Scholz alla sbando – ma Merkel e Kohl i veri responsabili
di Luciano Uggè
Qualche anno dopo la pubblicazione del libro di Vladimiro Giacché, Anschluss, l’annessione. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa, il partito neo-nazista conquista la ex DDR. Quel testo può spiegare quanto sta accadendo?
Il libro di Giacché nasceva dalla “lettura delle memorie di Edgar Most (1940-2015), vicepresidente della Staatsbank della DDR”, come spiega lui stesso in una lunga intervista (1). Most raccontava come nel 1989 “il rapporto di scambio commerciale tra le due Germanie era regolato con un tasso di cambio di 1 a 4,44” e la scelta tutta politica dell’allora Cancelliere Kohl di imporre l’unione monetaria tra le due Germanie “a un tasso di conversione di 1 a 1” significò non solamente un “aumento dei prezzi delle merci della Germania dell’Est del 350%”, in una sola notte, quella tra il 30 giugno e il 1° luglio del 1990, ma altresì di ‘pompare’ l’immagine falsa di una “generosa Germania Ovest andata in soccorso della Germania Est”, che avrebbe avuto un’economia totalmente rovinata, perfino più di quello che si pensasse.
Al contrario, perfino “l’ex Governatore della Bundesbank Karl Otto Pöhl” avrebbe affermato “che con quel tasso di conversione la Germania Est fu sottoposta a una ‘cura da cavallo’ a cui nessun Paese sarebbe stato in grado di resistere” (1). Nel frattempo, si ebbe un esodo verso la Germania dell’Ovest – sebbene “secondo un sondaggio dello Spiegel, fatto fra i cittadini dell’Est,… circa il 72% degli intervistati non [fosse] favorevole all’unificazione, bensì voleva un Paese socialista, ma democratico” (1). Da luglio l’emigrazione si “accentuò per la disoccupazione conseguente l’unione monetaria e la svendita delle aziende dell’Est”. Giacché ricorda che “su 16milioni di abitanti dell’Est negli anni successivi ne emigreranno oltre 4milioni” mentre la Treuhandanstalt, “originariamente creata dall’ultimo Governo prima delle elezioni del marzo del 1990, ossia quello di Hans Modrow (SED)” che “avrebbe dovuto traghettare le società dell’Est in S.p.A. o in S.r.l. distribuendone le quote a tutti i cittadini dell’Est fu tramutato in realtà, cambiando la legge originaria, in un ente dedito alla privatizzazione delle imprese. Vennero estromessi tutti gli esponenti dell’Est che avevano ancora un ruolo di rilievo e al loro posto furono posti tutti personaggi, di più o meno specchiata moralità, dell’Ovest” (1). E ancora: “Su questa base le imprese vennero vendute, o meglio svendute a pochi marchi. Spesso gli imprenditori comprarono le imprese per ‘smontarle’ e fare speculazione edilizia sull’area di pertinenza dell’impresa stessa. Questo grazie a una legge approvata in extremis nel giugno del 1990, che permetteva di considerare di proprietà dell’impresa stessa il suolo su cui si ergeva. Prima era di proprietà dello Stato, cioè proprietà pubblica. A questo proposito ci sono numerosi casi di truffa documentati” nel libro di Giacché.
Volendo verificare, scopriamo che la stessa storia è raccontata da Gareth Dale (2) in un articolo pubblicato nel 2019: “Negli anni successivi all’unificazione, la Germania dell’Est passò dall’essere una delle regioni più industrializzate dell’Europa a una delle meno” (t.d.g.). Anche Dale ricorda come la scelta di Helmut Kohl di un tasso di cambio 1 a 1, non permise alle “aziende dell’Est di mantenere la profittabilità” a meno di non abbassare i prezzi, “il che era impossibile dato che tutti i costi erano soggetti essi stessi a rivalutazione” (2, t.d.g.). Anche in questo articolo dell’accademico della Brunel University di Londra, si accusa la Treuhandanstalt della privatizzazione e della “svendita delle aziende e dei terreni – incluso il sacrificio di società totalmente in salute” e tale svendita fu accompagnata “da forme di corruzione legali e illegali e fu dirottata pesantemente verso gli interessi affaristici della Germania dell’Ovest” (2, t.d.g.). In breve, i tedeschi dell’Est avrebbero “sperimentato una forma di annessione” mentre le decisioni e la trasformazione economica, politica e sociale era imposta senza tenere conto dell’opinione pubblica – tanto è vero che Dale descrive la posizione dei tedeschi dell’Est da “quasi-immigranti”, mentre la loro “cultura (certificati, saperi, eccetera) era svalutata. Si sperimentavano disorientamento e dislocazione. I tedeschi dell’Est, nelle parole del giornalista Toralf Staud: «emigrarono rimanendo radicati nel medesimo punto»” (2, t.d.g.).
Ma se il cambio 1 a 1 fu il primo passo verso la crisi anche ideologica dell’attuale Germania, ricordiamo che per contenere l’inflazione dovuta all’immissione spropositata di nuova moneta, la Bundesbank adottò tassi altissimi, ovvero attorno al 10% – nel 1993. Il che, a causa dei meccanismi dello Sme, provocò il rialzo di altre valute e la recessione di molte economie, tra le quali quella italiana che, a settembre, con una spesa pubblica non più sostenibile con la vendita di titoli di Stato, un deficit alle stelle e un debito al 120%, fu costretta – con il Regno Unito – a uscire dallo Sme per salvarsi. Tutto grazie all’‘amica’ Germania.
È IlSole24Ore (3) a fare il “conto totale della riunificazione”, stimandolo “nella cifra da capogiro di 2mila miliardi di euro”. Ed è sempre il quotidiano di Confindustria ad ammettere che la sostituzione delle grandi aziende pubbliche della Germania dell’Est con piccole e medie imprese non è stata un’idea ‘geniale’, anche perché a parte qualche eccezione, le PMI mantengono “la produttività e la media dei salari nell’Est a livelli più bassi rispetto all’Ovest” (3). Mentre “i grandi gruppi si delocalizzarono, e dopo la riunificazione la Treuhaus ‘privatizzò’ 12.000 aziende nella Germania orientale, mentre il management e i quadri delle istituzioni pubbliche vennero rimossi, innescando un risentimento che ha ancora focolai” (3). Tra le società elencate dal Sole, la Wella, “gruppo industriale specializzato in prodotti di cosmetici, fondata in Rothenkirchen Sassonia, e Osram, gruppo specializzato nell’elettronica e nell’illuminotecnica, nata a Berlino e ora con sede centrale a Monaco di Baviera” (3).
A completare il quadro la fuga dei cervelli a Ovest per ottenere salari più elevati e la vocazione rurale di ampie zone della Germania dell’Est.
In questa temperie, forse pensando di fagocitare la Russia come la Germania Est negli anni 90, le infrastrutture greche dopo l’intervento della Troika europea, o molte aziende dell’ex URSS negli infausti tempi di Él’cin, l’ex Cancelliere Angela Merkel mentre faceva una concorrenza spietata agli ‘alleati’ statunitensi della Nato, costruiva il Nord Stream II fingendosi amica del Presidente Putin ma, come ammetterà lei stessa in un’intervista alla rivista Zeit l’8 dicembre 2022, usava “L’Accordo di Minsk [come] un inganno per rafforzare l’esercito ucraino”, ovvero come “un tentativo di dare tempo all’Ucraina” per “diventare più forte” (4). In pratica, quei due Protocolli che, ufficialmente, erano stati progettati, col supporto di Russia e Francia, per aiutare Kyiv a riconciliarsi con i russofoni del Donbass, che avevano respinto l’esito del golpe di piazza Maidan del 2014, come affermato dalla portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, erano solamente un paravento per “simulare di sostenere la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”, mentre già pensavano (Stati Uniti in testa) di usare l’Ucraina in funzione anti-russa. Nello stesso articolo si precisava: “La seconda parte degli accordi di Minsk è stata firmata nel febbraio 2015 in mezzo a una sconfitta militare subita dalle truppe ucraine, che hanno tentato di reprimere le milizie del Donbass” e che: “La descrizione degli accordi da parte della Merkel coincide con quella fatta dall’ex presidente ucraino Pyotr Poroshenko, durante il cui mandato sono stati firmati” (4). In pratica, solamente il Presidente russo Putin agiva nobilmente e credeva nella buona fede europea.
E però dopo due anni di guerra in Donbass, i tedeschi sono stanchi delle promesse dei partiti istituzionali. Se i Verdi hanno avuto persino il coraggio di votare per von der Leyen a Presidente della Commissione Europea (nonostante sia a favore della guerra, del gas di scisto e del nucleare) dopo aver privato la Germania delle sue stesse centrali; e la SPD – sulla scia della CDU – pensa di risollevare l’economia del Paese sostenendo a oltranza la guerra con fondi e armi largamente elargiti dai propri contribuenti all’Ucraina; in Germania dell’Est spirano venti neo-nazisti che è ridicolo affermare di arginare dopo aver sostenuto per anni battaglioni come l’Azov – dichiaratamente neo-nazista – e personaggi come Navalny – islamofobo e razzista.
Coincidenze della storia, gli afghani hanno un proverbio che dice pressappoco così: “Se lasci che un serpente viva nella tua manica, un giorno ti morderà”.
(1) https://www.ildeutschitalia.com/scenari/ieri-oggi-domani/anschluss-una-riunificazione-a-caro-prezzo/
venerdì, 13 settembre 2024
In copertina: Il leader dell’AfD, Björn Höcke. Foto Sandro Halank, Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0 (particolare)