Conoscenza materica e realtà virtuale
di Luciano Uggè
Lucca, 17 ottobre, ore 17.00. Presso la Fondazione Ragghianti, Alessandro Romanini ha introdotto l’incontro con l’artista multimediale Federica Marangoni – intitolato, come il libro che le dedicò Pierre Restany, Elettronica: madre di un sogno umanistico (presentato al Guggenheim di Venezia nell’ormai lontano 2002).
Durante l’incontro – che avrebbe potuto essere un evento di grande prestigio se Lucca avesse risposto con maggiore interesse allo stesso, che ha portato nella piccola città toscana una tra le artiste italiane più note al mondo, con una carriera che l’ha vista ospite delle maggiori istituzioni museali e manifestazioni artistiche – Marangoni ha raccontato il proprio lavoro partendo da alcune considerazioni personali circa la Biennale di Venezia, alla quale ha partecipato a più riprese – tra il 1970 e il 2011 – quando ha partecipato al Padiglione italiano a cura di Vittorio Sgarbi.
Fin dai primi anni, Marangoni – dato che vive e lavora a Venezia (dove ha fondato lo studio Fedra Design) – mostra un interesse particolare per il vetro, grazie anche alla proficua collaborazione che avvia con gli artigiani di Murano. In lei, in effetti, già nelle prime opere, si delineano forme e stilemi – quali la ricerca a livello di materiali, il suo rispetto e il confronto serrato con chi realizza manualmente le sue sculture od opere di design, e una leggerezza e fragilità perseguite anche attraverso la fluidità dei media scelti che, col passare degli anni, assemblea, creando non solamente oggetti ma prodotti di video-arte dal forte impatto emotivo e contenutistico. Tra questi spicca The Box of Life, un film in 16 mm presentato al MoMa di New York nel 1980 sulla violenza contro le donne. Ovviamente non si sta parlando di film di genere narrativo bensì (come ha dichiarato in un’intervista a Laura Leuzzi ed Elaine Shemilt) di una ‘quarta dimensione della scultura’ – così che la stessa possa prendere vita.
Marangoni ha poi ricordato come sia più facile lavorare – in quanto artista – negli Usa (pensiamo soprattutto a campi tuttora poco praticati in Italia come le video-installazioni o la performance art), e il maggior riconoscimento che espressioni e linguaggi creativi alternativi possono avere Oltremanica.
Molti i video proiettati per accompagnare il suo racconto, tra i quali Aria, opera in mostra all’Hara Museum di Tokyo, nel 1990: una decina di monitor disposti circolarmente intorno a un’installazione composta da 2.000 kg di pezzi di vetro e cristallo azzurri. E se sui monitor i gabbiani sono in volo, i riflessi del vetro danno l’impressione o di un cielo stellato o di un mare punteggiato dai riflessi del sole. E ancora, The Electronic Rainbow, installazione multimediale presentata alla Biennale di Venezia nel 1997 – un arcobaleno di vetri multicolore con 15 monitor, perfettamente inserito tra gli alberi del cortile dell’Arsenale a metà strada tra la pace di un giardino Zen e l’immagine fantastica di una natura distopicamente tecnologica.
Interessante altresì l’approccio di Marangoni all’uso del neon come mezzo per comporre parole/simbolo, ad esempio in Tolerance – In-tolerance del 2004, opera video presentata alla Remy Toledo Gallery di New York, dove la scrittura si sposa con una serie di immagini fortemente impattanti che si susseguono con un ritmo e un sottofondo rumoristico che ne esacerbano il significato e inducono a uno stato d’ansia. Marangoni, del resto, nei suoi lavori, affronta spesso tematiche spinose – oltre alla violenza contro le donne e quella tour-court, l’inquinamento atmosferico, il disinteresse dell’Occidente verso la povertà dell’Africa.
Al termine dell’incontro, la consegna del Premio alla carriera di Over the Real – realizzato da Lino Strangis – e la speranza di Marangoni di presentare a breve una mostra antologica delle proprie opere.
Venerdì, 12 novembre 2021
In copertina: Particolare dell’immagine di Over the Real dell’evento Elettronica: madre di un sogno umanistico, dedicato a Federica Marangoni.