L’imperatore Marilyn Manson
di Simona Maria Frigerio
“Gaio vive per la rovina sua e di tutti; io educo una vipera per il popolo romano, un Fetonte per il mondo”, così racconta lo storico Svetonio che l’Imperatore Tiberio – a sua volta, non certo un ‘santo’ – giudicasse il futuro erede, Caligola.
“Il mio regno, a tutt’oggi, è stato troppo felice. Né una religione crudele; né una pestilenza universale e neanche un colpo di Stato; insomma, niente che possa tramandarlo alla posterità. E un po’ anche per questo […] mi sostituisco io alla peste”, così Caligola si presenta nelle vesti grandiose e crudeli, con le quali lo ammanta la penna insieme poetica e filosofica di Albert Camus.
Di fronte a tali sublimi abissi, a una brama di vita che si sazia solamente con la morte di chiunque lo circondi e l’annientamento finale di se stesso, Jonathan Bertolai – senza timori reverenziali, senza concessioni al buon gusto borghese ma dimostrando, al contrario, quella libertà ideologica ed estetica che un artista deve possedere – mette in scena (grazie al corpo scabrosamente autentico e all’estro talentuoso di Ian Gualdani) un Caligola che prosciuga mito e testo per restituirci l’impudica ossessione dell’uomo/dio non tanto per Drusilla ma per quella stessa Luna, che è insieme simbolo incestuoso e aspirazione all’assoluto, a cui agogna il giovane Imperatore conscio di essere predestinato al disastro.
Con una cifra stilistica ben delineata – dove si nota la matrice del Carretto traslata però in visione personale – Bertolai attinge a vari linguaggi – dalla danza alla musica, dall’iconografia pop-rock à la Manson alle video-installazioni, dal teatro di figura alla recitazione – per creare uno spettacolo che (e scusate il parallelismo ma, visto che vi abbiamo assistito in serata di finale degli Europei, ci pare calzante), dopo due minuti, suscita questa domanda: “Dove vorrà andare a parare?”.
E questo, nel teatro di oggi, è il più grande complimento che si possa fare a un regista. Per una volta, soprattutto nel magnifico Teatro del Giglio di Lucca (troppo spesso soffocato da personaggi televisivi e nomi di botteghino), ecco che la tradizione – quella a cui dovrebbe ispirarsi proprio il Giglio per sua mission – il testo del Nobel per la Letteratura Albert Camus, si fa carne e sangue per un palcoscenico contemporaneo: svecchiato, depurato, reso nuovamente tagliente e profetico, abissale e utopistico.
Del resto, il Teatro del Carretto è ormai tradizione e occorrerebbe che, in primis, lo capissero coloro che il teatro lo vedono per il loro lavoro – ossia critici e organizzatori. In questa Italietta ancorata a generi e categorie, dove la tendenza è incasellare inventando sempre nuovi termini (fin dai tempi di nuovo teatro, post-avanguardia, e così via), occorre riconoscere che una Compagnia che lavora da quarant’anni su un preciso territorio, costruendo un percorso stilistico, estetico e di contenuti riconosciuto e plaudito in tutto il mondo (con personale alla Biennale Teatro di Venezia nel 2017) dovrebbe essere la (articolo determinativo) Compagnia della ‘tradizione lucchese’. Perché Shakespeare, signori, è considerato da noi un classico, ma a suo tempo fu tutt’altro: fu ricerca e sperimentazione e fare teatro di tradizione non significa riproporre Shakespeare (o Molière o Racine) con le incrostazioni matattatoriali delle compagnie di giro dell’Ottocento, o dei primi decenni del secolo breve, bensì rileggerlo con gli occhi di oggi – tra Covid e crisi economica, tra cellulari che sostituiscono la visione e compartecipazione diretta (anche a teatro) e reality fasulli come monete da 3 euro.
Detto questo, forse una piccola ingenuità l’abbiamo rilevata. Quando Caligola usa varie ‘vocine’ per dare la parola ai cortigiani, si sarebbe potuto optare per altro – come fece, ad esempio, Maria Grazia Cipriani (regista e fondatrice del Carretto), con gli dei dell’Iliade, che usò le voci peevish dei bambini di un asilo.
Uno spettacolo che si spera torni con la Stagione autunnale, anche a Lucca, in serate meno calcistiche.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro del Giglio
piazza del Giglio 13/15 – Lucca
domenica 11 luglio 2021, ore 21.00
Caligola. Underdog/Upset
regia Jonathan Bertolai
con Ian Gualdani
sound design Hubert Westkemper
light design Orlando Bolognesi
fonico Luca Contini
tecnico luci Mattia Bagnoli
elementi scenici Rosanna Monti
scenotecnica Giacomo Pecchia
realizzazione video Diego Granzetti e Giovanni Adorni
foto e grafica Manuela Giusto
produzione Teatro Del Carretto
I prossimi appuntamenti di Piazza del Giglio – edizione 2021:
venerdì 16 luglio
Astor Querido – 100 anni con Piazzolla
venerdì 23 luglio
Grandi Discorsi
di Renata Palminiello
sabato 24 luglio
Poetica
concerto dedicato a Robert Schumann
venerdì 30 luglio
Barzellette
di e con Ascanio Celestini
venerdì 6 agosto
La serva padrona
Venerdì, 16 luglio 2021
In copertina: Caligola, foto di Manuela Giusto (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa del Teatro del Giglio).