
Il Castello di Otranto
Un cimitero di ulivi: un percorso alternativo per una gita primaverile
di Luciano Uggè
È davvero un paesaggio desolante quello che accoglie il turista che attraversi il Salento. Da quando, nel 2022, è arrivata la xylella fastidiosa mietendo milioni di alberi e miliardi di introiti, il batterio ha lasciato dietro di sé tronchi disseccati che punteggiano paesaggi brulli. Solo in poche aree abbiamo notato due opposti tentativi di intervento. Potare i vecchi ulivi lasciando solo un pezzo di tronco, sperando che le radici generino un nuovo albero, o espiantarli totalmente e puntare su nuove piantumazioni. Vicino a Galatina, ecco comparire finalmente un parco solare: vista l’aridità del suolo e le ore e i mesi di irraggiamento solare, non si capisce perché qui non funzioni tutto con il fotovoltaico.
Arrivati a Otranto, da una parte vi accoglierà l’imponente fortezza (di cui scriveremo oltre) e, dall’altra, L’approdo. Opera all’umanità migrante, installazione di Costas Varotsos che ha sublimato la strage di migranti avvenuta col naufragio della Katër i Radës, nel 1997, quando la motovedetta albanese carica di circa 120 profughi entrò in collisione, nel canale d’Otranto, con la corvetta Sibilla – della Marina Militare italiana – che ne contrastava il tentativo di approdo e ne causò, quindi, l’affondamento. Nello stesso perirono 81 persone di cui si recuperarono i corpi e oltre una ventina mai restituite dai flutti. La motovetta, arrugginita e rielaborata con frammenti di vetri che paiono di vita, non è solamente una testimonianza di un fatto storico bensì un’opera che rimanda continuamente al nostro presente come al passato e a quella Baia dei Turchi, poco distante, dove sbarcarono gli ottomani alla conquista dell’Italia.
E allora eccolo, speculare all’installazione che invita all’accoglienza e al rispetto per la vita umana, lo svettante Castello che, alla metà degli anni Novanta del Quattrocento, fu totalmente rimaneggiato con la realizzazione dei quattro massicci torrioni cilindrici angolari. Al Cinquecento si deve l’aggiunta dello Spuntone scarpato che, affacciandosi sul mare, era dotato di baluardi esterni per avvistare le flotte nemiche. Sul portone d’ingresso è scolpito lo stemma di Carlo V°.
Ampia e di un bianco accecante la piazza sulla quale ci si ritrova dopo aver attraversato quello che parrebbe un moderno ponte levatoio. I vecchi vicoli pur affascinanti perché conservano la struttura originale, sono stati trasformati in un susseguirsi di bar, pizzerie, ristoranti e negozi che vendono un artigianato un po’ troppo omologato per essere ancora origonale e non un prodotto seriale di fabbrica.



Tra le chiese da vedere, la Cattedrale dedicata a Santa Maria Annunziata, edificata in epoca normanna e ultimata nel XII° secolo. Rimaneggiata dopo la presa ottomana, nel 1480, conserva un famoso e pregiato mosaico medievale realizzato dal monaco Pantaleone, con vari temi tratti dall’Antico Testamento ma anche dai cicli cavallereschi e dal bestiario medievale. Pregevole anche la chiesa di San Pietro in quanto esempio di arte bizantina in Salento. Edificata tra il IX° e il X° secolo, è a pianta quadrata e a croce greca.
Otranto è famosa anche per le sue cripte e le chiese rupestri, quali la cripta di San Nicola (X/XII ° secolo) nella Valle delle Memorie, ove si trova anche un antico villaggio rupestre. E la cripta del Padreterno, più o meno coeva, nei pressi del Colle della Minerva, scavata nella roccia.
Un porto turistico affollato e piccole insenature molto frequentate dai bagnanti (noi lo abbiamo visitato in estate) completano il quadro di questo antico borgo oggi, forse, un po’ snaturato. Ma chissà che, nelle vacanze pasquali, quando non si pensa mai al mare italiano, potrebbe essere al contrario una meta molto più suggestiva!
venerdì, 7 marzo 2025
In copertina e nel pezzo: Foto de la Redazione di InTheNet