Dai cunti dei paladini ai conti di guerra
di Simona Maria Frigerio
Un tempo il cuntista, in Sicilia, girava le piazze come gli antichi menestrelli o cantastorie e solo con l’arte della narrazione (che era insieme affabulazione, interpretazione, tecniche di respirazione ed emissione vocale) incantava il pubblico con vicende epico-cavalleresche di origine medievale, simili a quelle utilizzate dai pupari, che andavano dalle gesta dei Paladini di Francia all’Orlando Furioso. Esponente di questa tradizione resta Mimmo Cuticchio, che applaudimmo nel 2018 a Orizzonti Verticali.
Nel medesimo solco affabulatorio, sul palco de La Città del Teatro, apre la Stagione Davide Enia con Maggio ʻ43. La caratterizzazione dei personaggi (che non scadono mai in macchiette), il sottofondo musicale, la costruzione degli episodi con un ritmo preciso che, a livello emotivo, calibra riso e tragedia, e a livello compositivo il motivo sotteso agli imprevisti di colore, restituiscono allo spettatore – con la sola forza della narrazione – la tridimensionalità della Palermo bombardata dagli aerei statunitensi. La guerra, con le sue macerie che paiono inconcepibili (come la scomparsa di qualsiasi via di accesso a una città) e il suo dolore corale (un solo interprete dà voce a una marea umana) si materializzano davanti ai nostri occhi.
Non più la singolar tenzone cavalleresca, bensì la guerra – ‘brutta sporca e cattiva’. Epperò, anche nel frangente inimmaginabile, resta forte il legame umano sebbene piovano su Palermo bombe – come a breve ne sarebbero bastate solo due (Little boy e Fat man: non è uno scherzo, agli statunitensi piace chiamare le guerre, azioni di pace, e dare nomignoli innocui ad armi di distruzione di massa che, guarda caso, usano solo loro) per inondare di morte Hiroshima e Nagasaki.
“L’amor che move il sole e l’altre stelle”, anche a Palermo, non è un qualche Dio che dall’alto dirige e dispensa, bensì l’affetto sgrammaticato che lega un orfano allo zio burbero, lo strazio di un uomo in cerca della mano tranciata per recuperarvi la fede, il pianto composto di una madre che bagna un lembo di veste per pulire il viso del figlio morto, l’amore insensato di un figlio verso un padre ormai moribondo, al punto da volergli comprare le medicine al mercato nero – anche se non serviranno a nulla.
La Seconda guerra mondiale – ma potrebbe essere quella dei Balcani, la Siria, l’Afghanistan negli ultimi vent’anni d’invasione statunitense (e Italiana), il Vietnam, la Libia o la Somalia. Eppure anche in guerra, nel momento in cui l’essere umano esprime il peggio di sé, resta il conforto della condivisione, il tepore di un abbraccio.
Di questi tempi, al contrario, come ha fatto notare Enia salendo sul palco, i vuoti in platea sono più eloquenti dei pieni.
Lo spettacolo è andato in scena:
sabato 25 settembre 2021, ore 21.00
La Città del Teatro
via Tosco Romagnola, 656 – Cascina (PI)
Maggio ʻ43
di e con Davide Enia
e con il musicista Giulio Barocchieri
venerdì, 1° ottobre 2021
In copertina: da destra, Davide Enia e Luca Marengo, Direttore artistico de La Città del Teatro, al ritiro del Premio Le maschere del Teatro italiano 2021. Dopo aver ricevuto il Premio come Miglior Autore di novità, Enia ha dedicato lo stesso ‘agli sconfitti del mondo’. (Foto gentilmente fornita dall’Ufficio stampa de La Città del Teatro).