Il Covid-19 ha rimesso al centro il controllo del nostro corpo
di Simona Maria Frigerio
Fino a che punto lo Stato può interferire anteponendo alla nostra volontà scelte morali, diktat religiosi o pareri della comunità medico-scientifica?
Dopo averci impedito di lavorare (e per molti di guadagnare il sufficiente per vivere), fare una passeggiata all’aria aperta o incontrare il proprio partner, per un isterico imperio di conservarci in salute che ha travalicato non solamente i pareri del Comitato Tecnico Scientifico ma il semplice buon senso, molte sono le domande che sorgono spontanee, anche considerando due fatti che sono balzati sulle prime pagine di diversi online. Ossia, i bambini in attesa di adozione in Ucraina – bloccati dalla pandemia nel passaggio tra madre surrogata e genitori – e la perdita della patria potestà di una madre (contraria), in favore del padre favorevole alla vaccinazione del figlio.
Parranno argomenti molto distanti tra loro ma se si considerano altresì le lotte che le donne fecero negli anni 70 per rivendicare il diritto all’autodeterminazione femminile, in specifico relativamente all’interruzione volontaria di gravidanza, e le battaglie che oggi animano molti italiani che rivendicano la libertà di scelta sul fine vita o sul vaccinarsi o meno contro le influenze, si comprenderà che ognuno di questi temi è legato alla visione che una società ha di sé, ossia all’accettazione o meno di uno Stato etico – non tanto totalitario, quanto entità alla quale non potremo derogare in merito ai diritti individuali e alle scelte personali. Ed è uno Stato etico, liberista a livello economico ma liberticida rispetto ai diritti civili, quello che si sta profilando all’orizzonte – secondo noi minacciosamente.
Se pensate che si stia esagerando, potremmo considerare alcune dimostrazioni per assurdo (come quella da noi precedentemente formulata che se l’epidemia da Covid-19 fosse scoppiata in Puglia, la Lombardia e il resto d’Italia sarebbero state serrate per marciare tutti insieme alla Puglia: http://www.theblackcoffee.eu/larte-del-buon-governo/). In effetti, se si accetta l’autodeterminazione femminile privilegiando il diritto di scelta della donna di non avere un figlio sul diritto del nascituro di venire al mondo, e se si accetta che una donna – per scelta, ma più spesso per necessità – lavori 12 ore al giorno in un campo di pomodori o nelle maquiladoras, o anche 8 in un ufficio o 4 su un marciapiede (vendendo schiena e reni, testa, o altre parti del proprio corpo), perché sarebbe degradante che affitti il proprio utero? È un costrutto morale, di una parte della società, considerare più sacro l’utero del cervello. Un costrutto che non tiene conto che quello stesso utero, e il suo possesso esclusivo, è rivendicato magari dalle stesse donne quando si ricorra a un’interruzione volontaria di gravidanza. E se si volesse cavillare sui termini, proprio la volontà (personale) dovrebbe essere l’unico imperio alla quale la donna deve sottostare. Volontà – propria – di procreare o di non farlo, di vendere una gravidanza, oppure 8 ore della propria intelligenza, o altro. Ma se l’utero torna a essere argomento di discussione, trasformandosi in intoccabile ventre materno di matrice cattolica o parte talmente qualificante della donna da valere più del suo cervello, il rischio è un altro: l’inviolabile ventre diventa il bozzolo, la culla, l’incubatrice del feto che, trasformato in nascituro, avrebbe ogni diritto di prevaricare su una presunta volontà diversa della donna – dequalificata a madre. Bisognerebbe stare sempre molto attente, noi donne, quando blateriamo sulla dignità femminile perché il passo verso la santificazione è fin troppo breve.
Se volessimo davvero discutere di utero in affitto, le battaglie potrebbero essere molte ma altre, tipo dare adeguati compensi alle donne, salvaguardare la salute e la libertà di scelta, fare in modo che anche le coppie gay e le coppie etero non abbienti possano accedere alla surrogazione, e soprattutto chiedersi perché abbiamo bisogno di andare al supermercato a ordinare un figlio, invece di adottarne uno. Tutto il nostro istinto genitoriale, alla fin fine, si riduce a una serie cromosomica? E nel caso dell’eterologa (ossia l’uso di spermatozoi od ovociti di persona diversa dai membri della coppia in caso di infertilità od omosessualità) persino mezza serie va bene? Sembra di ordinare un prosciutto, tot all’etto.
Allo stesso modo, le donne del #MeToo, che difendono altre donne che hanno falsificato i giochi per vincere la partita, dovrebbero forse rispettare un po’ di più l’intelligenza del genere femminile e farsi venire il dubbio che quelle stesse donne, quando si comprano un ruolo sul grande schermo con relativo cachet in cambio di favori sessuali (ma anche una promozione in un normalissimo ufficio), magari si credono solamente più furbe, più accorte nel valutare la limitatezza delle proprie capacità, oppure più prone a concedere un paio d’ore sotto le lenzuola (o sopra una scrivania), che doversi sciroppare giornate di studio per un esame, o sei mesi di corsi di dizione. Pensiamo alla Svezia, che sancisce che qualsiasi rapporto senza preservativo è uno stupro (arma usata impropriamente contro Julian Assange, tra l’altro) e che, di conseguenza, fingendo di preoccuparsi della salute delle donne, ne conferma una minorità di fatto e di sostanza.
Ma lo Stato etico (o la società moralizzante) non si accanisce solo contro le donne, fingendo di difenderle e, in realtà, sancendone la succitata minorità, bensì contro qualsiasi comportamento che vada nella direzione del libero arbitrio. Quale altra ragione impedirebbe a uno Stato ufficialmente laico di rispettare le nostre volontà circa il fine vita o l’uso (ovviamente se non si guidano veicoli) di sostanze stupefacenti? A che pro tenerci attaccati a una macchina, per anni e a spese delle nostre famiglie (questo andrebbe sottolineato) se non per un distorto senso di cosa lo Stato possa o meno giudicare giusto? Ma giusto per chi? Non per chi abbia scelto l’eutanasia, al posto di anni di sofferenze o in coma; non per troppe famiglie, strangolate dai conti e straziate da un fine pena mai; non per la società e le sue magnifiche sorti e progressive, che non rallentano nemmeno di un passo per guardare a quei letti, o a quei malati terminali.
Lo Stato etico ha la verità in sé come lo Stato teocratico, sebbene vi sia una differenza di fondo: il primo si dice, spesso, laico; mentre il secondo, più onestamente, rivendica l’ascendenza diretta dal dio locale.
E chiudiamo con la sentenza emessa dal tribunale di Trento che ha deciso la diatriba tra una madre che non voleva sottoporre il figlio a nessuna vaccinazione e il padre che, al contrario, voleva vaccinarlo, dando ragione a quest’ultimo. Aldilà della decisione del giudice – nella quale non vogliamo entrare perché il discorso si farebbe troppo lungo benché ci domandiamo: se ormai quasi tutti i bambini sono vaccinati, chi potrebbe contagiare e da chi potrebbe essere contagiato il figlio di questa coppia? – fa specie l’affermazione dell’ex ministra alla Sanità, Beatrice Lorenzin: “Questa sentenza esemplare evidenzia ancora una volta che i figli non sono proprietà dei genitori ma, come riconosciuto dalla Carta del Fanciullo, sono titolari di propri diritti incomprimibili e il giudice in un ordinamento moderno e avanzato tutela l’inviolabilità dei diritti in capo al bambino anche di fronte ai genitori”. La sentenza non tutela per niente la volontà del bambino, che non è in grado di scegliere, per non avere consapevolezza in merito, quindi tutela solo la volontà dello Stato o di un articolo dei Diritti del bambino, scelto da adulti. Ma a questo punto dovremmo considerare il vaccino contro il morbillo un diritto inviolabile? E allora, tutte le donne africane che non possono comperare una retina per proteggere il letto, dove dormono i propri bambini, dalle zanzare che portano la malaria devono perdere la patria potestà? E che fare delle madri che trasmettono l’Hiv ai figli, magari inconsapevolmente? E di quelle che abortiscono dopo uno stupro, le incarceriamo – non come in un Paese islamico, bensì a El Salvador? E se decidono di interrompere una gravidanza perché il nascituro avrebbe gravi deformazioni o deficit intellettivi o malattie che ne impedirebbero una vita dignitosa?
Di fronte al fatto che i figli non sono proprietà dei genitori, proseguendo con le nostre dimostrazioni per assurdo – ma non tanto – cosa ne facciamo dell’autodeterminazione se i genitori sono Testimoni di Geova e si oppongono a una trasfusione per il figlio? E degli over 65 che non vogliono sottoporsi alla vaccinazione contro l’influenza e, per questo, dovrebbero essere esclusi dalla vita associativa: li sottoponiamo alla tutela dei figli pro-vax? E se al contrario lo Stato etico cominciasse a imporre scelte quali la circoncisione per tutti i maschi, pratica che potrebbe persino essere definita in sé utile all’igiene? Oppure di fare sempre e comunque una serie di vaccinazioni indipendentemente dai fattori di rischio e dai possibili effetti collaterali – sebbene, per esperienza personale, sappia che non esistono due virologi concordi sul fare le medesime vaccinazioni quando si vada all’estero. E cosa penseremmo di quei diktat in bilico tra il tribale e il religioso che vanno dal niqab al burka e arrivano perfino all’infibulazione? La sequela potrebbe essere infinita. Fino a che punto ammetteremmo che lo Stato scelga per noi?
Quando uno Stato interviene anteponendo la propria visione etica della vita a quella delle persone direttamente coinvolte, il corollario è la dittatura – ovviamente per il nostro bene. Ma questa non è libertà.
25 agosto 2020
In copertina: Particolare di una stampa di un Manifesto di Propaganda della Repubblica Popolare Cinese – Foto di Luciano Uggè.