“Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”*
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Il meccanismo pinteriano del viaggio a ritroso in una storia d’amore (o più sinceramente di sesso?) extraconiugale è perfetto: dalla disillusione condita di squallore e imbarazzo del rivedersi anni dopo l’addio a quella prima scintilla – ubriaca – che già aveva il sapore dell’amaro in bocca e presagiva il fallimento.
Non c’è felicità possibile nell’universo di Pinter perché qualsiasi rapporto – di amicizia, complicità, professionale o d’amore – è intriso di falsità e un non detto marcescente che corrode da dentro, langue in gola e si abortisce in parole insipide. In fondo, ogni personaggio di Pinter parla più a se stesso che all’altro da sé e all’altro da sé regala solo perle di fiele.
In questo caso il gioco, tutto intellettuale, per lo spettatore è proprio quello di cogliere nelle parole di tutti e di ciascuno il dettato di falsità – dato che lo spettatore è onnisciente, mentre i personaggi vivono nella parziale illuminazione di una verità che, in fondo, è intangibile quanto l’animo umano. Aldilà della menzogna palese, infatti, siamo noi stessi a continuare a mentirci in una sorta di eterna rincorsa a una giustificazione che ci ripaghi per le nostre vite insulse che – in quanto classe borghese che avrebbe potuto fare ben altro – ci siamo costruiti da soli.
Difficilissimo portare in scena Pinter perché si scade quasi sempre proprio nel dramma borghese. Tra i pochissimi a esserci riusciti, in Italia, la coppia Marconcini/Daddi grazie anche al metodo Straub, che permette loro di padroneggiare respiro e silenzi, dizione e sillabe di uno tra gli autori in un certo senso più ‘musicali’ del Novecento – grazie ai suoi contrappunti testuali costruiti su battute spesso brevi e lunghe pause.
La versione registica di Michele Sinisi, purtroppo, non coglie il valore dei silenzi (a tratti, solamente Stefania Medri ci riesce). Sinisi incespica nelle sillabe, rincorrendole, e Braschi, dopo un buon inizio, lo segue a ruota libera.
L’asciuttezza della scenografia è inficiata da scelte di dubbio gusto. Il marito tradito che entra indossando una testa d’alce (no comment, ma il ‘cervo a primavera’ non ha davvero il sapore del Nobel); il pollo bruciato con un saldatore portatile sarebbe più adatto al Sinisi performer; mentre il sacco che sembra dell’Ikea (ma saremmo nei primi anni 70) e dovrebbe rimandare a una borsa da viaggio è solamente fuori posto.
Le incongruenze abbondano ma non fanno da contrappunto: sono e restano stridenti. Le musiche della festa ambientata nel ’68 (si sarebbe potuto ambientare il medesimo spettacolo anche tra il 1997 e il 1988) vanno da Papa Don’t Preach di Madonna (del 1986) a Boys don’t cry dei Cure (del 1979) passando per gli a-ha di Take on me (1985). Le scene, a livello testuale, sono ambientate in Gran Bretagna ma i brani che si susseguono sono quasi tutti canzonette all’italiana. Il cameriere a Venezia (sorvoliamo che, per ragioni di economicità, sia Stefania Medri e che sarebbe stata meglio una voce off) parla con un improbabile accento siciliano. E se non bastasse, lo stesso Sinisi ha uno spiccato accento pugliese, suo proprio, che certo non lo rende credibile nei panni di un editore britannico.
Gli spettatori ridono (persino dopo il pestaggio a terra della moglie e in gran parte sono donne). Questo non è un buon segnale. Pinter avrebbe voluto ben altro che grasse risate da quello che fu, oltre a uno tra i suoi capolavori, anche la sofferta autobiografia del suo stesso tradimento.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Cantiere Florida
via Pisana, 111/R – Firenze
venerdì, 21 gennaio 2022
Tradimenti
di Harold Pinter
traduzione Alessandra Serra
regia Michele Sinisi
con Stefano Braschi, Stefania Medri e Michele Sinisi
scene Federico Biancalani
collaborazione artistica Francesco M. Asselta
aiuto regia Nicolò Valandro
produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale
con il contributo di Next-Laboratorio delle Idee
* Citazione da Ludwig Wittgenstein
venerdì, 11 febbraio 2022
In copertina: Stefano Braschi e Stefania Medri in una scena di Tradimenti, foto Luca Del Pia (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa del Teatro Cantiere Florida)