L’incomunicabilità – dal sentimentale al linguistico
di Simona Maria Frigerio
Assonanza tematica bergmaniana tra i due spettacoli ai quali abbiamo assistito oggi. Il Raymond Carver famoso per quella raccolta di racconti intitolata Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, reinterpretato liberamente da Dimitri / Canessa, e un excursus su idiomi che stanno scomparendo (perché non solamente le specie animali si estinguono) e vocaboli intraducibili – dato che ogni lingua è espressione di una cultura, un sapere e una storia unici – nell’ultima performance di Sotterraneo.
“Tutto era disposto come lo era stato nella stanza: comodino e abat-jour dalla parte di lui, comodino e abat-jour dalla parte di lei. La parte di lui, la parte di lei. Sorseggiava whisky e rifletteva su questo punto”. In milioni abbiamo letto questa frase, in milioni siamo cresciuti intrisi di un amore smozzicato, frasi abortire, una sigaretta e un bicchiere di whisky o gin o rum – a seconda del libro o del film statunitense che ha accomoagnato la nostra ʻeducazione sentimentale’. Raymond Carver, come J. D. Salinger o Charles Bukovski, e prima di loro i Fitzgerald, i Chandler, il monumento della letteratura statunitense, William Falkner, hanno segnato il nostro modo di intendere il rapporto con l’altro da sé – queste relazioni che faticano, si interrompono, ci fagocitano ma consolano anche, abbracciano o respingono, ricomprendono o allontanano. Siamo tutti incomprensibili eppure nella tenace ricerca di un incontro che ci spieghi a noi stessi, che ci unisca a un altro essere/mondo intimamente inconoscibile, insondabile, inafferrabile nella sua totalità, poiché speriamo di esperire come accettabile un universo spesso più confuso di un sogno nella fredda luce dell’alba – il giorno dopo.
Frammenti, e attraverso di essi ricostruire una vita, la nostra, e un senso alla stessa. Sul palco, coi mezzi propri del teatro, Elisa Canessa – regista – tenta questo difficile puzzle evitando di scadere nel verboso e, con pochi mezzi, dà ritmo e forma tridimensionale alle parole scritte e agli universi sentimentali descritti da Carver. Impresa non facile. Ci riesce solo a tratti perché la poesia (soprattutto di Carver) ha bisogno di tempi dilatati, di silenzi, di ʻvecchiaia’, di ricordi e rimorsi e rimpianti e non detti. Alcune scene hanno completezza e pregnanza, altre si perdono, inceppano il meccanismo teatrale o interrompono il sostrato emozionale: sono troppo sguaiate o troppo veloci e ʻgiovani’. Buona prova attorale ma, a volte, si ha la sensazione più dello studio che di uno spettacolo compiuto.
Lost in translation potrebbe essere il sottotitolo alla nuova opera collettiva di Sotterraneo, Atlante linguistico della Pangea.
In questo lavoro si notano molti tra i punti di forza ma anche i limiti della Compagnia. Se da un lato, a livello tecnico – luci, suoni e rumoristica, apparato scenico, interpretazione, mix di linguaggi, tempi e, soprattutto, una sottile ironia in sottotraccia – non si ha la minima sbavatura, è il contenuto a mancare.
L’idea dell’intraducibilità di alcuni termini dovrebbe condurre a riflettere sulla specificità culturale e la ricchezza, a livello antropologico, del possedere un patrimonio linguistico vario, con conseguente presa di coscienza che la scomparsa di qualsiasi idioma è, in certo senso, un lutto perché ci impoverisce come umanità. Questo discorso – proprio a causa della scrittura collettiva – è però frammentato in sketch che, spesso, non solamente fanno perdere il filo del ragionamento ma ne inficiano il potenziale drammatico. Non vi è né un crescendo né un climax che giustifichino la gravità della denuncia. Facciamo un esempio. L’ironica scena della morte della renna, quella della lettera a Elon Musk (pungente la domanda sul significato del verbo ʻcolonizzare’ – Marte – e le sue implicazioni) e quella finale, con la morte di una lingua quando venga meno l’ultima donna che la parla, sono talmente sconnesse tra loro da non riuscire a ricreare un clima e un filo logico tali da condurre dall’ironia al perturbante fino ad arrivare al vuoto della perdita. Manca la compattezza o, forse, quello humor corrosivo che avevamo letto, in sottotraccia, in War Now (https://www.inthenet.eu/tag/teatro-sotterraneo/, che si giovava anche dell’apporto di Valters Sīlis alla scrittura e regia) o in Homo Ridens (https://www.inthenet.eu/2015/10/18/homo-ridens/); o la solidità di Patogeno – grazie al testo firmato Albert Ostermaier (https://teatro.persinsala.it/patogeno/19739/).
Qui rimaniamo, al contrario, in superficie cercando di restare a galla tra una serie di luoghi comuni – dal fatto che non si possa affrontare Schopenhauer senza aver letto Kant alla noia che suscitano le persone quando fanno domande fini a sé stesse alle quali si auto-rispondono – con alcuni sprazzi caustici e/o poetici come quello tra i due amanti, avvolti in sacchi a pelo/preservativi, che forse rimandano sia ai primi tempi dell’Hiv (che non sono certamente finiti, dato che nel 2020, mentre l’occidente smaniava dietro al Covid che falcidiava la popolazione over 70 e oltre, 1 milione e 500 mila persone, soprattutto giovani e africani, il futuro quindi è non il passato dell’umanità, morivano uccise dall’Aids), sia a questo nuovo mondo dove la polizia, invece dei mafiosi, arresta gli amanti e si entra nei teatri, anche se vaccinati e ʻtamponati’, a distanza e mascherati (eppure, nella cultura pop, V per Vendetta dovrebbe aver insegnato a cosa portano le isterie pandemiche e il terrore verso l’altro da sé).
Qua e là, quindi, i Sotterraneo graffiano ma, nel complesso, mancano della ferocia e della compattezza di precedenti lavori – proprio in tempi in cui la loro sagacia sarebbe necessaria.
Gli spettacoli sono andati in scena nell’ambito di Kilowatt Festival:
Sansepolcro, varie location
venerdì 23 luglio 2021, ore 17.50
Teatro della Misericordia
Ad esempio questo cielo
con Federico Dimitri e Andrea Noce Noseda
regia Elisa Canessa
costumi Joachim Steiner-Oberndörfer
disegno luci Marco Oliani
ore 21.20
Auditorium Santa Chiara
Atlante linguistico della Pangea
concept e regia Sotterraneo
scrittura Daniele Villa
con Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrino, Daniele Pennati e Giulio Santolini
luci Marco Santambrogio
costumi Eleonora Terzi, Laura Dondoli
sound design Mattia Tuliozi
elementi scenici a cura del Laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione
macchinista costruttore Sergio Puzzo
grafica Lorenzo Guagni, Jacopo Jenna
responsabile produzione Eleonora Cavallo
produzione Sotterraneo
con il contributo di ERT – Emilia Romagna Teatro, Fondazione CR Firenze
sostegno Regione Toscana, Mibac
Venerdì, 6 agosto 2021
In copertina: Pangea by Sotterraneo. Foto di Francesca Cappi (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa di Kilowatt Festival)