Kafkiani si nasce, Fantozziani si diventa
di Noemi Neri
Il D-Day si avvicina: dal 15 ottobre, secondo l’ultimo delirio governativo, il Green Pass sarà obbligatorio per accedere ai luoghi di lavoro. Inutile ribadire l’illegittimità e l’anticostituzionalità di tale provvedimento. Mentre il resto del mondo apre, togliendo le restrizioni e tornando a portare a capienza i luoghi pubblici, in Italia se si vuole condurre una vita pre-covid, bisogna essere vaccinati.
In molti, in attesa di tempi migliori, hanno rinunciato al ristorante, alla palestra, al museo, limitando la propria libertà, ma quanti potranno rinunciare anche solo temporaneamente al lavoro? Una domanda la cui risposta evidentemente non interessa al Ministro Orlando, dal momento che il Governo ha introdotto un Decreto (DL 127 del 21/09/2021) che agisce in maniera coercitiva e la stampa propagandistica parla delle persone che si devono ‘ancora’ vaccinare, come se fossero solo ritardatari o indecisi. Nessuno sembra contemplare che ci siano persone che non si sono vaccinate per scelta e che, nonostante tutti i provvedimenti messi in atto, uno più deplorevole dell’altro, non si vaccineranno.
Per entrare nel luogo di lavoro, dunque, un numero indefinito di persone di cui avremo una proiezione più realistica proprio dal 15, dovrà imbattersi nel ridicolo calvario dei tamponi. Un sistema di controllo che non ha a che vedere con aspetti sanitari, bensì è un ulteriore modo per rendere impossibile la vita a un non vaccinato, o come piace al Ministro Brunetta, un modo per alzare il costo economico e psichico alle persone che hanno scelto di non vaccinarsi (le sue esatte parole: “per gli opportunisti contrari al vaccino”); stessa cosa che accadrà a tutte quelle persone che si sono vaccinate con reticenza per incertezza o con riluttanza per non perdere il posto di lavoro, se non dovessero superare indenni il 31 ottobre, giorno in cui ci sarà il nuovo sblocco dei licenziamenti.
A parte l’assoluta illogicità di far fare ogni 48 ore un tampone a una persona sana, in assenza di sintomi, a spese proprie e, allo stesso tempo, non far fare mai un tampone a una persona vaccinata ugualmente a rischio e contagiosa e, probabilmente, più asintomatica. Ma sorvoliamo sugli aspetti logici che non sono un punto forte di questo Governo, basti pensare che il Green Pass è obbligatorio per i magistrati ma non per gli avvocati, i quali inevitabilmente condivideranno i medesimi spazi lavorativi. Oppure a tutti quei genitori che senza Green Pass non possono entrare velocemente a scuola a prendere i figli, ma possono entrarci liberamente in tempo di elezioni, contemporaneamente a molti altri genitori, facendo anche la fila; problema relativo quest’anno a Bologna, vista la scarsissima affluenza alle comunali.
Ammettiamo dunque di voler almeno provare a conservare il posto di lavoro facendosi tre tamponi a settimana – se fortunati, in farmacie convenzionate, alla modica cifra di 180 euro al mese (https://www.google.com/amp/s/it.finance.yahoo.com/amphtml/notizie/covid-spread-sui-tamponi-europa-152144513.html) – e ci renderemo conto che quella del tampone non è una reale alternativa.
Intanto occorre considerare che le disposizioni richiedono il controllo del Green Pass al momento dell’ingresso al lavoro, ma non sono mancati casi di allontanamento di dipendenti, nella fattispecie maestre, a cui il Pass era scaduto durante l’orario di servizio. Un allontanamento illecito che oltretutto vìola la privacy, come sottolineato dallo Snals-Confsal (Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori Scuola). Non si è considerato chi ha necessità di spostarsi da una sede all’altra durante la stessa giornata, dunque può avere il Green Pass attivo la mattina ma scaduto al pomeriggio. Non si è considerato che, per ovvi problemi informatici di malfunzionamento e sovraccarico, a volte a seguito di un tampone il Green Pass non arriva e non è possibile recuperare l’authcode in quanto non generato. Non si sono considerate nemmeno le farmacie, con le quali non sono state né discusse né condivise le modalità di gestione dei tamponi e che, già adesso, si ritrovano oberate con difficoltà nell’erogazione dei farmaci e dovendo sostenere il costo delle numerose stampe di esiti e Pass. Del resto, sono tante le conseguenze e gli effetti collaterali relativi alle decisioni politiche, di cui il Governo non si fa carico, pur pretendendo di tenere il popolo sotto ricatto, una dose dopo l’altra, togliendogli il lavoro.
Facciamo un focus sul Comune di Bologna, dove le farmacie aderenti al progetto regionale, dunque in cui è possibile effettuare il tampone a 15 euro, secondo l’elenco fornito dalla Regione stessa aggiornato al 3 settembre 2021, sono 96. I residenti del Comune di Bologna sono poco meno di 395 mila secondo i dati Istat di gennaio 2021. Non è stata pubblicata da nessuna parte la percentuale dei vaccinati nel Comune, esiste un report solo a livello regionale, per cui non è possibile capire quanti potrebbero potenzialmente necessitare di un tampone a Bologna per ottenere il Green Pass, senza contare tutti i non residenti presenti.
Per avere un’idea approssimativa della reale richiesta di un tampone per presentarsi al lavoro il lunedì, ho provato a indagare cosa succede la domenica nelle farmacie bolognesi e ho scoperto che su 96, quelle aperte sono 13. Tra queste, 4 non effettuano tamponi, 1 è impossibilitata perché in ristrutturazione, 1 non esiste più ma è solo online. Delle restanti 7, in 6 sono piene fino alla fine dell’anno con solo tre eccezioni per un posto di domenica mattina ma a fine novembre o dicembre. L’ultima farmacia restante ha il primato di avere la prima disponibilità domenicale in tutto il Comune, il 31 ottobre, poi se ne riparla la seconda metà di novembre.
Come stanno reagendo i farmacisti? C’è chi in maniera tradizionale prende appuntamenti facendo sold out in poco tempo, chi invece ha smesso di prendere appuntamenti e tiene a disposizione un’infermiera in una fascia oraria che varia e viene comunicata all’ultimo momento. C’è chi crea una sorta di lista d’attesa dando dei numeri: bisogna andare la mattina, possibilmente con pranzo al sacco perché potrebbe andare per le lunghe, prendere il numero e tenersi pronti in caso di rinuncia da parte di un prenotato. C’è chi fa i tamponi solo in due giorni alla settimana, chi regolarmente dal lunedì al sabato, chi si è organizzato tramite App, chi si sbilancia un po’ preoccupato e confida di avere prenotazioni fino a metà 2022.
Insomma, per chi deve lavorare facendosi tre tamponi a settimana e non si è ancora organizzato, la formula migliore a Bologna in questo momento è quella del sabato, lunedì, mercoledì invece di domenica, martedì e giovedì. In alternativa, ci sono tutte le farmacie non convenzionate, gli ambulatori privati e anche chi effettua il tampone a domicilio, basta pagare. Oppure ancora, ci si può mettere in macchina e andare verso i Comuni limitrofi. Dopo i vari regali post vaccino, manca solo un catalogo a punti per i tamponi per completare il no sense che accompagna gli italiani come la nuvola di Fantozzi.
Il dato più evidente è che adesso, prima ancora della data X, le farmacie sembrano essere già al collasso. Il Governo, con l’introduzione del DL 127/2021, a fronte della numerosità della popolazione non vaccinata, si sarà posto il problema di essere in grado di garantire i mezzi per ottenere il Green Pass al di là delle esenzioni e vaccinazioni? Come si ripercuoterà tutto questo sul mondo del lavoro? Da una parte abbiamo i dipendenti obbligati a fare la corsa al tampone con tutti i disagi che ne conseguono, dall’altra i datori di lavoro che potrebbero trovarsi con personale sospeso e difficile da sostituire per esperienza e competenze specifiche; non solo, spetterebbe proprio a loro sostenere i costi dei tamponi. Infatti, le misure adottate dal Decreto in questione sono volte ad “assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato”. In materia di sicurezza sul lavoro ci viene in aiuto il D. Lgs 81/2008, secondo il quale in nessun caso le misure adottate per la sicurezza, igiene e salute durante il lavoro, devono comportare oneri per i lavoratori. In questa confusione tipicamente italiana, non è difficile prevedere un futuro prossimo di scioperi, malattie, cause, sospensioni, licenziamenti.
Sul sito del Ministero della Salute, come in molti articoli giornalistici, si legge che il Green Pass esteso a tutto il mondo lavorativo sarà in vigore fino al 31 dicembre – e si aggiunge in maniera fuorviante – “fine dello stato di emergenza”. Questo inciso induce erroneamente a pensare o sperare che tutto questo finisca con il prossimo anno, ma potrebbe non essere così. Le limitazioni alla libertà di circolazione infatti, possono essere adottate indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di emergenza, le cui casistiche sono state disciplinate solo poco più di dieci anni fa.
È chiaro che l’Italia non ha nessuna intenzione di lasciare libera scelta al cittadino in merito alla vaccinazione contro il Covid-19, in ogni modo sta dicendo al popolo cosa deve fare del proprio corpo, un obbligo inaccettabile, soprattutto di fronte a un vaccino sperimentale per il quale sono stati saltati molti passaggi di studio, accorciando all’inverosimile i tempi di produzione dello stesso, in nome dell’emergenza (*). Non sono stati fatti, per esempio, studi sulle interazioni farmacocinetiche, tossicocinetica, genotossicità, carcinogenicità, così come non si conosce la potenzialità di creare patologie autoimmuni. Inoltre, non si ha un reale dato rispetto agli effetti collaterali gravi e anche mortali, benché siano usciti articoli in merito alle conseguenze negative post vaccino – tanti casi con reazioni avverse non li conosciamo perché non segnalati o censurati, e che i dati forniti dall’Aifa siano discutibili si evince da un semplice confronto con i dati degli analoghi organi farmaceutici ufficiali degli altri Paesi.
Di fronte a tanta fretta, poca chiarezza, una stampa sempre più conformata a servizio del Parlamento, è indecente pretendere che le persone non siano libere di scegliere per il proprio corpo, pena la perdita del lavoro e della vita sociale.
Adesso abbiamo compreso cosa intendeva il Ministro Draghi con l’espressione “Se non ti vaccini muori”, troppo frettolosamente interpretato “muori di Covid 19”, no, era muori, ma di fame.
venerdì, 8 ottobre 2021
In copertina: Foto di Tho-Ge da Pixabay.