Una nuova rubrica per rileggere la ʻstoria’
di Lucia Mazzilli
Inauguriamo questa settimana la rubrica Strane storie rivolta a presentare personaggi e situazioni che appartengono alla realtà storica ma che, per ragioni diverse, rimangono spesso assenti dai libri di testo o da altre fonti divulgative. Il principale registro che accompagnerà questi interventi sarà il viaggio nell’inconsueto, al fine di esplorare quel meraviglioso azzardo che l’essere umano, in tutti i tempi, esercita allo scopo di conoscere, comprendere, sfidare i limiti del sapere. E se, come scriveva Marguerite Duras “Leggere, leggere un libro – per me è questa l’esplorazione dell’universo”, auguriamo a tutti un’appassionante esplorazione.
L’eclettico e inquieto Girolamo Segato
Se questo articolo fosse un film, sulla sua locandina apparirebbe il divieto di visione a un pubblico dell’età inferiore ai 14 anni e, per le sue immagini, verrebbe annunciato come inadatto a uno spettatore impressionabile. Ma si sa, nella storia della scienza si affacciano personaggi non sempre di facile digestione, ai margini o spesso totalmente ignorati nei libri, anche se, per l’originalità del loro pensiero, sono meritevoli di essere indagati e divulgati.
Puntiamo qui la cinepresa su uno scienziato italiano, Girolamo Segato (Vedana, 13 giugno 1792 – Firenze, 3 febbraio 1836) che operò nell’Ottocento nella sfida contro la caducità del corpo umano. Stiamo parlando di uno dei più importanti ʻpietrificatori’, il cui sforzo fu quello di individuare un metodo che, portando a consistenza lapidea, conservasse inalterati nel tempo i cadaveri nella forma, nei colori, nei volumi, attraverso una soluzione di sostanze minerali.
Circondato dall’incomprensione e dal sospetto degli ambienti scientifici, venne avvolto da quel velo di sarcasmo e ironia con il quale nascondiamo le nostre paure come comprensibile espediente per allontanare il pensiero della morte. Conseguenza di tale atteggiamento è il fiorire di una serie di dicerie più o meno pittoresche che, sovrapponendosi nel tempo, hanno alterato il profilo storico di questo personaggio. Se questo articolo fosse un film, diciamo subito, non avrebbe una fine. Girolamo morì portando con sé il segreto della sua ricetta chimica e lasciando a noi, più che un dubbio ottuso, la curiosità e il fascino per una ricerca dal sapore dell’azzardo. Aprì però una strada: la ricerca proseguì con altri personaggi quali Efisio Marini (Cagliari, 1835 – Napoli, 11 settembre 1900), Paolo Gorini (Pavia, 28 gennaio 1813 – Lodi, 2 febbraio 1881) e Francesco Spirito (Napoli, 6 marzo 1885 – Napoli, 4 dicembre 1962).
Il corpo umano tra scienza e arte
In Italia, figure settecentesche quali quelle di Giambattista Morgagni (1662-1771), considerato il fondatore della moderna anatomia patologica, insieme ai progressi ottici della microscopia, avevano infuso di ottimismo la ricerca scientifica che, via via, si spogliava delle zavorre dei condizionamenti religiosi. Erano anni in cui l’imperativo di studiare e insegnare l’anatomia creava la necessità di realizzare riproduzioni in gesso e in cera e preparati mummificati.
Girolamo Segato opera quindi in quella stimolante atmosfera culturale che, ereditando dall’illuminismo l’entusiasmo per la scienza, cavalca poi le certezze del positivismo che fa del metodo sperimentale una guida e il principale modello teorico di riferimento. Anche nell’arte predomina la ragione, il periodo è quello del neoclassicismo nel quale la ricerca della perfezione anatomica del corpo umano è uno dei cardini della scultura e della pittura (due esempi su tutti, il Canova e Jacques-Louis David). La bellezza ideale è il corpo umano nudo, privato degli abiti che rendono goffe le sue forme, anche l’uso della luce è finalizzato alla ricerca della precisione anatomica.
Girolamo Segato, una vita dedicata alla ricerca
Nasce nella Certosa di Vedana, affascinante monastero presso Sospirolo (provincia di Belluno). La sua è una famiglia numerosa e Girolamo è il terzo di 13 figli. Fin da giovane mostra interessi molteplici e riesce a formarsi una cultura prima tramite l’aiuto di un parroco, poi presso il liceo di Belluno. Adora la vita all’aria aperta e, nelle sue passeggiate, raccoglie pietre, fossili, piccoli animali, piante che poi cataloga e colleziona.
A Venezia entra in contatto con Annibale De Rossetti, proprietario di un’azienda con sede a Il Cairo. Questa conoscenza costituisce una svolta nella vita di Girolamo che, nel 1818 riesce a recarsi in Egitto. L’esperienza egiziana dura fino al 1823: in questi anni il giovane vede buona parte del Paese, spingendosi anche in luoghi mai visitati fino ad allora e lavora nell’ambito della progettazione di canali. Si distingue anche come acuto osservatore di monumenti antichi, come esploratore e come cartografo. La molteplicità dei suoi interessi lega il suo nome anche all’archeologia: in un viaggio ad Assuan si appassiona di reperti antichi compiendo studi e scavi nei pressi della piramide AbuSir e della necropoli di Saqqara. Si fa calare nella piramide di Jaqqarah e rimane chiuso per tre giorni per studiare le incisioni sulle tombe reali.
Il materiale che raccolse fu destinato alla fondazione del Museo Egizio di Berlino. Tra i suoi studi anche le pigmentazioni dei papiri e le tecniche di mummificazione.
Si chiude nel 1823 la parentesi egiziana: motivi di salute lo costringono a tornare in Italia, prima a Livorno e poi a Firenze. Il suo obiettivo è quello di tornare in Africa, ma abbandona l’idea quando apprende che un incendio ha distrutto tutta la raccolta di reperti e osservazioni che aveva lasciato a Il Cairo. A Firenze frequenta il gabinetto culturale di Giovan Pietro Vieusseux, circolo che raccoglie le voci di importantissimi esponenti della cultura italiana ed europea. Il suo eclettismo culturale lo porta a pubblicare un’opera sull’esperienza egiziana che raccoglie studi geografici, idrografici, archeologici, e documentazione pittorica, ma la fortuna non lo assiste: il suo socio nell’impresa fugge con la cassa e l’opera non riscuote successo. Pubblica anche una dettagliata carta dell’Africa Settentrionale e una della Toscana, lavori che denotavano la sua competenza e la sua abilità di osservazione. Come cartografo ottiene molti apprezzamenti, ma pochi riconoscimenti e la sua situazione economica è precaria.
La passione di Girolamo è però la pietrificazione di parti anatomiche e a essa si dedica approfondendo gli studi di chimica che già lo avevano coinvolto in Egitto. Esegue i suoi lavori con precisione scientifica e, non sembri insensato, senza trascurare la ricerca del bello.
In questo campo ottiene successo e riesce a produrre una serie di risultati che, se lo portano a una certa fama, sono però accompagnati da circospezione, scetticismo e sospetto.
Decisamente la fortuna non lo assiste: un tentato furto nel suo studio lo spinge a bruciare tutti i suoi appunti.
Gli vennero attribuiti due riconoscimenti: nel 1835 l’Accademia della Valle Tiberina Toscana lo nomina socio corrispondente e, nel 1836, la Società Medico-chirurgica di Bologna esamina i risultati dei suoi studi allo scopo di convincere papa Gregorio XVI ad autorizzare le sue ricerche. Contrariamente a quanto spesso si riporta, il pontefice, alla nascita Mauro Cappellari, anch’egli di origine bellunese, non rilascia nessun consenso e non lo invita a proseguire gli studi nello Stato Pontificio. A soli 44 anni, una polmonite porta Girolamo a rapida morte. Negli ultimi istanti di vita manifesta l’intenzione di rivelare i suoi segreti all’amico Giuseppe Pellegrini, detto il Pellegro, avvocato in Firenze, ma il tempo non glielo concede.
Al suo funerale intervennero tantissime persone e ci fu un vero e proprio assalto alla sua casa per trafugare i suoi appunti e buona parte del materiale collezionato. Fu sepolto con grandi onori nel chiostro della Basilica di Santa Croce dove una lapide, di dubbio gusto e dal tono quasi vendicativo, recita:
Qui giace disfatto Girolamo Segato da Belluno
Che vedrebbesi intero pietrificato
Se l’arte sua non periva con lui.
Fu gloria insolita dell’umana sapienza
Esempio d’infelicità non insolita
Curiosità
Infelicità certo motivata: non fu facile la vita di Segato, circondato dall’invidia e dalla diffidenza, temuto e malvisto, considerato stravagante, cupo e poco rassicurante, fu paragonato a uno stregone. Che fosse personaggio ’insolito’ è innegabile, e ancor più fuori dall’ordinario dovette apparire ai suoi contemporanei la sua indagine.
Un regalo sgradito e un regalo gradito
Allo scopo di finanziare le proprie ricerche, Segato realizzò un tavolino da regalare al Granduca di Toscana Leopoldo II. Il tavolino che, al di là di ogni ironia denota un raffinato gusto estetico, è costituito da un piano di acero nel quale sono incastonate ben 214 parti anatomiche mineralizzate. Leopoldo II non gradì il dono, anzi, si infuriò e impedì al bellunese di proseguire i suoi studi. Il tavolino, insieme a numerosi altri reperti, è conservato al Museo del Dipartimento di Anatomia Istologia e Medicina Legale di Firenze.
L’idea di fare strani regali, comunque, non abbandonò Girolamo: nel 1836 si tagliò un dito per realizzare due anelli mineralizzando il suo sangue. Uno lo regalò alla poetessa Isabella Rossi, sua entusiasta sostenitrice alla quale donò anche di un paio di pesciolini mummificati.
Il sonetto del Belli
Giuseppe Gioachino Belli dedicò a Segato il sonetto numero 1714, composto il 13 ottobre 1835 e intitolato La pietra de carne. Anche questa circostanza suggerisce quanto la fama di Girolamo circolasse in Italia impressionando l’immaginario collettivo.
Mojje mia mojje mia, che ha rriccontato
che ha rriccontato er medico ar padrone!
Ggnente meno ch’è usscita un’invenzione
d’un certo sor Girolimo Segato,
ir quale sor Girolimo ha ppijjato tanti pezzi de carne de perzone,
e ccià ffatto a Bbelluno un tavolone tutto quanto de màrmoro allustrato.
Senti, Vincenza, e nnu lo dí a ggnisuno: volémo méttese un fardello addosso
e zzitti zitti annàccene a Bbelluno?
Chi ssa, Vvincenza mia, che cquer ziggnore nun fascessi er miracolo ppiú ggrosso d’impietritte la lingua uguale ar core?
E il salame che ci azzecca?
Come si è detto, presso la Sezione di Anatomia dei Musei biomedici di Careggi di Firenze (www.dmsc.unifi.it/vp-92-ll-museo-anatomico-fiorentino.html) sono conservati i reperti giunti a noi di Girolamo Segato. Tra essi una teca contenente 13 pezzi non riconoscibili e una fetta di salame (soppressata? finocchiona?) in perfette condizioni di conservazione. Che Segato, nel suo eclettismo, volesse anche occuparsi di tecniche di conservazione degli alimenti? Il problema era reale.
Girolamo e le calamità
In più di un’occasione il destino professionale di Segato fu segnato dalle calamità.
Il materiale archeologico che aveva raccolto con tanta perizia nei suoi viaggi in Egitto e Siria venne posto in 90 casse e spedito via nave a Berlino. Un naufragio ne disperse però ben 70 e con le 20 restanti si riuscì ad allestire il Museo Egizio di Berlino.
Tornato in Italia per motivi di salute, proprio mentre progettava di ripartire, un incendio al Cairo distrusse tutti i suoi documenti, appunti di studio, disegni, collezioni scientifiche e il suo diario di viaggio. Scoraggiato, Girolamo non tornò più in Egitto.
Lui stesso bruciò i suoi appunti a Firenze quando, come abbiamo visto, subì un tentativo di furto nel suo studio presso Palazzo Spini Feroni sul Lungarno Acciaioli.
Infine, l’alluvione che colpì Firenze nel 1966 distrusse e rovinò parte della collezione di reperti.
INTERVISTA
A COLLOQUIO CON SANDRA ZECCHI E DONATELLA LIPPI
Sandra Zecchi, Professore Ordinario di Anatomia umana presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze, Coordinatore del comitato scientifico dei Musei biomedici di Careggi
Donatella Lippi, Professore Ordinario in Storia della Medicina presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze. Specializzata anche in Archeologia, Bioetica, Archivistica, membro del Comitato scientifico dei Musei Biomedici di Careggi
Alla luce delle moderne conoscenze scientifiche si riesce a ipotizzare quale fosse il segreto di Girolamo Segato? Quali, cioè, le sostanze minerali impiegate nella tecnica di pietrificazione?
Sandra Zecchi: «No, l’analisi chimica su campioni ha dimostrato che non si tratta di pietrificazione se per pietrificazione si intende impiego di silicio. Si tratta di un procedimento più complesso che presumibilmente prevedeva l’impiego di diversi materiali e tecniche fissative e impregnative, attualmente però ancora non si può dire nulla con precisione. Pietrificazione è un temine generico con il quale spesso si intende la sostituzione dei liquidi e delle parti deteriorabili con altri componenti. Non era questo che faceva Segato».
L’anatomia e il metodo sperimentale hanno creato l’esigenza di reperire e conservare cadaveri sia per scopi di studi che di insegnamento. Ma come e dove Segato si procurava i corpi?
Donatella Lippi: «In passato, i corpi di coloro che morivano in ospedale, qualora la famiglia non avesse richiesto le loro spoglie, venivano utilizzati per la ricerca. In particolare, questo succedeva per i malati mentali, i poveri, tutti coloro verso i quali la famiglia non aveva interesse a perpetuare la memoria. Questa prassi è attestata a partire dal Basso Medioevo».
Paolo Gorini e Francesco Spirito hanno lasciato traccia delle loro tecniche di mineralizzazione e ho letto che presso l’Università di Pavia sono stati condotti esperimenti allo scopo di ripetere i loro procedimenti. Per Segato non sono mai stati fatti studi nel tentativo di individuare la sua ricetta chimica? Sono stati condotti esperimenti finalizzati a ripetere le sue tecniche?
S.Z.: «No, per mancanza di tempo e di competenze, e anche di finanziamenti. Gli studi però procedono».
D.L.: «Una lunga ricerca archivistica mi ha portato a esaminare una serie di documentazioni inedite, per esempio lettere conservate e tramandate da Luigi Muzzi, epigrafista amico di Segato. Il suo archivio è a Poppi, in provincia di Arezzo. Da queste fonti e da altre, si cerca anche presso gli archivi vaticani, emergono lettere e documenti che potrebbero raccontarci qualcosa di più. Per il momento non sono emerse notizie sulle sostanze che utilizzava Segato, ma siamo venuti a conoscenza di interessanti informazioni storiche. Segato, per esempio, parla di un chimico di Dublino impegnato anch’egli nella mineralizzazione… stiamo verificando, stiamo approfondendo».
Sono state condotte indagini radiologiche sui reperti? Se sì, emerge qualcosa?
S.Z.: «Sì, almeno su alcuni. Sulla testa di fanciulla è stata eseguita anche una TAC. Nel 2007 l’Italian Journal of Anatomy and Embryology ha pubblicato un resoconto nel quale evidenzia la visibilità di sottili vasi capillari del cranio (vedi box, n.d.r.)».
Sto leggendo materiali vari su Segato ma, secondo voi, c’è qualcosa che non viene detto, che sfugge?
S.Z.: «Il lavoro di Segato e il fatto che sia morto senza rivelare i suoi metodi proiettava un alone di mistero sul personaggio. Ancora oggi è così, e le voci ʻscientifiche’ devono fare da contraltare a tutta una serie di dicerie e credenze superstiziose. Segato è menzionato spesso in siti di appassionati dell’occulto, dell’alchimia, della massoneria. Diciamolo, un po’ bizzarro era, ma non certo uno stregone».
Si leggono anche una serie di curiosità sul personaggio.
D.L.: «Sì, in parte sono vere. Molte, però, sono completamente inventate, come quella che ebbe il consenso della Chiesa a procedere nei suoi esperimenti. Nessun placet arrivò mai dal pontefice, anzi Gregorio XVI parlò del lavoro di Segato includendolo tra gli ʻumani deliriʻ».
Come mai, pur ostacolato dalla Chiesa, Segato viene sepolto con tutti gli onori nel chiostro della Basilica di Santa Croce?
S.Z.: «Perché sostenuto da una serie di amici, intellettuali del periodo, fra essi l’avvocato Pellegrini che appoggiarono la sua causa. Il suo funerale fu un avvenimento in città».
D.L.: «Se in ambito scientifico non era ben visto, in ambito letterario era invece circondato da estimatori, il citato Luigi Muzzi, grande letterato, Quirico Viviani, epigrafista e scrittore, Ignazio Cantù, fratello di Cesare, la poetessa Isabella Rossi».
Mi pare che la storia dei reperti di Segato ha incontrato diverse traversie… Ho trovato una citazione di un altro ʻpietrificatoreʻ, Francesco Spirito, in cui si dice che la collezione di Segato “fu alla sua morte distribuita a vari Istituti, dopo che, …, gli eredi non riuscirono a venderli dopo molte e vane pretese al Granduca di Toscana, per rifarsi dei debiti lasciati dal Segato” (Spirito F., A proposito di un metodo personale di pietrificazione dei pezzi anatomici, estr. da Athena, Rassegna mensile di Biologia, Clinica e Terapia, Tip. L. Proja, Roma 1939, pag. 2).
D.L.: «Sì, poi i reperti si dispersero, in parte a Belluno, in parte a privati, una buona parte fu raccolta al Gabinetto Fisiologico dell’Ospedale di Santa Maria Nuova per poi passare al Museo di Storia della Scienza di Firenze (ora Museo Galileo), dove dovettero affrontare l’alluvione del 1966, e poi qui da noi».
Quando e perché i materiali arrivarono al Museo di Anatomia di questo Dipartimento?
S.Z.: «Qualche pezzo era già in possesso del Dipartimento. Mio marito, il professor Giovanni Orlandini, e io abbiamo pensato fosse importante raccoglierli in un’unica sede e il Museo di Anatomia, viene da sé, era il luogo più indicato così, tra il 2004 e il 2005, la collezione si è consolidata».
Chi lo frequenta?
S.Z.: «Il Museo apre solo su appuntamento. A volte arrivano personaggi strani, interessati all’esoterismo e alla negromanzia, a volte studiosi. La cosa curiosa è che arrivano bande di giapponesi che vengono apposta da così lontano per i reperti di Segato. Anni fa, molti ormai, una giapponese scrisse un libro sui misteri italiani e, per Firenze, scelse Segato».
Quale tecnica di conservazioni di corpi o parti anatomiche si usa oggi?
S.Z.: «La plastinazione, cioè il procedimento di sostituzione con polimeri di silicone. Quella utilizzata da Gunther von Hagens, l’anatomo-patologo che si è poi inventato il business dell’arte».
Segato non apparteneva all’ambiente universitario, non era un medico e non era uno scienziato. Eppure il suo metodo sperimentale non lo confina nel mondo dell’occulto. Voi come lo vedete?
S.Z.: «Certo, il suo metodo sperimentale, la precisione instancabile dei suoi lavori lo avvicinano molto di più al mondo della scienza. Di alcuni reperti, come il seno, lo scalpo e il famoso tavolino esistono qui al Dipartimento prove precedenti che testimoniano la sua ricerca e il suo procedere per gradi alla ricerca del risultato. C’era molto rigore nel suo metodo».
D.L.: «Se molti tentativi erano stati fatti, dal passato più lontano, per strappare la materia organica alla decomposizione, si credeva che, con l’opera di Segato, fosse stato finalmente raggiunto questo obiettivo: in questa sorta di artificiosa immortalità, fissata in una solidità lapidea, sembrava venissero risolti i problemi della conservazione della materia, che andava ben oltre l’intento didattico-dimostrativo che era sempre stata la preoccupazione primaria degli insegnanti di Anatomia o di Anatomia Patologica, proponendosi come tecnica in grado di vincere le leggi naturali della decomposizione, aprendo apparentemente la strada anche ad altri utilizzi. La sua opera documenta, oltre alla ricerca anatomica, sostenuta da un forte virtuosismo estetico, la sfida che ha da sempre affascinato l’umanità, di strappare la materia organica alle leggi della morte».
Il 20 gennaio del 2006, presso l’Aula Magna della Presidenza della Facoltà di Medicina e Chirurgia si è svolto il Convegno I reperti di Girolamo Segato conservati nel Museo Anatomico Fiorentino, accompagnato da una mostra. Sul sito del Museo documentazioni e immagini.
I RISULTATI DELLA TOMOGRAFIA ASSIALE COMPUTERIZZATA SULLA TESTA DI GIOVANE DONNA
Uno dei reperti più significativi di Segato è la testa di una giovane donna, in precedenza conservata presso il Civico Museo di Belluno. Interessante perché in ottimo stato di conservazione e perché oggetto di importanti indagini scientifiche. Già nel 1958 era stata eseguita una radiografia dal professor Francesco Cucchini, che fu Primario Radiologo nell’Ospedale di Belluno. Nel 2007 un gruppo di scienziati (Orlandini G.E., Tempestini R., Lippi D., Paternostro F., Zecchi-Orlandini S., Villari N.) del Dipartimento di Anatomia di Firenze eseguì anche una Tomografia Assiale Computerizzata e un’approfondita indagine sul reperto pubblicata dall’Italian Journal of Anatomy and Embryology (Jan-Mar;112(1):13-8). Ne proponiamo qui una sintesi.
Da scambi epistolari tra due contemporanei di Segato, il letterato Gianfrancesco Rambelli e l’avvocato Domenico Pellegrini apprendiamo che la giovane donna era morta di tubercolosi dopo sei mesi di ricovero nell’ospedale pubblico e dopo 18 giorni di agonia. Il suo aspetto era decisamente provato e Segato lavorò per due mesi anche con l’obiettivo di rimuovere “il colore della morte”.
La radiografia del 1958 aveva documentato la ricca e ben dettagliata ramificazione dei vasi sanguigni, sia cutanei che sottocutanei, evidenziati mediante iniezione di liquido di contrasto. Le immagini della TAC, con le annesse ricostruzione tridimensionali, hanno confermato i risultati radiologici e la presenza, nella regione paramediana sinistra, di un foro circolare di circa 2,5 cm di diametro nell’osso occipitale. I grandi vasi sanguigni del collo e le restanti parti della dura mater (la membrana che riveste il cervello) sono chiaramente individuabili. Analoghe considerazioni si ricavano da analisi angiografiche.
Anche da queste indagini non è stato possibile identificare quali fossero le sostanze usate da Segato, ma è stato possibile dedurre che, per riempire completamente il sistema vascolare, compresi i rami più sottili, il liquido utilizzato doveva essere iniettato prima che il sangue si coagulasse, cioè prima della fase post-mortem. Doveva quindi operare su un corpo ʻfresco’ e non su un cadavere già in fase di rigor mortis. Questo è il mistero più inquietante del metodo di Segato. Dall’indagine su altri reperti si desume anche che la sua procedura cambiava di volta in volta.
I PRINCIPALI METODI DI CONSERVAZIONE
METODO A SECCO. Comporta la disidratazione delle parti anatomiche fino al raggiungimento di una consistenza coriacea. In alcuni casi si inietta nei vasi una soluzione che può essere composta da una miscela di minio, olio di trementina, paraffina liquida, cera. Nell’Ottocento spesso si utilizzava cera blu e rossa per evidenziare vene e arterie. I reperti conservati in questo modo sono arrivati a noi in ottime condizioni. In alcuni di essi è addirittura possibile estrarre il DNA.
PER IMMERSIONE. Si immergono le parti anatomiche in alcool o in soluzioni di formaldeide, in grado di conservare i tessuti.
PIETRIFICAZIONE. Sul termine si fa parecchia confusione. La consistenza lapidea viene ottenuta sostituendo il carbonio con il silicio. I pietrificatori utilizzavano poi soluzioni di sali minerali per riuscire a mantenere inalterati volumi e colori dei tessuti e dei muscoli.
IMBALSAMAZIONE. Comporta l’eviscerazione e l’impiego di sostanze fissative.
MUMMIFICAZIONE. Anch’essa comporta eviscerazione. Si procede poi con essiccazione. Erodono riferisce che, per mummificare, gli Egizi immergevano i corpi eviscerati per 40 giorni sotto sale. In alternativa l’agente essiccante era il natron (cloruro e bicarbonato di sodio).
PLASTINAZIONE. Organi e tessuti vengono preservati trattandoli, prima, con acetone e i liquidi vengono sostituiti con polimeri quali silicone, poliesteri, resine epossidiche.
E OGGI?
E oggi, come possiamo fare nel caso fossimo intenzionati a conservare le nostre spoglie nel tempo? Si può, e abbiamo delle alternative. Possiamo interpellare il già citato Gunther von Hagens che sarà ben felice di trasformarci in un’opera d’arte o possiamo rivolgerci a Summum Mummification of Transference (http://www.summum.org). Qui sono in grado di organizzare tutto, mummificazione, sarcofago, maschera, santuario. Il prezzo naturalmente varia, ma si può scegliere tra bare di alto design. Se non abbiamo un cadavere troppo grosso e pesante, il prezzo della sola mummificazione, per gli Stati Uniti, è di 67.000 dollari. È possibile anche far mummificare i nostri animali domestici. Una soluzione più scientifica è quella della crioconservazione. Un bagnetto nell’azoto liquido a -196 °C ci consentirà di arrivare al tempo in cui i nostri mali potranno essere curati dalla medicina. La Alcor Life Extension Foundation di Scottsdale in Arizona (www.alcor.org) ha al suo attivo, dal 1967, un centinaio di crioconservati e assicura che più di un migliaio di persone hanno preso gli accordi giuridici e soprattutto finanziari per assicurarsi l’impresa. I serbatoi di brillante e immacolato acciaio non sono forse poetici, ma fanno la loro figura.
Uno spettacolo teatrale e un reality di dubbio gusto
L’interesse suscitato da Girolamo Segato è approdato anche in ambito teatrale. Girolamo Segato. Anatomie di un viaggiatore è, infatti, un monologo scritto, diretto e interpretato da Michele Sbardella, accompagnato dalle musiche eseguite dal vivo dal chitarrista Andrea Palonta. Il lavoro, frutto di un’accurata ricerca storica, è stato presentato nel 2017, in numerosi teatri di Belluno, Sospirolo, presso la suggestiva ambientazione della Certosa di Vedana, in altri teatri della provincia bellunese e, nel 2019, a Firenze, con l’organizzazione del Lyceum Club Internazionale. Sbardella si mette nei panni di uno studente dell’ITIS di Belluno che si appassiona alla storia di Girolamo Segato e ne traccia sia il profilo scientifico, sia quello umano: un uomo che non teme di sfidare i limiti della natura, i pregiudizi sociali, gli ostacoli della ricerca, un viaggiatore inquieto e instancabile. Non mancano punte di ironia, senza, però, nulla togliere al valore del personaggio.
Michele Sbardella è bellunese come Segato, al suo attivo ha numerose esperienze teatrali e di cabaret con il Circolo ArciDrama di Belluno e con la Compagnia Bretelle Lasche, ha partecipato al programma di RAI 3 Amore criminale.
Su youtube un assaggio del monologo al link: https://www.youtube.com/watch?v=UxD3jV4gkMw
Le vie dell’audience sono infinite e così il canale televisivo inglese Channel 4 ha cercato un malato terminale da mummificare e, nel 2011 ha deciso di trasmettere un documentario realizzato all’interno di uno dei principali laboratori di patologia forense del Regno Unito. Un team di ricercatori ha replicato in diretta su Alan (questo il nome attribuito al defunto) le diverse fasi della mummificazione impiegando le tecniche utilizzate su Tutankhamon, il cui corpo fu mummificato durante la XVIII dinastia egizia. Per chi non è impressionabile, al sito: https://vimeo.com/36566102 un estratto del documentario, peraltro vincitore del Premio Science and Natural History agli RTS Program Awards 2012.
Venerdì, 18 giugno 2021
In copertina: Uno dei preparati meglio conservati di Girolamo Segato è il seno di una donna, conservato presso ll Museo Anatomico Fiorentino