Si inaugura il nuovo spazio ieedificio57
di Simona Maria Frigerio
San Gimignano, sabato 14 settembre. Ci accoglie una casa vissuta, una home sweet home, a cui rimanda la parola giapponese 家 (ie) – scelta da Consani per definire il suo nuovo spazio espositivo dove ospita e ospiterà i suoi amici artisti per creare un dialogo che travalica le opere e farsi scambio concettuale, poetico ed estetico ma anche politico. E la casa, appartenuta per una vita alla famiglia della moglie di Michelangelo – e vissuta dalla cantina al sottotetto – è oggi pregna di frammenti di vissuto che si mixano e fondono con opere originali site-specific.
Dalle mattonelle di cotto rosso fiorentino sulle quali campeggiano due sedie che hanno fatto la storia del design [Hill House 1 e Red and Blue, (1)] ma che si prestano a fare da piedistalli a due sculture scelte da Consani, che rimandano alla caducità umana, alla fragilità dell’ecosistema in cui siamo immersi; al salnitro che pregna le pareti di quella che fu una cantina e oggi è spazio di travi a vista in legno e calce, dove si respira la storia di un ambiente rurale, che si fonde con gli elementi modulari in acciaio di Cecchini, i quali pare rimandino alle radici di quegli alberi che trafiggono eppure compattano i templi di Angkor Wat.
In un’altra sala espositiva (o stanza di quella che è stata e, in parte, è ancora una casa) vi è un busto di Masanobu Fukuoka (scelto da Consani), filosofo minimalista che propugnava di minimizzare gli interventi dell’uomo, in agricoltura, sì da accompagnare semplicemente un processo che è appannaggio della natura [quasi un antesignano del non fare, un esponente della decrescita (2)] – il quale si confronta con una cicala, in video, il cui frinire è un canto d’amore, una ‘serenata’ che non ha per fine ultimo che di far germogliare una nuova generazione – procreare invece di produrre.
Nella ‘zattera’, ossia nello spazio più recondito, nel basamento di questa home o ie, dove forse un tempo si conservavano i vini o si appendevano i prosciutti, oggi Consani ha ricreato uno spazio raccolto dove il salnitro che emanano le pareti trova il suo corrispettivo nell’opera di Cecchini, KNO3C, in grafite su carta di lana su tela di lino, che amplifica e sublima un granello microscopico di nitrato di potassio, lo stesso che traspirano le mura ma che, in questi tempi oscuri, ricordiamo essere oltre che un valido fertilizzante, anche alla base della polvere da sparo. Vita e morte. La bellezza dei fuochi d’artificio così come l’orrore della guerra.
E se un volatile notturno di Cecchini (Bird, fusione alluminio) si appollaia appena al di sopra di questa grotta/tomba, quasi ne condividesse la materia o l’oscurità, volano alto le due teste (dove è forte l’elemento cemento) che si fissano al piano superiore, stremate e distanti eppure impercettibilmente legate, che Consani fa dialogare da altri due piedistalli di eccezione [Mezzadro e Masters (3)]. E però ciò che colpisce non è la scultura in sé né quella sedia prestata a uno scopo duchampiano, bensì la tensione per quell’abbraccio impossibile e struggente.
Splendidamente infuse nello spazio le opere di Loris Cecchini che assumono una dimensione di calore e cura che, il materiale (acciaio o alluminio) parrebbe negare, ma qui si uniscono a un discorso coeso tra natura e architettura. Piccoli i prometeici disegni di Consani (con i quali chiudiamo il percorso) che, più che alle stelle, ci hanno fatto pensare a una serie di ritratti che abbiamo visto recentemente: quelli delle vittime civili delle stragi nazi-fasciste di Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema – i cui anniversari ricorrono tra agosto e settembre. Quegli stessi minuscoli ritratti ormai sbiaditi che potrebbero rispecchiarsi in quelli, non più grandi di una fototessera, dei bambini trucidati a Gaza dall’esercito di Israele con l’appoggio statunitense e la complicità europea. Forse Consani, con la sua capacità di creare universi di senso affiancando immagini e oggetti tra loro, potrebbe incidere più profondamente le sue teche con quei ritratti di vittime – di ieri e di oggi – ieri vittime del silenzio complice dell’armadio della vergogna (4), oggi della pusillanimità di chi pensa di essere al sicuro solo perché si crogiola nella propria egemonia vacillante.
ieedificio57 apre le sue porte a concetti, poetiche, estetiche ma anche riflessioni etiche.
Le personali continuano:
ieedificio57
via di Berignano, 57 – San Gimignano
da domenica 15 settembre 2024 a lunedì 10 febbraio 2025
visitabile su appuntamento scrivendo a: ieedificio57@gmail.com o mevannucci@gmail.com
oppure telefonando a +39 335 6745185, +39 328 6217610
Brainstorming
Loris Cecchini
Michelangelo Consani
(1) Hill House 1 è la sedia iconica di Charles Rennie Mackintosh; mentre Rood-blauwe stoel è stata progettata dal designer olandese Gerrit Rietveld nel 1917
(2) Per approfondire: https://www.inthenet.eu/2020/08/01/leconomia-della-decrescita/
(3) Lo sgabello Mezzadro è una seduta progettata dai designer Pier Giacomo e Achille Castiglioni nel 1957; mentre le Masters sono le celebri sedie di Kartell in plastica
(4) Consigli di lettura: https://laricerca.loescher.it/l-armadio-della-vergogna/
venerdì, 27 settembre 2024
In copertina: Michelangelo Consani, Il seme dell’uomo, veduta della mostra, ieedificio57, San Gimignano, 2024, Courtesy ieedificio57 San Gimignano, ME Vannucci Pistoia, Ph Nicola Gnesi; nel pezzo: Loris Cecchini, KNO3C, 2024, grafite su carta di lana su tela di lino, 200 x 200 x 5 cm, Courtesy l’artista e GALLERIA CONTINUA, Ph Nicola Gnesi (ringraziamo l’Ufficio stampa per le fotografie)