«Sono sicuro che faranno di tutto per rendere definitive le limitazioni della Libertà, anche a pandemia passata»
di Simona Maria Frigerio
La nostra redazione ha incontrato l’avvocato Fabio Bertazzoli durante la manifestazione di Milano del 15 gennaio scorso, quella che i telegiornali hanno liquidato con un termine biecamente cinematografico, ‘flop’ (dato che se nessuno rompe una vetrina è inutile parlarne, visto che si dovrebbero affrontare i contenuti e non le paure), e che ha, al contrario, accolto in piazza XXV Aprile, 10 mila persone che volevano aprire un dialogo costruttivo con coloro che, per mesi, li hanno semplicemente ghettizzati non per evitare il contagio, bensì per creare ad arte una figura di ‘untore’ e dividere la cittadinanza – probabilmente a scopi politici – tra ottemperanti/affidabili e critici/non affidabili.
Vista la circolazione del virus anche tra persone vaccinate e persino con il cosiddetto booster (fatto incontrovertibile certificato dai dati dell’ISS). E visto che i vaccini attualmente in uso non sono immunizzanti, bensì terapeutici – in quanto ridurrebbero la gravità della malattia, o almeno che operavano in tal senso riguardo alle varianti Alpha e Delta, dato che persino il dottor Bassetti ha affermato: “Io guardo i dati del Sudafrica: la letalità nella prima ondata era del 2,5%, nella seconda ondata del 4%, nella terza ondata del 2% e in questa ondata legata alla variante Omicron è allo 0,23%. Siamo a una letalità molto vicina rispetto a quella che caratterizzava l’influenza prima dell’arrivo del Covid”. A questo punto sembrerebbe opportuno fermarsi e capire, giuridicamente e politicamente, dove stia andando l’Italia tra obblighi e divieti sempre più palesemente liberticidi.
Per comprendere meglio i meccanismi di legge, abbiamo deciso di intervistare l’avvocato Bertazzoli, che esercita la professione a Milano, nel campo del diritto civile, è coordinatore dell’associazione culturale Tea Party Lombardia ed è stato, nel 2013/14, nella Direzione Nazionale del Partito Fare per Fermare il Declino.
In Italia è costituzionalmente legittimo imporre un obbligo terapeutico – come quello di vaccinarsi per gli over 50?
Fabio Bertazzoli: «L’obbligo è chiaramente illegittimo per svariate ragioni, alcune delle quali possono essere trovate nella nota sentenza della Corte Costituzionale (ud. 14-06-1990) 22-06-1990, n. 307, di cui cito qualche brano illuminante: “un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili”. È ormai appurato dagli stessi dati dell’ISS che tutti i vaccini (chiamiamoli così, per brevità…) contro il Covid possono avere, e hanno avuto, gravi o gravissimi effetti collaterali, compresa la morte. A oggi ci sono 16 casi (dati ISS) di correlazione diretta tra vaccinazione e successivo decesso. Obbligare qualcuno a vaccinarsi, correndo il rischio di morire o restare invalido, non solo è in contrasto con quanto affermato dalla Costituzione e ben chiarito dalla sentenza citata ma, a mio avviso, configura un vero e proprio crimine contro l’umanità. “Con riferimento, invece, all’ipotesi di ulteriore danno alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica – il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività non è da solo sufficiente a giustificare la misura sanitaria. Tale rilievo esige che in nome di esso, e quindi della solidarietà verso gli altri, ciascuno possa essere obbligato, restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a un dato trattamento sanitario, anche se questo importi un rischio specifico, ma non postula il sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri. Un corretto bilanciamento fra le due suindicate dimensioni del valore della salute – e lo stesso spirito di solidarietà (da ritenere ovviamente reciproca) fra individuo e collettività che sta a base dell’imposizione del trattamento sanitario – implica il riconoscimento, per il caso che il rischio si avveri, di una protezione ulteriore a favore del soggetto passivo del trattamento. In particolare finirebbe con l’essere sacrificato il contenuto minimale proprio del diritto alla salute a lui garantito, se non gli fosse comunque assicurato, a carico della collettività, e per essa dello Stato che dispone il trattamento obbligatorio, il rimedio di un equo ristoro del danno patito”. In sintesi, la Corte dice che anche qualora si possa costringere qualcuno a vaccinarsi, in caso di eventi avversi (che però si è già detto possono essere solo temporanei e di scarsa entità!) lo Stato deve risarcire il danno con un equo ristoro. Questo governo, al contrario, pretende che ci si faccia vaccinare prestando il cosiddetto ‘consenso informato’ di modo che risulti non già un obbligo ma una libera scelta del vaccinando, con esclusione quindi di ogni responsabilità civile, dopo che hanno escluso con il cosiddetto ‘scudo penale’ ogni loro responsabilità penale. Ad ogni buon conto, in merito al problema dell’obbligatorietà dei vaccini, mi permetto di inviare un mio pensiero, che avevo scritto qualche anno fa e che è tornato tragicamente di attualità [1]».
Da quanto dice, la successiva domanda non può che essere perché la Corte Costituzionale non intervenga. Vi sono impedimenti o procedure specifici che non permettono ai cittadini di appellarvisi o alla stessa di difendere un diritto costituzionale quando leso?
F. B.: «È un discorso abbastanza tecnico e complesso, che cercherò di semplificare. Vi sono, innanzi tutto, problemi di natura ‘tecnica’. Nel nostro ordinamento i cittadini non possono rivolgersi direttamente alla Corte Costituzionale. Possono solo, durante un giudizio, sottoporre la questione al Giudice della causa e costui, se ritiene la richiesta rilevante e non manifestamente inammissibile, sospende il processo e rimette la questione alla Corte (si veda art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87). Questo significa che prima che la questione arrivi alla Corte Costituzionale, c’è comunque bisogno che qualcuno agisca in un giudizio ordinario e c’è anche bisogno che il giudice provveda in tal senso. Quindi è impossibile che la Corte possa pronunciarsi immediatamente, ma deve aspettare che qualche Giudice la interpelli. Se consideriamo, inoltre, che all’inizio della pandemia tutti i processi sono stati sospesi, si capisce che alla Corte possano essere arrivati molto tardi eventuali richieste. Io spero, ad ogni modo, che prima o poi un forte intervento della Corte Costituzionale arrivi a spazzar via tutte le norme manifestamente incostituzionali emesse negli ultimi due anni. Un altro rilevante problema è legato alla successione dei decreti nel tempo, che fa venir meno l’interesse ad agire. Mi spiego: la Corte può dichiarare incostituzionale una norma, sempre che sia ancora esistente, perché se è già stata eliminata non c’è interesse a cancellarla. Il giochetto di fare continui decreti, che poi o non vengono convertiti in legge, oppure lo sono con modificazioni, salvo essere superati nell’arco di poche settimane dal decreto successivo, che poi dovrà (forse) essere convertito in legge, che poi sarà superata, eccetera, finisce per rendere davvero difficile riuscire a lottare giuridicamente contro queste norme. La realtà è che vi è una prima immensa lesione della Costituzione proprio nel ricorso alla legislazione di emergenza, laddove l’emergenza non c’è. E non mi riferisco all’emergenza sanitaria, quanto al dettato dell’art. 77 della Costituzione: “Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti”. Un decreto i cui effetti entrano in vigore dopo uno o due mesi, non è ontologicamente compatibile con i ‘casi straordinari di necessità e d’urgenza’. Inoltre emettere un decreto legge (o, peggio, un dpmc) che spieghi compiutamente tutti i suoi effetti prima della scadenza del termine di conversione in legge, è un abominio giuridico. Imporre con decreto una vaccinazione, e magari causare degli effetti avversi, comporta delle azioni non più revocabili. Nel caso i cui il decreto non venga convertito, i suoi effetti non possono più essere annullati. Anche questa, a mio avviso, è una gravissima responsabilità degli ultimi due governi, di cui dovranno prima o poi rispondere politicamente ma anche civilmente e penalmente. Per quanto riguarda i problemi di natura ‘politica’: si è detto che per poter arrivare davanti alla Corte Costituzionale c’è bisogno di intentare prima un giudizio davanti a un Giudice ordinario. Ma tutti i Magistrati che non si sono vaccinati o non accettano l’uso del Green Pass, sono stati sospesi. Quindi i giudizi sono tutti di fronte a giudici che hanno già in un certo senso preso una posizione nel momento in cui hanno accettato tali obblighi. Questo spiega anche come mai molti ricorsi (per fortuna non tutti) siano stati respinti: perché non ci si trova di fronte ad un giudice ‘terzo’ bensì a un giudice che è, in un certo senso, parte in causa del problema sollevato davanti a lui. Infine, ricordo che la Corte Costituzionale è in maggioranza di nomina politica: “La Corte Costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative” (art. 135 Cost.). È sempre possibile che un Giudice nominato dal Parlamento o dal Presidente della Repubblica emetta una sentenza che smentisce l’operato di chi l’ha nominato, ma si può ragionevolmente pensare che possa accadere solo in casi estremi. Poiché siamo di fronte a casi estremi, io spero che la Corte prima o poi intervenga».
Dal momento che è imposto l’obbligo vaccinale agli over 50 come si può ottemperare alla legge senza rilasciare il consenso informato che, in questo caso, non è più tale?
F. B.: «Parlare di ‘consenso’ in conseguenza di un ‘obbligo’ è un ossimoro. Se vengo obbligato, non debbo rilasciare proprio alcun consenso. Se rilascio il ‘consenso’ perché vengo minacciato, non si può più parlare di ‘consenso’, tanto mano informato. Ottenere il consenso a fronte della minaccia di sanzioni e a fronte della sottrazione delle libertà dell’individuo, a mio avviso può essere sussunto sotto queste fattispecie di reato: c.p. art. 610. Violenza privata: “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”; c.p. art. 612. Minaccia: “Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona, con la multa fino a euro 1.032. Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno. Si procede d’ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339. c.p. art. 339. Circostanze aggravanti… omissis… Se la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite, mediante uso di armi anche soltanto da parte di una di esse, ovvero da più di dieci persone, pur senza uso di armi, la pena è, nei casi preveduti dalla prima parte dell’articolo 336 e dagli articoli 337 e 338, della reclusione da tre a quindici anni e, nel caso preveduto dal capoverso dell’articolo 336, della reclusione da due a otto anni… omissis…”.
Aver reso impossibile a una parte della cittadinanza italiana di prendere i mezzi pubblici, di lavorare (diritto costituzionalmente garantito), di accedere ad attività ludico-ricreative, culturali e sociali. Aver creato de facto un sistema discriminante sulla base di scelte che rientrerebbero nel campo dell’autodeterminazione, è legalmente ammissibile in uno Stato democratico?
F. B.: «Le rispondo con una domanda: erano legalmente ammissibili le leggi razziali dello scorso secolo? Anche quelle norme erano state approvate nei Parlamenti di Italia e Germania, e formalmente erano legittime per chi ritiene che lo Stato possa legiferare anche violando i diritti naturali degli individui. La verità è che quelle leggi erano giuridicamente valide ma ciò nonostante erano illecite, in quanto emesse in violazione dei diritti inalienabili degli individui che nessuna maggioranza può mai negare, restringere o sacrificare. Per quanto riguarda le sperimentazioni mediche, perché di questo stiamo parlando, il processo di Norimberga 2 (quello ai medici nazisti) ha stabilito dei principi inderogabili poi ripresi dalla convenzione sui diritti umani e la biomedicina, o convenzione di Oviedo, del 1997. Auspico che in futuro si possa svolgere un nuovo processo di Norimberga, per accertare se effettivamente vi siano state, come credo, delle gravi violazioni dei diritti dell’uomo».
Il Green Pass è stato esteso anche alla categoria degli avvocati, ai consulenti e tecnici – finora ‘stranamente’ esentati. Come intende – se intende – reagire l’Ordine a questa imposizione di legge che implica altresì, nei confronti degli avvocati over 50, l’obbligo vaccinale?
F. B.: «Tutte le associazioni di categoria hanno dimostrato la loro inefficienza e la loro acquiescenza davanti a ogni sopruso perpetrato nei confronti dei loro associati dai governi degli ultimi due anni. Tutte si sono limitate a ‘pietire’ qualche misera elemosina. Il Consiglio Nazionale Forense – organismo apicale istituzionale dell’Avvocatura che rappresenta l’intera classe forense – al momento si è limitato soltanto a chiedere dei ‘chiarimenti’ sui termini di entrata in vigore dell’obbligo. Null’altro. Questo però non significa che tutti gli avvocati abbiano deciso di appoggiare l’attuale stupro dei diritti costituzionali oppure che si siano rassegnati a subirlo passivamente. Molti Colleghi stanno facendo tutto quanto in loro potere per contrastare questa deriva antidemocratica e si sta anche cercando di costituire un coordinamento nazionale. Non so se riusciremo a indire uno sciopero generale in modo da bloccare i Tribunali sino all’abolizione delle norme illegittime, ingiuste e incostituzionali. Temo di no, perché anche tra gli avvocati ce n’è una gran parte che si è lasciata suggestionare e plagiare dalla propaganda di regime che da ormai due anni sparge il terrore della malattia e della morte, lasciando credere che l’unica salvezza sia la vaccinazione di massa. Purtroppo, davanti alla paura, la maggior parte delle persone – anche colte, istruite e intelligenti – smette di ragionare e si lascia prendere da reazioni illogiche e irrazionali. Il regime e la sua propaganda stanno proprio facendo leva su questa paura, per dividere la popolazione e per fomentare l’odio nei confronti di chi si oppone a queste norme liberticide».
Un suo parere come avvocato. La cittadinanza italiana pare farsi sempre più di serie A, B o C. Infatti, in Emilia Romagna, se non si è vaccinati e ci si ammala, occorre fare un tampone sia per accertare la positività sia l’avvenuta negativizzazione. Ci troveremmo di fronte a una specie di cittadino di serie C, ossia inaffidabile. Se si è stati vaccinati con due dosi, ci si può autocertificare la positività ma non la guarigione. Avremmo un cittadino di serie B, mediamente affidabile. Se si è ricevuto anche il booster, si può autocertificare sia la positività sia la guarigione. Il booster non sarebbe l’elemento che ci immunizza bensì quello che rende il cittadino di serie A, altamente affidabile. Dal punto di vista del diritto ciò è ammissibile?
F. B.: «Non è ovviamente ammissibile da nessun punto di vista: giuridico, morale e nemmeno del buon senso. Sono anni che certi partiti parlano di lotta alle discriminazioni ma poi sono gli stessi che le discriminazioni, le hanno votate in parlamento. La verità è che le uniche e vere discriminazioni non sono affatto quelle compiute dai singoli individui ma sono proprio quelle fatte dallo Stato per il tramite delle leggi. La legge dovrebbe valere per tutti ma quando una legge discrimina una fascia di popolazione, a prescindere dal motivo, siamo davanti a un crimine di Stato. Fa davvero ridere vedere i paladini delle lotte contro le discriminazioni sessuali, razziali o religiose, votare compatti a favore della discriminazione sanitaria. Accettare l’uso del Green Pass, cioè del lasciapassare sanitario, è il primo passo verso la schiavitù di massa. La nostra Libertà non ci viene ‘concessa’ dallo Stato ma nasciamo con essa e nessuno dovrebbe mai accettare che possa essere revocata con un semplice click a distanza perché così ha deciso un funzionario pubblico. Invece gli italiani pare che stiano accettando anche questa imposizione, così come in maggioranza accettarono nel secolo scorso di prendere la tessera del partito fascista per poter lavorare. Le due circostanze sono molto diverse ma la vigliaccheria degli italiani che barattano così facilmente la loro libertà per avere qualche beneficio individuale è tristemente la stessa. Spero di sbagliarmi, ma temo che i prossimi mesi saranno ancora peggio di quelli passati e sono sicuro che faranno di tutto per rendere definitive le limitazioni della Libertà, anche a pandemia passata».
Venerdì, 21 gennaio 2022
In copertina: Foto di Engin Akyurt da Pixabay.
Nell’intervista: Foto di Gerd Altmann da Pixabay e Foto di WikiImages da Pixabay.
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