Inaugurata la mostra estiva della Fondazione Ragghianti
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Lucca, 8 luglio 2021. La città murata par excellence si apre ad altre visioni – utopistiche, oniriche, futuribili, in essere e soprattutto in divenire – dello spazio urbano, il luogo della socialità e della condivisione esperienziale umana, grazie a un’esposizione di materiali frutto di linguaggi e discipline diversi, raccolti dall’architetto Italo Rota in quattro decadi di attività.
Oltre cinquecento pezzi che spaziano dai libri e i manuali delle avanguardie dell’architettura del primo Novecento ai lungometraggi dei cineasti che utilizzarono le utopie architettoniche quali scenografie delle loro visioni distopiche – come l’espressionista Fritz Lang – o esaltatrici dell’epica wagneriana à la Leni Riefenstahl. Dalla grafica e poetica dei Futuristi russi post-rivoluzione d’Ottobre agli approfondimenti sugli architetti che hanno fondato la modernità della disciplina e di cui furono maestri – Frank Lloyd Wright, Richard Buckminster Fuller e Le Corbusier. E ancora, dalle visioni fantascientifiche (ma basate su conoscenze scientifiche puntuali) di Isaac Asimov alla realtà cibernetica degli anni Sessanta fino alle soluzioni componibili transculturali del razionalismo scandinavo.
Sottotraccia o fil rouge della mostra l’oggetto libro come mezzo bidimensionale di trasmissione del sapere e testimonianza artistico-culturale che, a settembre – annuncia Italo Rota in conferenza stampa – passerà il testimone al videogioco, quale medium tridimensionale di conoscenza e sperimentazione della realtà (forse aumentata). Essendo esposizione “non lineare”, come spiega lo stesso Rota, le nostre suggestioni saranno solamente tali dato che ognuno potrà trovare i suoi percorsi di senso e di fruizione.
A inizio mostra, ovviamente, non può mancare un Progetto per la nuova stazione di Milano di Antonio Sant’Elia del 1914, una copia del Manifesto de L’architettura futurista e (sul soppalco) ESSO – Delle cose che appartengono a tutti ‘il segno di energia’ di Mario Schifano (1962). Di Dziga Vertov, il celebre inventore del cineocchio, in esposizione il lungometraggio L’uomo con la macchina da presa del 1929 – peccato non vi siano sedie per godersi uno tra i capolavori degli albori del cinema e la fruizione su un piccolo monitor, ad altezza bambino, non contribuisce a evidenziarne il valore. Altrettanto interessante per comprendere l’iconografia e l’estetica nazista, il lungometraggio di Leni Riefenstahl, Olympia (1936), purtroppo altrettanto poco fruibile – tenuto anche conto dell’importanza della bellezza dei corpi e della magnificenza delle riprese di quello che fu il documentario che immortalò le Olimpiadi del 1936, a Berlino (e le quattro vittorie, con relativi ori, di Jesse Owens, che non gli bastarono per ricevere udienza da Roosevelt, il quale temeva di perdere le elezioni presidenziali ricevendo l’atleta e campione afroamericano).
I libri in mostra, e soprattutto i cataloghi e i volumi tecnici, in teca, certamente si conservano e preservano. Ma il fatto che il visitatore non possa sfogliarne almeno alcuni o delle copie (o, ancora meglio, dei formati in digitale – come ci è capitato, ad esempio, per gli spartiti di Paganini Rockstar – https://www.inthenet.eu/tag/mostra/ a Palazzo Ducale) inficia la possibilità di trasmettere davvero valori di conoscenza al pubblico, se si esclude il piacere di alcune copertine disegnate da artisti e fotografi.
Convince poco anche la ics rossa sui materiali iconografici nazisti. Sebbene Rota, in conferenza stampa, abbia giustamente sottolineato l’impronta pedagogica propria delle dittature (parlando di alcuni giocattoli nazisti in mostra), la stessa impronta è insita in questo segno rosso che vuole negare alla vista (del visitatore) ciò che si è comunque scelto di mettere in esposizione. Dovrebbe essere il visitatore, come cittadino e persona pensante, a vedere e giudicare.
Interessanti le pubblicazioni californiane degli anni 60 dalla beat generation e i figli dei fiori fino ai viaggi lisergici di Timothy Leary. Suggestioni nostalgiche anche con il manifesto di Frank Zappa e i Fab Four.
Diffusi nelle varie sale dei video dove il collezionista, Italo Rota, racconta e spiega perché abbia scelto questo o quel cimelio – con piccole note personali a margine. Curiosi e piacevoli tutti, ma, come scrivevamo, sarebbe stato meglio dedicare almeno la sala video ai lungometraggi di cui abbiamo scritto e al video della Disney.
Aldilà del côté architettonico (soprattutto delle prime decadi del Novecento), gli altri materiali in mostra riportano più all’idea dell’evoluzione della cultura di massa del secolo breve che non a scelte di urbanistica o di fruizione dello spazio città. Forse manca un fil rouge davvero solido per unire materiali così diversi e, spesso, poco fruibili.
La mostra continua:
Fondazione Ragghianti Studi sull’arte
Complesso di San Micheletto
via San Micheletto, 3 – Lucca
da venerdì 9 luglio a domenica 24 ottobre 2021
orari: fino al 31 agosto, da martedì a domenica, dalle ore 16.30 alle 22.30
dal 1° settembre al 24 ottobre, dalla martedì alla domenica dalle ore 11.00 alle ore 19.00
Pianeta città
Arti cinema musica design nella Collezione Rota 1900-2021
concept mostra Paolo Bolpagni con Aldo Colonetti, Italo Rota e un comitato scientifico di professionisti delle discipline coinvolte
Il libro della mostra:
Pianeta città
Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’arte
saggi di Paolo Bolpagni, Francesco Careri, Aldo Colonetti, Daniele Ietri, Franco La Cecla, Eleonora Mastropietro, Alessandro Romanini e Italo Rota
Venerdì, 16 luglio 2021
In copertina, l’immagine della mostra.