I paesaggi della mente di Eugenio Tibaldi
di Luciano Uggè
Perché si pensa che un’opera d’arte sia unica e irripetibile, fissa come il sorriso sibillino della Gioconda? Già con Andy Warhol abbiamo digerito l’idea che l’arte è prodotto e, come tale, riproducibile. Anzi, a ben vedere, lo era persino nelle copie di bottega o nelle acqueforti eppure, in epoca di industrializzazione, la differenza avrebbe dovuto farla il design – prodotti pensati da un artista ma riprodotti su larga scala per il mercato, come quelli Arts and Crafts, che ponevano l’accento sul valore dell’artigianalità, o gli oggetti di design industriale dei maestri e degli allievi del Bauhaus. Ma Wharol è riuscito a ‘surclassare’ tutti eleggendo un prodotto della sottocultura pubblicitaria e consumistica, come un fustino di detersivo in polvere, quale opera d’arte della nostra in-civiltà. La riproducibilità/serialità si è trasformata in fattore che non deprezza più il manufatto – il quale, nell’arte concettuale, addirittura si smaterializza in idea, realizzata eventualmente da altri. Ormai alcuni fanno arte – come fosse una mutanda di Armani – mettendo una firma.
E allora, tornando all’incipit, se tutte le nostre concezioni teorico-estetiche sono diventate obsolete, perché un’opera d’arte, oltre a poter essere riproducibile, o realizzata da altri, non dovrebbe potersi modificare nello spazio e/o nel tempo? Perché dovrebbe rimanere fissata – per sempre – su un supporto, in uno spazio/tempo chiuso?
Siamo partiti da questa domanda di fronte a un lavoro di Eugenio Tibaldi, in mostra alla Tenuta dello Scompiglio di Vorno, dove – il 25 settembre – abbiamo visto una sfilza di bicchieri di vino rosso, appesi a una corda, nei quali si stava formando la muffa. Da quella semplice osservazione e dall’invito dell’artista a ritornare dopo un mese – per ammirare il paesaggio che si sarebbe creato naturalmente nei calici, se avessimo dato il tempo al vino di ammuffire – abbiamo inserito un nuovo tassello nel nostro puzzle. Lui ci ha invitati a sederci in poltrona per ammirare un’opera d’arte o, meglio, un’azione artistica mentre si evolve, concedendoci il tempo di pensare – proprio del mistico, del filosofo, e aggiungeremmo del Buddha sulla riva del fiume. E noi abbiamo accolto l’invito perché l’idea di un’arte in progress, come la vita di ognuno di noi, ci appartiene e perché il nostro Settimanale, in quanto online, è esso stesso in continua evoluzione. A differenza della carta stampata è messaggio che fugge nella rete, dove può essere captato anche a distanza – nel tempo e nello spazio.
Dopo un mese eccoci, quindi, tornare di fronte a Landscape creator per scoprire l’universo in un mallo di noce, l’idea di una montagna in formazione, i disegni astratti che sottili ramificazioni possono suggerire alla nostra mente (dato che è con la mente e non con gli occhi che cogliamo significati e similitudini e, quindi, vediamo veramente). Tibaldi ci ha raccontato di essersi accorto di questo processo, proprio delle muffe, dimenticando un bicchiere di rosso sorseggiato in studio. Per quanto possa apparire strano, quest’opera ha un suo perché intrinseco al lavoro dell’artista e alle sue ossessioni: i ricordi, la loro accumulazione, il tempo che passando lascia una patina su oggetti che, trasferiti in un altro contesto o sfiorati da un altro sguardo, accostati in maniera inedita, assumono nuovi significati (come raccontato nella prima parte di questo pezzo, pubblicata l’8 ottobre: https://www.inthenet.eu/2021/10/08/eugenio-tibaldi-presenta-architetture-dellisolamento/). Un in progress che può essere sorseggiato a lungo come un buon vino…
Nella stessa stanza, infine, i castelli e le dimore di campagna dei Savoia – simboli di potere – in una serie di stampe anch’esse provenienti dalla casa dello storico che ha dato l’idea a Tibaldi per l’intera installazione Architetture dell’isolamento, ospite dello Scompiglio fino al 30 gennaio 2022. Qui un oggetto di piacere – un dildo – reinterpretato nelle maniere più diverse, con dimensioni fuori scala e, quindi, in grado di essere letto dal visitatore quale oggetto a volte fantastico, e altre perturbante, irrompe come secondo elemento per restituire un nuovo senso all’azione artistica di Tibaldi: può il piacere, o la passione, sfuggire alle logiche di potere? Lasciamo al visitatore il gusto di scoprire se e come.
La mostra continua:
Tenuta dello Scompiglio
via di Vorno, 67 – Vorno (LU)
fino a domenica 30 gennaio 2022
Eugenio Tibaldi presenta:
Architetture dell’isolamento
a cura di Angel Moya Garcia
venerdì, 5 novembre 2021
In copertina: Eugenio Tibaldi, Architetture dell’isolamento, 2021. Particolare da: Landscape creator, materiali vari, vino. 250x120x50. Courtesy l’Artista e Associazione Culturale dello Scompiglio. Foto di Lorenzo Morandi (tutti i diritti riservati).
Nel pezzo: Eugenio Tibaldi, Architetture dell’isolamento, 2021. Particolare da: Landscape creator, materiali vari, vino. 250x120x50. Courtesy l’Artista e Associazione Culturale dello Scompiglio.