Castelfiorentino 3-6 giugno 2021
di Anna Maria Monteverdi
L’attesa X edizione post Covid del Festival Teatro fra le generazioni 2021 a cura di Giallo Mare Minimal Teatro, è stata l’occasione nei tre giorni di programmazione, per parlare sia dell’‘applicazione digitale’ degli artisti nel forzato periodo di allontanamento dalle scuole e dai teatri, ma anche per mostrare le nuove direzioni produttive in un momento di ritorno alla normalità con la riapertura degli spazi scenici e di aggregazione. Diversi i debutti e alcune riproposte di spettacoli andati in scena poco prima della pandemia e quindi fermati proprio all’inizio della tournée, impossibilitati a riconvertirsi. Moltissime le Compagnie coinvolte: Teatro Invito, Ultimaluna, Ortoteatro Compagnia Tpo, Factory Compagnia, Orto degli Ananassi, Teatro Koi, Principio Attivo, Teatro Alcantara, Teatro Crest CoopTeatrale Officine della Cultura, La Piccionaia, Compagnia Burambò, Zaches Teatro, Diffusioni / KanterStrasse Teatro, Compagnia La Luna nel Letto, Teatro Nazionale di Genova (Archivolto), Sacchi di Sabbia.
La X edizione del Festival aveva preso vita con un’iniziativa primaverile denominata Il teatro e i suoi multipli (18 marzo): una programmazione di alcune produzioni sceniche per il pubblico delle nuove generazioni realizzate per essere viste da una platea remota. La Casa dello Spettatore di Roma di Giorgio Testa ha mostrato i primi risultati di un’indagine realizzata con questionari somministrati ai ragazzi circa la reazione degli spettatori agli spettacoli on line. Dalle giornate di incontri con gli artisti e operatori è emerso come il teatro, durante la pandemia, sia sopravvissuto non eseguendo pallide copie di sé e neanche emulando il cinema digitale, ma reinventando nuovi formati, attingendo alle tecniche connesse con la sua storia millenaria, ibridandole con le tecnologie del digitale e della rete, con le modalità dello storytelling interattivo ma anche con tecnologie vecchie: l’‘autoconservazione’ è stata possibile grazie alla capacità del teatro di percepire la trasformazione in atto e farla propria, con la specificità del proprio linguaggio. Quello che risulta interessante è l’invenzione di un ‘teatro ventiventi’ (2020) presente a distanza nelle classi nelle più diverse forme: spettacoli in piattaforme Zoom, web tv, video interattivi, videoracconti, storie da ascoltare e vedere in classe con la lavagna multimediale (LIM) e persino il teatro via Radio, via WebAPP, via chiavetta USB, via Ipad e via telefono. Tante le modalità per in-ludere, fare entrare in gioco i ragazzi. Noi speriamo che questo enorme patrimonio produttivo digitale on line e relativa esperienza di nuovi formati teatrali non venga disperso e abbandonato con l’apertura dei teatri, ma diventi un nuovo settore della ricerca dello spettacolo dal vivo da esplorare e da inserire in una programmazione ‘normalizzata’.
Quel teatro che ha salvato il teatro (e la scuola)
Durante i due appuntamenti di approfondimento con Giorgio Testa e con la sottoscritta si è parlato del teatro che ha usato gli ‘attrezzi’ del digitale per restare vicino ai bambini (e alle maestre); le classi elementari – a parte il periodo del lockdown – sono rimaste aperte e il teatro per ragazzi, quasi in solitudine totale rispetto all’‘altro teatro’, si è riorganizzato per raggiungere, tramite le tecnologie, tutte le scuole dando prova di grande vitalità. È davvero incredibile quanti nuovi modi di raccontare e fare teatro siano stati inventati in questo periodo: partiamo ovviamente dai padroni di casa, i Giallo Mare Minimal Teatro. Vania Pucci, Renzo Boldrini e l’intera Compagnia hanno dato vita a una serie di progetti in audio o in video (promossi dalla Regione Toscana e dal Comune di Empoli), che tengono ben presente il tema dell’interazione con i bambini. Tra i progetti, il Centralino delle Fiabe (fiabe in diretta on demand al telefono, rivolte ai bambini dai 3 ai 120 anni perché in epoca di isolamento, di distanziamento, ascoltare una voce diventa necessario per tutti), TeLe racconto io le storie e soprattutto Radio Lina: impersonificando la Radio con un personaggio amichevole e casalingo (Lina appunto), l’appuntamento radiofonico sancito dall’arrivo di una vera radio in classe come dono, diventa l’occasione per ‘accendere’ uno strumento un po’ insolito per la generazione dei piccoli! Il progetto è risultato vincitore del premio EOLO come eccellenza del teatro ragazzi. Le diverse incarnazioni del digitale diventano, poi, storie interattive da vedere via streaming come il lavoro digitale dei KanterStrasse di Arezzo (Elisa Vitiello, Simone Martini e Alessio Martinoli) e il loro OZZ: le scelte fatte dai bambini ai bivi ipertestuali delle storie riporteranno Dorothy a casa. Il racconto filmico-teatrale è davvero molto ben strutturato e, come per altri spettacoli della Compagnia, si tratta di una produzione estensibile a un pubblico generico, non necessariamente giovane o giovanissimo: siamo di fronte a un annoso dilemma (‘teatro di ricerca’ o ‘teatro ragazzi?’) che, spesso, porta le Compagnie a inserirsi in un ambito che garantisce loro più possibilità di circuitazione ma che, di fatto, non definisce a pieno il loro ‘carattere’. Spettacoli come Ubu re Ubu chi? dei KanterStrasse sono sicuramente ‘trasversali’, come scrive la Compagnia nella scheda, anche se questa trasversalità di pubblici, purtroppo, non è benvenuta in Italia da parte di chi deve fare una programmazione e necessita di un target ben preciso. Presente a Castelfiorentino con un primo studio su Cenerentola anche Zaches Teatro che, durante la pandemia, ha incantato il pubblico giovanissimo con la magia del teatro delle ombre e dei piccoli oggetti con Sybilla Tales; e i Sacchi di Sabbia, al Festival, erano in streaming con la folle versione via Zoom del loro Dialoghi con gli dei (regia di Massimiliano Civica), e così il divertente ‘teatro da tavolo e da telecamera’ In arte son Chiosciotte di Samuele Boncompagni – dove i piccoli oggetti in una scenografia da camera si animano attraverso le riprese video e le musiche dal vivo composte da Massimo Ferri e i musicisti dell’OMA Orchestra Multietnica di Arezzo. Entrambi gli spettacoli hanno una natura double face: il primo, nato per i teatri, è stato riadattato alla piattaforma; il secondo, nato per una versione on line, può essere esteso a un pubblico in presenza.
Dall’interattività alla rock band da ascoltare in cuffia: la svolta degrade del TPO
Davide Venturini con il suo teatro ragazzi tecnologico ha attraversato come si dice ‘the seven seas’: l’estetica del TPO di Prato, Compagnia fondata con Francesco Gandi e con una lunga storia di successi internazionali (dalla Cina all’Australia agli States approdando in un luogo di culto come il BAM di Brooklyn-NYC), è riconoscibile immediatamente per il livello molto avanzato di tecnologie, per le grafiche pulite, per la ricercata modalità di interazione attraverso dispositivi apparentemente semplici (come il digital carpet) ma molto complessi nella fase di progettazione. Sul TPO sono state discusse tesi di laurea all’Università (recentemente anche all’Accademia del Cinema Luchino Visconti di Milano) per raccontare un’eccellenza del nostro teatro ragazzi nel mondo. Un teatro che ha a che fare con la complessità tecnologica e che ha bisogno di economie, spazi, tempi per la progettazione e le prove. L’ispirazione per la Compagnia arriva dal mondo della musica, delle arti visive, dell’arte digitale, partendo dalla pittura e definendo sempre la scena come quadro. Le tecnologie aprono a nuovi mondi e modi di percepire la realtà, il proprio corpo e lo spazio in modo sinestetico, in un’immersività che è prima di tutto esperienza di gioco collettivo. Quello che il TPO ha messo in pratica in molti anni, e che li ha visti protagonisti assoluti della scena digitale (non solo di quella del teatro ragazzi), è esattamente ciò che i teorici dei nuovi media hanno formulato a proposito dell’estetica delle relazioni, queste ultime aumentate proprio dai processi interattivi. Sensori a pressione per i tappeti, sistemi di motion capture, interfacce interattive che hanno portato a una riscrittura delle storie ispirate più che ai videogames a un immaginario che mescola modalità diverse per suscitare un’esperienza dinamica di teatro. Importante è anche l’attività formativa di Davide Venturini sul territorio toscano relativamente alla funzione pedagogica dell’uso delle tecnologie per il teatro. Proprio durante la pandemia mettono in piedi Olga e Arturo, una storia filmata, realizzata in studio nel Teatro Fabbrichino e trasmessa in streaming per le classi con lavagna multimediale, la LIM – che diventa l’ambito e indispensabile strumento per questo strano teatro a distanza; a detta anche dello stesso Venturini, sempre attento alle versioni upgrade delle tecnologie, lo spettacolo rappresenta, in realtà, la svolta degrade del TPO: certamente ritroviamo immagini video perfette, una grafica animata molto efficace ma un’attenzione a una interazione non più mediata da sensori digitali ma da un semplice microfono e una telecamera per far parlare i ragazzi alla fine dell’azione scenica; fa la differenza il fatto che la storia sia resa brillante non dall’ultima tecnologia ma dalla rock band che suona in diretta, ricordando l’atmosfera Swinging Sixties londinese: le musiche sono non solo la colonna sonora ma anche la drammaturgia che serve a puntualizzare ogni momento della piccola storia della coppia che fa sacrifici per fare l’uno all’altro bei regali.
Lo spettacolo che ha debuttato a Castelfiorentino nel piccolo spazio dell’ex oratorio San Carlo è, invece, Anouk: una delicata storia di amicizia ambientata in Groenlandia in cui gli spettatori sono immersi in una piacevole esperienza di suoni e musiche dal vivo (create da Federica Camiciola e Francesco Fanciullacci), diffuse direttamente nelle cuffie wireless come fossero non a teatro ma in un silent party. La bambina inuit Anouk (Běla Dobiášová) racconta la sua vita in una di quelle casette colorate in una valle coperta di neve in Groenlandia (“la grande scodella, con alte montagne sulla costa e un’enorme piana di ghiaccio al centro”, come l’ha descritta Robert Peroni che qui vi abita stabilmente) all’amica Valentina (Valentina Consoli) che, a sua volta, le descrive la vita in città. Tra di loro nasce non solo un’amicizia ma un’empatia basata sul comune sentire: sono i Paesi nordici a ricordarci quanto sia necessario imparare ad ascoltare i sentimenti degli altri – l’empatia è stata inserita come materia di studio in alcune scuole danesi, la qual cosa ha avuto come immediata conseguenza l’azzeramento dei fenomeni di bullismo. Mentre sentiamo le bambine sussurrarci all’orecchio storie di orsi e di cacciatori, le vediamo anche fare capriole e camminare sui ‘ghiacci’ del tappeto ritmico; ci stringiamo idealmente intorno a loro per ritornare a trovare il nostro antico ‘quadrato di gioco’, a cercare il nostro colore bianco, il nostro silenzio, le musiche della nostra infanzia.
Paloma ballata controtempo: respirare la vita fino all’ultimo
Non sappiamo come certi capolavori possano nascere in epoche di dolore e difficoltà come quella che abbiamo vissuto collettivamente e globalmente. Tuttavia talvolta succede ed è la conferma che il teatro non è solo un luogo di resistenza ma anche un luogo di emozioni resistenti; come abbiamo potuto fare a meno di questo per un anno è un mistero, sta di fatto che ora si può tornare a provare quella sensazione condivisa di vivere un sogno, di abitare l’infinito, di rinascere ogni momento che solo il teatro sa dare, e occorre approfittarne. E così, in mezzo a un pubblico distanziato, ma non per questo meno coinvolto, ho partecipato a quella piccola epifania perfetta che è Paloma (produzione Factory e Teatro Koi), regia di Tonio De Nitto, regista e autore della nuova generazione che ci ha abituati a sorprendenti creazioni teatrali non solo per bambini. Parlare di marionette e di teatro ragazzi non rende l’idea dello spettacolo: qua ci sono tre artisti in scena, un musicista (Rocco Nigro) che suona magistralmente la fisarmonica stando al gioco dei tempi teatrali e talvolta dando lui stesso il ritmo alla storia, ora triste e nostalgico come un fado portoghese, ora allegro e giocoso come un flamenco spagnolo; un’anziana figura femminile, mossa nel corpo ricavato dalla cartapesta dalla terza artista in scena, Michela Marrazzi, la vera protagonista. La marionettista non si limita a dare anima alla figura ma canta, balla, muove sinuosamente la marionetta, si immedesima in lei e con lei gioisce, coglie ogni sfumatura del suo sguardo ma ogni tanto torna manovratore puro, in un paso doble teatrale davvero ardito e persino sbalorditivo. La cosa incredibile è che sembra che la marionetta cambi addirittura espressione: potere dell’arte del marionettista! Se questo è teatro ragazzi allora conviene trasferirsi tutti lì perché raramente nel teatro mainstream si trova una tale perfezione creativa: la storia, ben organizzata scenograficamente e registicamente da Tonio De Nitto, è commuovente e struggente; la comprendiamo passo dopo passo, valigia dopo valigia, mentre il metronomo scandisce il tempo della vita: le valigie contengono i ricordi passati, segnati dalle rughe della marionetta che nonostante l’età, i dolori e i lutti, ha ancora voglia di giocare, ballare e cantare. E noi con lei. Scoprire che la bellezza della vita ha un suono e un passo di danza intrigante è un invito a fare una partitura musicale dei nostri incontri, dei nostri amori, delle nostre perdite, mettendo nel pentagramma ritmi vorticosi e lentezze inevitabili. Lascio al pubblico la scoperta dal vivo di questo magnifico sogno materializzato, invitandolo a farsi trasportare dalle sirene dell’incanto, ricordando che da oggi si può sospirare liberamente a voce alta, senza bisogno di mutare alcun microfono.
Quell’Ulisse è un po’ Tom Waits
Una bellissima sorpresa questo Ulisse-nessuno è perfetto del Teatro Crest (regia di Salvatore Marci) al Teatro del Popolo di Castelfiorentino; una Compagnia giovane si prende la libertà di rileggere, attualizzandolo, il grande poema omerico, descrivendo la storia di Ulisse come quella di un perdigiorno da bar, legato alla bella proprietaria Calipso che non lo convince, però, a restare in paradiso; troppo lento a decidere di imbarcarsi per tornare a casa, Ulisse viene letteralmente disegnato dal figlio come un eroe su un piedistallo, ma dopo vent’anni di attesa quella statua è stata tirata giù, come quella di Colombo a Minneapolis un anno fa. Il Blues bar, che raccoglie avventori tristi e malinconici, è come il BarBaturique dei Fiori blu di Queneau e anche il nostro Ulisse, che gioca a scacchi al bar, è un po’ come Cidrolin del romanzo francese, che trascorre la sua esistenza lenta e rilassata su una chiatta, bevendo pernod e continuando all’infinito a dipingere la staccionata. E però in tanti sono in attesa: i Feaci aspettano che Penelope si decida a telefonare e far sapere chi ha vinto la lotteria degli amanti, mentre Calipso vuole solo Ulisse. E infine Telemaco, aspettando il padre, è diventato grande e non crede più agli eroi. Una scenografia ben costruita intorno ai personaggi, un sound track da leggenda, quattro attori bravissimi (Nicola Conversano, Simonetta Damato, Salvatore Marci e Giuseppe Marzio) in grado di interpretare la storia come un concerto di Freddie Mercury o come un Amleto d’annata… Insomma, alla fine Blue Valentine cantato da Tom Waits con l’indimenticabile voce roca da navigato seduttore e poeta, è la somma di tutta la storia. Applausi.
Shakeriamoci tutti! Comincia a correre del Teatro La Piccionaia
Un set in green screen in scena ci preannuncia un teatro con effetti speciali video creati e manipolati in diretta: parlare ai giovani e giovanissimi nelle scuole di chi c’è dietro le sorprendenti scoperte scientifiche o dell’uguaglianza tra femmine e maschi non è facile, però se si parte da un linguaggio ben conosciuto da loro si può raggiungere facilmente l’obiettivo. Così Carlo Presotto e Paola Rossi del Teatro La Piccionaia ci raccontano la sfida di due gemelli (Alberto e Zoe) a dimostrare chi tra loro due è più bravo e più coraggioso, manipolando oggetti davanti alla telecamera con grande abilità tecnica e bravura attoriale, e utilizzando la grafica del videogame Fortnite (a proposito, la prossima settimana arriva il capitolo 2 della VII° stagione): ogni giorno andare a scuola, in fondo, è una gara e una conquista per prendere il banco, per arrivare primi in classe (o ultimi?). Ma anche bere schifezze shakerate e infilarsi in una cantina buia è una prova epica: i due bambini sono abilissimi a fare disastri e questa competizione terminerà solo quando capiranno che si diventa grandi quando si smette di pensare e agire da soli e si inizia a collaborare. Del resto Marie e Pierre Curie, Fred Astaire e la sorella Adele, Lucy Hawking e suo padre Stephen, scopriranno un intero universo inesplorato proprio mettendo insieme le loro passioni e le loro conoscenze. Shakerando tutte le tecnologie possibili live tra cui il chroma key (con cui si possono fare giochi di illusione straordinaria, bucando il colore verde del set e cambiando lo sfondo ai personaggi), e il teleracconto (manipolando oggetti sotto la lente di una telecamera in ripresa macro) si creano incredibili storie terrestri e storie lunari. Con i piedi ben saldi a terra e la telecamera su un treppiede!
Venerdì, 11 giugno 2021
In copertina: Paloma, una produzione Factory e Teatro Koi per la regia di Tonio De Nitto.
Gallery fotografica a cura di Lucia Mazzilli.