La Corte Costituzionale sblocca gli sfratti
di Simona Maria Frigerio
Oltre 100mila famiglie rischiano di finire in strada: importa a qualcuno? Sono numeri, non esseri umani. Come il fotografo René Robert, abbandonato in un’affollata strada parigina per 9 ore finché non è stato soccorso (troppo tardi) da un senzatetto. Lo abbiamo saputo, anche noi, da un tweet che ha sollecitato indignazione e proteste – in Francia come in Italia. Seguiranno fatti o siamo alla solita lacrimuccia da coccodrillo?
Le 100mila famiglie di italiani e migranti che rischiano la strada sono come Robert, sono soprattutto come quell’unico francese che si è preoccupato di un anziano accasciato a terra.Macron, in vista della sua campagna elettorale ha ben altro a cui pensare: “Emmerder les non-vaccinés” è la sua priorità – come del Governo Draghi. Gli ultimi, sempre più numerosi, possono essere tranquillamente ‘effacé’.
Facciamo un passo indietro. A Roma, nell’ottobre 1993, fu organizzata una manifestazione contro la legge n. 359 del 1992, che escludeva l’applicabilità dell’equo canone per gli immobili ultimati dopo la sua entrata in vigore e introduceva per gli altri i ‘patti in deroga’: era l’inizio della fine della battaglia per il diritto alla casa – una tra le tante perse e dimenticate.
Alcuni tra i sindacati di categoria miravano, con i patti in deroga, a consolidare la propria posizione istituzionale e a guadagnarci – i patti in deroga, infatti, dovevano essere sottoscritti obbligatoriamente anche da rappresentanti dei sindacati (dei proprietari e dei conduttori) che, ovviamente, erano per questo retribuiti (tessera di iscrizione e/o un preciso corrispettivo). Solo nel 1996 – con sentenza n. 309 – la Corte Costituzionale dichiarava “illegittima la norma di riferimento di tale Legge (l’art. 11) nella parte in cui preveda, come obbligatoria, la presenza delle associazioni della proprietà edilizia e dei conduttori” (abiconf.it). I sindacati perdevano un introito sicuro, i conduttori avevano già perso un canone equo. L’intera manovra fu veicolata dalla stampa mainstream come tendente a garantire un maggior numero di alloggi disponibili – e, di conseguenza, per le leggi di mercato, a un aumento dell’offerta sarebbe seguita una diminuzione dei canoni. Ci sono voluti trent’anni (quanti quelli della guerra che infiammò l’Europa nel Seicento) per rendersi conto che la promessa non è mai stata mantenuta.
Ovviamente con la crisi economica dovuta alla pandemia (ma anche prima, come scopriremo nell’intervista), la situazione è peggiorata. Dall’inefficacia della piattaforma per l’assegnazione degli alloggi popolari (a riprova che la digitalizzazione non è sempre la panacea) alla sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito che se è vero che lo Stato, in casi di emergenza, può prevaricare i diritti della proprietà, dall’altra dovrebbe assicurare dei ristori alla stessa, emerge il ritratto di una Milano che è diventata – e ogni giorno di più lo conferma anche con i suoi regolamenti per le assegnazioni degli alloggi popolari – una asfittica metropoli per benestanti o che si credono tali.
Ma torniamo ai volti, quelli che hanno anche gli effacé. Quelli che abbiamo scelto per la copertina di questo pezzo. Era l’ottobre del 1993, pioveva e faceva freddo. Viaggiammo tutta la notte in pullman da Milano e, quando arrivammo, Roma ci accolse triste e bigia. Sapevamo di avere già perso (o almeno, io lo sapevo). Ma quando mi stiracchiai, quella mattina, e aprimmo gli ombrelli (bofonchiando la solita: “Piove, governo ladro!”), mentre cercavamo un bar dove bere qualcosa di caldo, stanchi e infeltriti come le nostre maglie di lana sudate, dopo un’intera notte in cui l’unico pensiero era dove mettere le gambe – sempre troppo lunghe – o come liberarsi del bracciolo malefico; ebbene, quando guardai quella donna anziana, già ‘in pista’, con la sua cerata improponibile e la bandiera, accanto al figlio che reggeva una grossa borsa di plastica per la spesa, a strisce azzurre e nere, mi resi conto che ero lì perché loro esistevano e avevano un volto.
E così, leggendo che la Corte Costituzionale – con sentenza n. 213/2021 – ha deciso che il blocco degli sfratti per morosità, disposto per la pandemia, non avrebbe potuto andare aldilà del 31 dicembre 2021 poiché, altrimenti, si sarebbe superato “il limite massimo di tollerabilità, pur considerando la sua funzione sociale” (art. 42, comma II della Costituzione), ho contattato l’avvocato Gino Pandolfi, da trent’anni consulente del Sicet di Milano (Sindacato Inquilini Casa e Territorio della Cisl) e legale che si occupa di locazioni e del settore immobiliare. E a lui ho chiesto come si sia arrivati a questa sentenza, nonostante l’attuale momento di gravi crisi – economica e sociale.
Gino Pandolfi: «Sicuramente sarebbe servito continuare ancora per un periodo con il provvedimento di emergenza e, quindi, con il blocco dell’esecuzione degli sfratti. Il problema è che, a livello politico, vi sono state pressioni in ogni sede, compreso il Parlamento, per intervenire in favore dello sblocco. Dopodiché non voglio né posso dire che sia stata una sentenza politica, anche perché era diventato un continuo di interrogazioni e interpellanze. D’altro canto, la sentenza della Corte Costituzionale in qualche modo dà una certa legittimazione alla sospensione effettuata e, sotto questo profilo, può dirsi positiva, in quanto riconosce la legittimità che lo Stato possa limitare i diritti della proprietà privata intervenendo con la sospensione degli sfratti, magari anche in un futuro. Va aggiunto che nella sentenza si afferma che il periodo era diventato troppo lungo e, quindi, intollerabile, ma anche che a questa limitazione dell’esecuzione dovesse corrispondere un ristoro economico verso la proprietà. Il che è un’altra novità».
Secondo il giornalista Gino Pagliuca si stima in 150.000 il numero delle famiglie che resteranno senza casa. Un dato vicino alla realtà?
G. P.: «Diciamo che, sotto il profilo statistico, siamo fermi al 2020, quando il Ministero degli Interni diede gli ultimi dati aggiornati. Quanto si può ricostruire partendo dai numeri di Milano e Roma – che sono le città più importanti e anche quelle maggiormente sotto pressione a livello di procedure di sfratto – a Milano si parla di 16 mila esecuzioni in corso, mentre a Roma di 7/8 mila. A mio parere, quindi, non si dovrebbero superare le 100 mila esecuzioni in tutta Italia».
Il Sunia di Milano afferma che ci sarebbero alloggi popolari pronti ma sarebbe necessario “modificare la Legge Regionale per la loro assegnazione veloce”. Quali sarebbero le pratiche burocratiche che rallentano il meccanismo?
G. P.: «Il problema delle assegnazioni a Milano e in Lombardia è stato causato dalla modifica della Legge regionale. L’entrata in vigore della Legge 16 del 2016 [1] ha completamente sconvolto le procedure di assegnazione e di presentazione delle istanze. È stata creata una piattaforma a cui gli utenti accedono con lo Spid per fare la domanda dell’alloggio. Non esiste più una graduatoria generale: non esiste su Milano una graduatoria con tutti gli alloggi disponibili. Il richiedente, su tale piattaforma, deve scegliere cinque alloggi su cui concorrere. Dopodiché si stilano delle graduatorie per ogni alloggio. Quindi, il primo che arriva su quell’alloggio, ottiene l’assegnazione e gli altri ‘restano al palo’. Le modalità e la procedura che sono state ideate rallentano le assegnazioni anche perché vi sono diversi bandi – uno del Comune, un altro dell’Aler e un terzo dell’MM [2]. Non c’è più un unico gestore della graduatoria, ossia il Comune di Milano che, in passato, faceva lo scorrimento e assegnava gli alloggi. Peraltro, il meccanismo della Legge regionale prevede che si facciano almeno quattro bandi all’anno e anche questa procedura è stata disattesa. Per quanto riguarda le assegnazioni, posso fornire qualche dato più preciso per comprendere l’ordine di grandezze di cui stiamo discutendo. Nel Comune di Milano sono stati assegnati, nel triennio 2018/2021, 2.072 alloggi. I nuovi alloggi – sempre su Milano – che sono disponibili in assegnazione e ristrutturati sono, però, 3.467. A tutt’oggi, facendo questa verifica, mancano all’appello 1.395 alloggi, che non sono stati assegnati e non si comprende il perché. Infine va tenuto conto che nelle graduatorie deve essere riservato solo un 20% agli indigenti – e per indigente si intende colui (o colei) che ha un reddito Isee inferiore ai 3 mila euro l’anno. Ci troviamo di fronte a una tutela al contrario: anziché riservare loro maggiori disponibilità in quanto indigenti, la legge assegna un limite massimo di assegnazioni. Un meccanismo che mostra bene come, a Milano, si agisca contro chi è più povero».
Qual è, oggi, il parco alloggi popolari su cui può contare la cittadinanza milanese? G. P.: «Milano, al 2022, ha circa 64.500 alloggi, sommando i vari patrimoni. Purtroppo con l’attuale meccanismo di assegnazione non si riescono a sostituire le persone che muoiono o si trasferiscono o, comunque, abbandonano un alloggio popolare perché, magari, è migliorata la loro situazione economica con coloro che ne abbiano la necessità».
La fine dell’equo canone avrebbe dovuto immettere un gran numero di alloggi sul mercato immobiliare e, per la legge della domanda e dell’offerta, i canoni d’affitto sarebbero dovuti calare. Perché il meccanismo non ha funzionato?
G. P.: «L’ipotesi di cui parla è fallita completamente, ossia lo scopo che si era prefissato la Legge 431 del 1998 – che liberalizzava i canoni di locazione – non è mai stato raggiunto. Questo perché, innanzi tutto, la legge prevede un doppio canale, ossia il canone libero e il convenzionato – ovvero parametrato a livelli un po’ inferiori. Ma non essendoci alcun incentivo – salvo, adesso, quello fiscale della cedolare secca – per scegliere il secondo canale, evidentemente i locatori hanno preferito puntare sempre al massimo del canone invece di accettarne uno inferiore e usufruire dell’agevolazione fiscale [3]. Teniamo anche conto del fatto che l’agevolazione fiscale non si applica alle grosse proprietà ma solamente ai singoli privati. A oggi posso affermare che il convenzionato è quasi inesistente. E soprattutto i locatori, se non spuntano il canone che vorrebbero, non avendo penalità di altro tipo in caso tengano gli alloggi sfitti, preferiscono non darli in locazione. Con la pandemia questa situazione si è aggravata e coloro che sono sfrattati e cercano, oggi, di trovare un’altra soluzione abitativa non riescono ad accedere agli alloggi sul mercato perché le garanzie richieste dai proprietari sono impossibili da fornire – tenendo anche conto che in molti hanno perso il lavoro, altri sono a casa sospesi, altri ancora in cassa integrazione e così via. Il dato più inspiegabile è che, nonostante questa situazione di fatto, i canoni di locazione stanno aumentando e così pure i prezzi di vendita sul mercato immobiliare – soprattutto a Milano».
Si pensa che gli italiani siano tutti proprietari di casa. Le famiglie in difficoltà sono solo quelle dei migranti?
G. P.: «Assolutamente no. E non mi riferisco solamente all’ultimo periodo. Sono alcuni anni che registriamo questa tendenza, ossia di italiani in situazioni di disagio abitativo. Li abbiamo visti tornare, ad esempio, nelle sedi sindacali – dove fornisco consulenza. Per un periodo ci siamo occupati prevalentemente di migranti ma, già prima della pandemia, gli italiani erano tornati a chiedere il nostro supporto e adesso, purtroppo, ancora di più [4]».
[1] Il testo completo della Legge regionale 16/2016: https://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/DettaglioRedazionale/servizi-e-informazioni/Enti-e-Operatori/edilizia-pubblica/edilizia-residenziale-pubblica/normativa-regionale-servizi-abitativi-pubblici/normativa-regionale-servizi-abitativi-pubblici
[2] Per saperne di più su Aler: https://aler.mi.it e MM: https://www.mmspa.eu/wps/portal/mmspa/it/home/mm-per-milano/casa
[3] Per maggiori informazioni sulla cedolare secca al 21% per le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento, che non locano l’immobile nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni, si veda: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/schede/fabbricatiterreni/cedolare-secca/scheda-informativa-cedolare-secca
[4] Uno dei dati che emerge dall’ultimo rapporto della Caritas Ambrosiana è l’alto numero di working poors: https://www.chiesadimilano.it/senza-categoria/sempre-piu-nuovi-poveri-lavoratori-2-150849.html
Venerdì, 11 febbraio 2022
In copertina: Roma, ottobre 1993. I volti della manifestazione per il diritto alla casa. Foto di Simona Maria Frigerio (tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione).