Il processo di condanna di Giovanna D’Arco*
di Simona Maria Frigerio
A fine gennaio leggiamo su Sputnik Italia una notizia curiosa: il Parlamento della Catalogna avrebbe approvato una risoluzione con la quale riabilita la memoria di oltre 700 donne “processate, torturate e giustiziate durante il periodo della caccia alle streghe, avvenuta in Europa e America del Nord tra il XV e il XVIII secolo”.
La cosiddetta caccia alle streghe si pensa abbia portato alla morte di 30/40.000 persone (in buona parte donne) – torturate e/o consegnate al boia. Le si affiancavano, in nome del Dio cristiano, i supplizi per gli ebrei, i musulmani e gli eretici. Non a caso, tra i primi a essere mandati al rogo dall’Inquisizione (già all’inizio del Duecento) c’erano Catari e Valdesi [1].
Tra le migliaia di nomi che, ovviamente, restano anonimi ai più, risaltano alcune figure, quali il poeta Cecco d’Ascoli, arso a Firenze nel 1327; il Savonarola, impiccato e il cui corpo fu messo al rogo sempre a Firenze, nel 1498; il filosofo Giordano Bruno, denudato, legato a un palo e arso vivo a Campo de’ Fiori nel 1600 (e le cui ceneri saranno gettate nel Tevere); e ancora, Giovanna D’Arco, arsa viva il 30 maggio 1431 a Rouen (in Francia).
I verbali del processo di condanna (ne seguirà uno di riabilitazione e poi la santificazione) della Pulzella d’Orléans sono stati tradotti e trascritti per SE da Teresa Cremisi e ci è capitato di leggerli di recente. È indubbio che tutti e tre i suoi processi furono essenzialmente politici con un verdetto scritto ben prima della sentenza – il primo, nel 1431, per compiacere gli inglesi che volevano Enrico VI di Lancaster legittimo erede anche del trono di Francia; il secondo, nel 1456, per legittimare la corona di Francia sul capo di Carlo VII di Valois che, se Giovanna fosse stata eretica, non avrebbe potuto consegnargliela a Rouen oltre vent’anni prima; il terzo, per rinfocolare il nazionalismo francese nel 1920. In ogni caso, risulta quanto mai curioso riesaminare, oggi, le domande che i ‘padri’ della Chiesa rivolsero alla ‘patrona’ di Francia per poterla mettere sul rogo per ‘giusta causa e giustificato motivo’.
Tra i 70 capitoli prodotti contro l’accusata, spiccano – per quantità e ripetitività – quelli riguardo il suo abbigliamento. Ciò che indispettiva i ‘santi padri’ era che Giovanna non portasse la gonna ma vestisse da uomo, avesse tagliato i capelli corti sopra le orecchie, e alle domande sul perché volesse fare la guerra invece di filare la lana, rispondesse: “Quanto ai lavori donneschi, mi pare che non manchino le donne che vi si dedicano”. Eppure – a riprova che la storia non è un continuo progredire – tre secoli prima, Matilde di Canossa comandava uno Stato e un esercito con il beneplacito di questo o quel Papa.
Tornando ai 70 capitoli, uccidere in battaglia andava bene alla Chiesa (nonostante i Comandamenti) ma Giovanna attaccava anche nei giorni di festa! In realtà era uso che le guerre fossero condotte da mercenari al soldo di nobili che le conducevano in proprio. Essendo, quindi, un mestiere, si rispettavano le festività e il vero scopo non era, ovviamente, mettere fine ai conflitti (perché, altrimenti, come sarebbero campati?), quanto fare prigionieri illustri di cui chiedere il riscatto e appropriarsi dei beni di cui si faceva man bassa con le razzie nelle città e nei borghi conquistati – non diversamente da quanto accade oggi con le materie prime su cui mettono le mani i vari ‘sceriffi delle libertà’. E ancora, Giovanna peccava, oltre che di essere genericamente eretica e scismatica di ‘presunzione’ e ‘vano orgoglio’ – il che la avvicina a molte donne dei nostri giorni che tentano, forse meno disperatamente ma non è detto con miglior successo, di fare di testa propria. E infine, la cosiddetta Chiesa militante era inviperita con Giovanna perché non le riconosceva il primato sulle sue idee e azioni, dato che la giovinetta continuava a rimettersi a ‘Nostro Signore’ – ricordando indirettamente ai ‘santi padri’ che nemmeno loro erano infallibili e onnipotenti ma che anche loro avevano un inquilino al ‘piano superiore’ che un giorno li avrebbe giudicati (e, visto che erano ricattati dagli inglesi per condannare Giovanna, le loro anime pie dovevano pur temere il fuoco eterno nell’aldilà…).
Ancora più curioso, oggi, ricordare che, accanto a questa giovinetta di nemmeno vent’anni, c’era Jean d’Orléans, più noto come Jean de Dunois o il Bastardo d’Orléans – figlio illegittimo di Luigi I (duca d’Orléans e fratello di Carlo VI di Francia). Un uomo che, per natali, certamente non sarebbe andato lontano – per la morale anche solo di mezzo secolo fa – e al contrario sul campo di battaglia conquistò meriti e titoli fino a diventare luogotenente generale di quell’esercito regio, che contribuì a costituire (come già accennato: prima le battaglie erano combattute dai signori della guerra) e che comandò, riconquistando la Francia per Carlo VII di Valois. Contrastò le razzie dei mercenari, protesse i civili e accordò l’amnistia ai collaboratori del nemico (gli inglesi o i borgognoni), favorendo la riconciliazione nazionale. Come Giovanna, un uomo fuori dagli schemi.
Lo Stato francese, la sua grandeur, nasce grazie a una ragazza di nemmeno vent’anni e a un ‘bastardo’. Perché conta la storia? Perché insegna.
[1] Per un elenco dettagliato degli eretici (tra i quali valdesi, catari, ebrei e musulmani) condannati al rogo, si legga La danza macabra dell’Inquisizione cristiana di Alessio Tanfoglio. Preview: https://books.google.it/books?id=x9tRCgAAQBAJ&pg=PA183&lpg=PA183&dq=quanti+messi+al+rogo+per+eresia+dall%27inquisizione&source=bl&ots=mo1w6PhUGD&sig=ACfU3U37h6rydMElnblwCi07ddB93KFNBg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjMpaiD6tv1AhWJhv0HHeHhDWgQ6AF6BAgpEAM#v=onepage&q=quanti%20messi%20al%20rogo%20per%20eresia%20dall’inquisizione&f=false
* Il processo di condanna di Giovanna D’Arco a cura di Teresa Cremisi, 2000, SE S.r.l.
Venerdì, 11 marzo 2022
In copertina: Statua equestre dedicata a Giovanna D’Arco, foto di User32212 da Pixabay.