 25 febbraio per abolire il certificato verde. Teniamo a precisare che, in Spagna, quando si parla di Green Pass si fa riferimento alla versione che, in Italia, conosciamo come ‘base’, ovvero ottenuta con vaccino o tampone. Nell’intero Paese le mascherine all’aperto non sono più obbligatorie.
Spagna e Italia: diritti e leggi non sempre corrispondono
Per completezza, riportiamo due ricorsi – uno spagnolo e l’altro italiano – sulle imposizioni relative alle misure di sicurezza sanitaria subite dai cittadini. Recentemente, l’avvocato Curro Nicolau ha vinto il ricorso in Tribunale, presentato lo scorso gennaio, contro le restrizioni adottate dalla comunità valenciana durante lo Stato d’emergenza – le quali vietavano gli spostamenti in entrata e in uscita dalla Comunità. Poiché lo Stato d’emergenza è stato ritenuto nullo, lo sono anche le misure adottate. L’avvocato ha sottolineato di non essere un negazionista o contrario alle misure sanitarie – in quanto queste ultime sono materia per gli esperti in salute pubblica – ma che occorre muoversi entro uno stato di diritto rispettando la Costituzione e l’ordinamento giuridico perché “non siamo in una Repubblica delle banane”. Le persone danneggiate da questa misura, come gli albergatori ma anche coloro che non hanno potuto spostarsi – perdendo un matrimonio, un viaggio o altro – potranno fare domanda di risarcimento. Nicolau procederà chiedendo la responsabilità disciplinare e patrimoniale nei confronti del mandante pubblico, ovvero Ximo Puig, Presidente della Comunità valenciana. Le sue conclusioni: “I dirigenti devono capire che non possono fare quello che vogliono, il fine non giustifica i mezzi”, le misure devono essere adottate entro la legalità (per l’articolo completo, si veda: https://www.abc.es/espana/comunidad-valenciana/abci-abogado-tumbado-restricciones-ximo-puig-pueden-reclamar-hosteleros-quien-perdio-viaje-o-boda-202202021421_noticia.html).
L’avvocato Alessandra Vasta (legale dell’Ats della Brianza), in Italia, ha vinto – al contrario – contro il maxi ricorso di medici e infermieri non vaccinati, i quali chiedevano che fosse riconosciuto loro il diritto a rifiutare il vaccino, obbligatorio per detta categoria professionale. L’aspetto degno di nota è il riferimento al principio solidaristico messo in campo dalla Corte Costituzionale, secondo cui l’interesse collettivo prevale su quello individuale, con riferimento ai vaccini sui quali si è espressa in passato ma non esprimendosi di fatto sul vaccino contro il Covid-19, che era l’unico in oggetto (per approfondire https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/22_gennaio_29/covid-l-avvocato-vasta-cosi-ho-vinto-contro-maxi-ricorso-medici-infermieri-no-vax-9c18ac9e-80d2-11ec-97ae-7cc35437dc27.shtml).
Un paio di mesi fa, molte persone che hanno accolto ‘l’invito’ a vaccinarsi sono scese in piazza a Roma in seguito a reazioni avverse, anche gravi, causate dal vaccino. Il risultato è stato il completo rifiuto al dialogo da parte dello Stato (qui molti quesiti in attesa di risposta: https://www.affaritaliani.it/coronavirus/vaccini-il-governo-rifiuta-il-dialogo-con-chi-ha-avuto-reazioni-avverse-770494.html). Siamo dentro la legalità? Ognuno faccia le proprie considerazioni.
Come si vive la quotidianità in Spagna?
Mettendo da parte gli aspetti politici e sanitari, la percezione che si ha per le strade iberiche è quella di qualcosa che si avvicina molto alla normalità. Sicuramente la differenza che salta all’occhio è che qui non siamo immersi nel mono argomento Covid – né per strada né alla tv. Le persone parlano del più e del meno con serenità, i media affrontano i non vaccinati come una realtà: non vi è l’accanimento al quale si è abituati in Italia. Complice il clima – già primaverile – si percepisce un ritmo di vita più rilassato, gentilezza, soprattutto rispetto.
Tornando alla mia esperienza, una sera ho prenotato un tavolo all’esterno in un ristorante, per me e il mio compagno, facendo presente che non avevamo il Green Pass. Alla fine della cena la cameriera mi ha detto che quando aveva sentito che non eravamo in possesso della certificazione, ci aveva preparato un tavolino con cura dove potessimo stare comodi e caldi e che nemmeno lei si era vaccinata perché avendo problemi, in famiglia, di trombosi aveva preferito non rischiare. In vari altri locali, pur potendo chiedere la certificazione, il personale non l’ha fatto.
Qui la gente si ferma a scambiare due parole per strada e si fa amicizia facilmente. Non si hanno dati su quanti italiani abbiano deciso di lasciare il Paese: ci vorrà del tempo per averne un’idea, quello che è certo è che ne ho conosciuti tanti in questo breve periodo – alcuni virtualmente tramite video-chiamata, altri di persona. Sono molti a domandarmi come si stia qui, quali sono i documenti necessari per trasferirsi, dove poter cercare casa, come ottenere il Nie (Numero di Identità per stranieri): c’è chi viene per fare un sopralluogo – come feci io qualche mese fa – altri che vivono in Spagna da anni. Famiglie intere che chiedono informazioni sulle scuole in cui mandare i figli, giovani che devono avviare l’iter di riconoscimento dei titoli di studio all’estero. In questo modo si entra in contatto, si condividono informazioni: una mano tesa per agevolare il grande salto.
Mi sono ritrovata a fare video-chiamate con persone che sentivo per la prima volta, a messaggiare, poi a incontrarle di persona, andare a pranzo o in un museo insieme: piccole alleanze tra chi non si riconosce più nel proprio Paese, chi non vuole crescerci i propri figli – siamo parte di una nuova comunità in esodo silenzioso.
Questa umanità è quella che mi mancava. Non volevo più essere percepita (o percepire gli altri) come possibile infettata, mantenendo la distanza di due metri, non sapendo come salutare chi incontravo, sempre imbavagliata dalla mascherina, immersa nel gel, ossessionata dai batteri. Mai avrei pensato di andare a vivere all’estero, ancora meno perché discriminata e privata dei diritti costituzionali, ma come si dice: non tutti i mali vengono per nuocere. In fondo, tra mare, sole, paella e sangria, non va così male.
venerdì, 18 febbraio 2022
In copertina: Spagna, Valencia. Foto di Mathieu Militis. Nel pezzo: un bar di Madrid, foto di Leeroy Agency e le Canarie, nella foto di Alfred Derks. Tutte da Pixabay.