La congiura delle polveri – dalla storia al film culto fino alla nostra realtà
di Simona Maria Frigerio
Un po’ di storia, un po’ di fantasy, un po’ di parole in libertà. In questi giorni in cui già si ventila di estendere il green pass oltre il 31 dicembre ma, soprattutto, di rendere pressoché ‘normale’ lo ‘Stato d’emergenza’, ci si accorge che il senso della democrazia e delle libertà civili è ormai sepolto nella mente degli italiani. Le parole hanno perso valore o cambiato di significato: in parte ci eravamo già abituati – bombe ‘intelligenti’, ‘effetti collaterali’ invece di vittime civili, missioni di pace per decenni di guerra, ci avevano assuefatti a interpretare la realtà attraverso il linguaggio edulcorato o volutamente terroristico dei mass media. Ma sentire la stampa nazionale elogiare gli accordi del G20 sul clima quando all’estero si è notato come non vi sia nessun preciso impegno per le emissioni 0 né sanzioni e, quindi, mezzi coercitivi perché sia rispettato un tale accordo; e sentire il Premier Draghi affermare di “aver riempito di sostanza i bla bla bla” (come ci mancano le ‘convergenze parallele’ di democristiana memoria), significa che siamo andati oltre: siamo entrati nel mondo della narrazione mediatica che sostituisce quella reale del reale.
Facciamo un passo indietro. Giacomo I: assolutista, teocratico, garrulo e spendaccione
Il 19 marzo 1604, Giacomo I d’Inghilterra entra nel Parlamento inglese per pronunciare il suo primo discorso come sovrano. Vi è trepidante attesa per quanto dirà perché sia i puritani sia i cattolici sperano che il nuovo re (di madre cattolica: la defunta May Stuart, Queen of Scots) abbia posizioni più aperte della deceduta Elisabetta I d’Inghilterra verso le minoranze religiose. Ma la delusione sarà cocente per entrambe le parti. Giacomo è, innanzi tutto, un convinto sostenitore della monarchia per diritto divino e un convinto difensore dei suoi privilegi – come scriverà anche in The True Lawe of Free Monarchies, del 1598, e Basilikon Doron, dell’anno successivo (per chi voglia approfondire e regga la prosa pedante del nobile erudito). Come monarca assoluto non ammette, quindi, né una eventuale sottomissione al primato religioso del papa (ricordiamoci che Enrico VIII aveva fondato quella che sarà la Chiesa anglicana essenzialmente per sposare Anna Bolena, della quale si sbarazzerà a tempo debito condannandola al patibolo), né quella di chi voglia fargli la ‘morale’ o controllarlo dal punto di vista finanziario – come tenterà di fare la Camera dei Comuni, nella quale siedono parecchi cosiddetti puritani.
Il nuovo sovrano, logorroico e spendaccione (qualità delle quali si lamenteranno negli anni successivi i membri del Parlamento), non arriva in Inghilterra con la fama di figlio devoto. A dimostrazione, il minimo interesse verso quella madre, Mary Stuart che, non solo era stata imprigionata per quasi vent’anni (senza sollevare da parte sua grandi manifestazioni di appoggio) ma la cui decapitazione non gli sollecitò più di una – tanto formale, quanto blanda – protesta nei confronti di Elisabetta I, alla quale il degno rampollo mirava di succedere, sul trono d’Inghilterra.
Il re si fa notare fin dal matrimonio con Anna Oldenburg (l’avventura della tempesta di ritorno dalla Danimarca la tralasciamo, insieme all’ultimo capolavoro di Shakespeare) come campione di credenze superstiziose (peggio di Macbeth). Tanto da perseguitare le cosiddette ‘streghe’ e da scrivere un libro con un titolo eloquente come Daemonologie. Prodigo impenitente, come scrivevamo, dispensa a piene mani regalie e titoli sia a favorite ‘di facciata’ sia a favoriti ‘reali’ (scusate il gioco di parole), dato che da omo/bisessuale – più o meno platonico, non è dato sapere – pur perseguitando la sodomia in pubblico, che definisce crimine ‘orribile e imperdonabile’, la pratica in privato (non a caso vola di bocca in bocca, mentre è ancora in vita, un epigramma latino che così lo dileggia: “Rex fuit Elisabeth, nunc est regina Jacobus”, ossia “Elisabetta fu re, ora Giacomo è regina”).
Sul versante degli sprechi di corte e dell’ingraziarsi i favori dei succitati giovani avvenenti – e delle dame ovviamente ‘disinteressate’ – una delle tante spese folli del re (il documento ufficiale è disponibile su https://www.nationalarchives.gov.uk/education/resources/james-i/james-is-extravagance/) riguarda uno specchio ricoperto di diamanti di vari formati e caratura, oltre che di numerose altre pietre preziose, del valore complessivo di 2.739 sterline. Si può capire quanto valesse il ‘gingillo’ agognato confrontando detta cifra con quella che Giacomo voleva estorcere annualmente ai sudditi (il suo ‘gregge’, come lo definì nel discorso al Parlamento del 1604 sul quale torneremo), ossia 600.000 sterline per saldare i suoi debiti, in cambio dell’abolizione di dieci concessioni reali, oltre a una rendita di 200.000 sterline l’anno – il cosiddetto Great Contract del 1610, che non riuscì mai a farsi approvare dalle Camere, le quali controllavano la tassazione e le spese dello Stato (o almeno tentavano di farlo).
Durante il suo regno non sarà un caso se Giacomo I concede al Parlamento di riunirsi solamente tra il 1604 e il 1610 per cinque sessioni, per poi dissolverlo stizzito. Il secondo periodo di ‘legalità democratica’ (come la definiremmo oggi) dura molto meno: dal 5 aprile 1614 al 7 giugno dello stesso anno. Poi, il ‘nostro’ governa con il solo appoggio dei favoriti di corte (spesso incapaci ma prestanti e avvenenti giovanotti), fino al 1621, quando il nuovo Parlamento, convocato il 30 gennaio, rimane in carica fino al 18 dicembre (dello stesso anno). Ossia finché provoca un nuovo attacco di stizza al sovrano – non avallando le velleità militaresche dello stesso di accendere la miccia che farà deflagrare la Guerra dei Trent’anni (ma qui la storia si farebbe troppo lunga). L’ultima sessione sarà convocata dal 19 febbraio al 29 maggio 1624, e sarà definitivamente dissolta alla morte di Giacomo I, il 27 marzo 1625.
Dati i rapporti tesi con il Parlamento, negli anni di monarchia, Giacomo I non esita a imporre nuovi dazi doganali senza l’approvazione delle Camere, minacciandone quindi le prerogative in fatto di governance della finanza nazionale. Per racimolare ‘spiccioli’ si dà alla svendita dei titoli nobiliari e alla vendita delle concessioni monopolistiche. Scrive l’ennesimo libro, questa volta contro il tabacco (A counterblaste to Tobacco, 1604) per poi ‘dimenticarsene’ quando si rende conto delle entrate che la pianta può fornire. In soli quattro anni e senza dover finanziare alcuna guerra (grazie alla pace stipulata con la Spagna, di cui dobbiamo dargli atto), Giacomo I riesce a raddoppiare il debito lasciato dalla bellicosa Elisabetta I. Come? Grazie a una vera mania per oggetti raffinati così come per i masque dei King’s Men di Shakespeare; per le residenze reali ideate da Inigo Jones e per i costumi e le scenografie dei Queen’s masque dove la regina si diletta (come Luigi XIV di Francia) nei panni di prima ballerina.
Un sovrano, quindi, che – aldilà delle controversie religiose – è tutto tranne che un ‘sincero democratico’. Mentre sebbene il Parlamento inglese non fosse allora espressione del suffragio universale, per quanto riguarda la Camera dei Comuni, era formato almeno da una Camera ove gli eletti non erano membri dell’aristocrazia o favoriti imbelli, bensì proprietari terrieri e borghesi di ceto medio-alto. La sua politica assolutistica, perseguita anche dal figlio Carlo I, porterà l’Inghilterra alla guerra civile, vinta dalle armate parlamentari.
Carlo I, succeduto al padre nel 1625, tenterà infatti di abolire la Magna Carta e, come il padre, di riscuotere le tasse senza l’assenso parlamentare. Ben prima di Luigi XVI, sarà processato e giustiziato, il 30 gennaio 1649, per alto tradimento nei confronti del popolo inglese (avendo dato l’avvio alla Seconda guerra civile, considerata un inutile spreco di vite umane, dato che – persa la prima – gli era stato offerto di ricoprire quello che si potrebbe considerare il ruolo di monarca costituzionale ante litteram).
Oliver Cromwell, tra il 1648 e il ‘49, finirà quello che avevano iniziato i congiurati il 5 novembre 1605.
La congiura delle polveri: l’uomo può fallire, non le idee
Per apprezzare in pieno le idee di Giacomo I è interessante rileggere alcuni passi del discorso che tenne al Parlamento inglese il 19 marzo 1604 (https://quod.lib.umich.edu), nel quale proclama: “What God hath conjoined, then let no man separate”, ossia: “Ciò che Dio ha unito, l’uomo non separi” – non riferendosi, però, al voto coniugale bensì all’unione presuntuosamente sacra tra Scozia e Inghilterra. E più oltre prosegue: “I am the husband, and all the whole isle is my lawful wife. I am the head and it is my body. I am the Shepherd and it is my flock”, ovvero: “Io sono il marito e l’intera isola è la mia legittima moglie. Io sono la testa ed essa è il mio corpo. Io sono il pastore e il [popolo] è il mio gregge”, dimostrando – in una società patriarcale e maschilista come quella del Seicento e dove il profluvio di retorica era pari a quello dell’antica Roma – che lui è il capo dell’intera Gran Bretagna, vi comanda come un marito fa sulla moglie o come il cervello ha imperio sul corpo, e agisce in tal modo per diritto divino – si noti l’uso della metafora biblica del pastore.
Per quanto riguarda la situazione di cattolici e protestanti, il discorso è quanto mai chiaro: Giacomo I ritiene di professare l’unica vera fede (cosa che, del resto, si continua a fare tutt’oggi in gran parte del mondo), permessa in pubblico e garantita dalle leggi, mentre ‘in agguato, nelle viscere’ della nazione, si annidano un’altra ‘specie’ di religione e una setta privata – formate, rispettivamente, da coloro che si nominano erroneamente cattolici ma sono papisti, e dai puritani (nota 1).
Senza essere pedanti quanto l’erudito Giacomo I (che produsse una discreta quantità di prosa e poesia, non eccelsa ma cospicua, in vita e, dovendo anche dominare più che governare un regno, non si capisce quando e come fece in tempo a scriverla…), chiuderemo con alcune tra le affermazioni successive, dalle quali si evince come le speranze dei cattolici, ma anche dei puritani (ossia di quei protestanti che, prima che si configurasse la Chiesa anglicana come la intendiamo oggi, speravano in una riforma calvinista e non semplicemente in un’emanazione religiosa simil-cattolica con a capo un sovrano laico invece di un papa), furono deluse. Giacomo I, in breve, divide i cattolici in clerici e laici. I primi intende scacciarli bellamente dal suo regno – analogamente a quanto avevano fatto, precedentemente, Isabella I di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona, nel 1492, quando decretarono l’espulsione degli ebrei dalla Spagna. Per i secondi si dimostra più ‘benevolo’, essendo gli stessi maggiormente giustificabili ai suoi occhi ‘illuminati’ in quanto i loro convincimenti si basano su una religione (leggasi il cattolicesimo) che professa in sé un tipo di fede cieca nei propri ministri. Ne consegue che i laici non possono essere considerati colpevoli in prima persona delle eresie e della corruzione dei loro maestri – in quanto debbono credere loro senza porsi dubbi (nota 2).
Il 5 novembre 1605 la congiura delle polveri non giungerà a compimento. La Camera dei Lord, che avrebbe dovuto accogliere il re, non esplode durante la cerimonia d’apertura del Parlamento. I congiurati cattolici, capeggiati da Robert Catesby, periscono in vari modi, alcuni combattendo altri impiccati. Guy (o Guido) Fawkes, arrestato e torturato, dopo l’impiccagione è persino squartato.
Il fantasy storico: V per Vendetta e la nostra realtà
Nel 1982 esce una miniserie di fumetti scritta da Alan Moore e disegnata da David Lloyd, che si ispira alla congiura delle polveri. Ci troviamo in una Gran Bretagna distopica da 1984 di George Orwell. Il regime totalitario rinchiude le minoranze discriminate in campi di concentramento. Il popolo, pian piano, si abitua alla situazione de facto e accetta di essere controllato da un sistema di sorveglianza, e di credere ciecamente nella propaganda di mass media asserviti. Il potere utilizza abilmente sia la coercizione delle menti sia la polizia per reprimere qualsiasi forma di dissenso.
Nel 2005, da questa serie, il regista australiano James McTeigue trae il suo film culto, V for Vendetta. Anche nella trasposizione cinematografica si è in presenza di un regime dittatoriale, meno grottesco ed epico di quello descritto ne La Caduta di Friedrich Dürrenmatt, ma ugualmente a ‘pedine e pedoni’. A capo della nazione, l’Alto Cancelliere Adam Sutler, una versione quasi macchiettistica di Adolf Hitler (anche nel titolo roboante), interpretato curiosamente da John Hurt che, in 1984 di Michael Radford, era il ‘sovversivo’ destinato alla sconfitta, Winston Smith.
Nella pellicola, come nella striscia, il potere perseguita gli oppositori politici e le minoranze – omosessuali e lesbiche, persone di fede o etnia differente, stranieri – considerati tutti portatori di una qualche tara o di un temibile virus che ha dato l’avvio all’isteria popolare, la quale ha permesso, a sua volta, l’instaurazione di una specie di eterno regime d’emergenza (ogni riferimento a fatti o persone realmente esistite o esistenti è puramente casuale…). A proteggere e temere Sutler, Peter Creedy, il potente Capo della polizia segreta, l’Heinrich Himmler che aspira a subentrare alla carica di Alto Cancelliere.
Accanto al dittatore, a parte la polizia segreta (com’è ovvio), emergono le figure di Lewis Prothero, La Voce di Londra, ossia l’anchorman che sa e professa l’unica verità, la cui veemenza è tutta tesa a inculcare la stessa nella mente del ‘popolo bue’; e Roger Dascombe, il caporedattore (dalla faccia pulita) della più importante emittente televisiva del Paese – ossia, gli esponenti del potere mediatico propagandistico del nuovo millennio. Coincidenza vuole che tutto ciò accada nel 2019 (vedasi il disclaimer). La sicurezza, dalle malattie come dalla guerra, è garantita dalla perdita delle libertà civili e individuali. Qui inizia il film.
Quello che colpisce della pellicola di Mc Teigue, però, non è tanto il suo contenuto o l’iconografia utilizzata per restituirlo al pubblico. Altri film e libri hanno percorso la medesima traiettoria. Facciamo qualche esempio. Pensiamo a Fatherland, il libro del ʻ92 di Robert Harris, o a La svastica sul sole di Philip K. Dick – dove la Seconda guerra mondiale è stata vinta dal Terzo Reich. A livello iconografico, la Tv dalla quale l’Alto Cancelliere/Grande Fratello comunica con i suoi cittadini era già presente in 1984 di Bradford. Il virus che potrebbe azzerare la nostra idea di democrazia, oltre che parte del genere umano, era protagonista di L’esercito delle 12 scimmie, uno tra i migliori film di Terry Gilliam. E ancora, sempre di quest’ultimo, ricordiamo Brazil – ove si mischiano la burocrazia distopica da Processo kafkiano con l’azzeramento del pensiero differente (inteso anche come sogno) e il controllo totale dei cittadini attraverso l’informazione (nel duplice senso: ottenere informazioni sulla vita privata, i pensieri e le opinioni degli individui, e distorcere la realtà attraverso il controllo dell’informazione massmediatica).
Nulla di nuovo, quindi, sotto il sole?
Non proprio. Il film ha un fulcro che, visto il presente distopico in cui viviamo, aggiunge un tassello: le case farmaceutiche e il dubbio bandito dalla scienza. Il potere economico delle prime e il conseguente azzeramento dell’ipotesi alternativa. Non è poco. Pensiamo alla rincorsa alla terza dose di Pfizer in Italia o Israele (contestata, ad esempio, in questo articolo: https://www.repubblica.it/salute/2021/10/26/news/terza_dose-323804474/). Il parallelo è urticante. Delia Surridge, la scienziata con le migliori intenzioni che sviluppa un’antipatia verso le sue cavie/vittime (tipica dei medici e dei guardiani nei lager e in ogni istituto di reclusione dove si applichino misure coercitive), e che troppo tardi si accorge del proprio errore e della disumanità di quanto ha fatto, è per lungo tempo la punta di diamante della ricerca scientifica e, come tale, si sente gratificata ed è pronta a tutto pur di difendere i propri studi e metodi. Ma la scienza privata del dubbio diventa fede e la fede, come sappiamo, non ammette dubbi.
Il film punta anche sulla stigmatizzazione del diverso e, vista la bocciatura del ddl Zan, potremmo dire che l’Italia ha perso, ancora una volta, l’occasione per seguire la sua Costituzione laica invece dei diktat vaticani – nel film, a proposito, il ruolo del vescovo Lilliman che, prima, sembra impersonare quei funzionari della Croce Rossa che visitavano i campi di concentramento nazisti senza rendersi conto di cosa stesse accadendo (il Museo dell’Olocausto a Washington conterrebbe circa 25 mila documenti, tenuti a lungo segreti, che confermerebbero questa orribile verità) e, poi, il prete pedofilo – simbolo della sequela di scandali della Chiesa Cattolica che ha preso il via intorno al 2002 e non si è più spenta.
Il finale in cui tutti i pezzi del puzzle si ricompongono è, però, diverso. Trascinante come la marea umana, i corpi che tornano a stringersi gli uni agli altri. Non è solamente il Covid che ci ha allontanati ma anche la consapevolezza, indotta dal potere negli ultimi vent’anni, che manifestare non serve a niente. In effetti, se non si manifesta per qualcosa che interessa al potere, i mess media operano da tempo un occultamento del dissenso. I giochi a livello politico ed economico si vincono su altri tavoli: quanti tra di voi hanno letto e visto le proteste di questi giorni? (https://www.dinamopress.it/news/le-vostre-soluzioni-sono-il-problema-al-oggi-via-il-g20/)
Ma in V per Vendetta emergono due immagini/pensieri forti. “Non sono i popoli a dover aver paura dei propri governi, ma i governi che devono aver paura dei propri popoli” (Thomas Jefferson, ripreso da V). Oggi ci troviamo di fronte a un partito di non eletti che fagocita tutto e tutti con a capo un premier che ‘salvò l’Italia dallo spread’, opportunamente quando era troppo tardi (https://www.antimafiaduemila.com/home/di-la-tua/239-parla/82487-come-mario-draghi-non-ha-salvato-i-cittadini-europei-ma-l-oligarchia-finanziaria.html); un’Europa di Commissioni non elette che dirige le politiche nazionali al fine di arricchire la grande finanza e sacrifica alcuni Paesi (leggasi la Grecia) per arricchirne altri (la Germania, che se l’è comprata); la sovranità monetaria sperperata sull’altare di un’Europa che ci consegna a un’eterna stagnazione o, peggio, a una marcescente stagflazione.
E intanto l’Italia crede di filare a gonfie vele mentre, secondo l’Ocse, nel 2022 dovrebbe tornare alla situazione del 2019 – ovvero a un’economia ‘stagnante’; e l’antifascismo di bandiera non si accorge che un Paese consegnato a Commissari non eletti e a una Banca Centrale che non risponde a un Parlamento è, oggi, il vero fascismo.
Il secondo pensiero forte è: “Questo Paese ha bisogno di qualcosa di più di un palazzo. Ha bisogno di speranza”. La speranza è la vera vittima non di 20 mesi di terrore per un virus – che, prima, uccideva gli 80enni e ora dagli 85 anni in su (dati ufficiali alla mano) – bensì di vent’anni di timori indotti a suon di Tg e dichiarazioni politiche. Paura delle ‘invasioni’, dei migranti, dei poveri, delle bombe d’acqua, del cambiamento climatico, dei furti in casa, dei terroristi, dei diversi, delle perturbazioni numerate, del caro vita, della mancanza di lavoro, delle ‘stangate’, delle zanzare tigre, dell’Europa che chiede ‘lacrime e sangue’ e dello sterminio delle api!
Di tutto di più: viene in mente uno spettacolo del 2012 di e con Chiara Vallini: Don’t go out Mrs Brown (https://teatro.persinsala.it/dont-go-out-mrs-brown/5019/).
Chi baratta la libertà con la sicurezza, non avrà né libertà né sicurezza.
(Nota 1) “At my first comming, although I found but one Religion; and that which by my selfe is professed, publiquely allowed, and by the Law maintained: Yet found I another sort of Religion, besides a priuate Secte, lurking within the bowels of this Nation. The first is the true Religion, which by me is professed and by the Law is established. The second is the falsly called Catholikes, but truely Papistes. The third, which I call a Secte rather then Religion, is the Puritanes & Nouelists”;
(Nota 2) “[…] as to the persons of my Subiects which are of that profession, I must diuide them into two rankes, Clerickes and Layickes; for the part of the Layicks, certainly I euer thought them farre more excusable then the other sort, because that sort of Religion containeth such an ignorant, doubtfull, and implicit kinde of faith in the Layickes grounded vpon their Church, as except they doe generally beleeue whatsoeuer their Teachers please to affirme, they cannot bee thought guilty of these particular points of heresies and corruptions, which their Teachers do so wilfully professe […]. But for the part of the Clerickes, I must directly say and affirme, that as long as they maintaine one speciall point of their doctrine, and another point of their practise, they are no way sufferable to remaine in this Kingdome”.
Venerdì, 5 novembre 2021
In copertina: V per vendetta, la copertina del DVD originale.