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Perché mettere in discussione la narrazione sul Donbass spaventa il potere?
di Simona Maria Frigerio
Ci risiamo: questa volta è AGCOM (1) a imporre (ma i media nostrani scrivono ‘chiedere’, il che implicherebbe la possibilità di rifiutare…) a YouTube (che: “ha tempestivamente comunicato di aver proceduto alla rimozione del contenuto e dei video ad esso collegati”: non ne dubitavamo) e a X (che: “si è adeguato” – riconosciamo a Elon Musk un minimo di dignità) di rimuovere dai loro siti il documentario Donbass: ieri, oggi, domani – con traduzione in italiano del collega Vincenzo Lorusso (di cui abbiamo già scritto, 2).
Al di là del fatto che il documentario è tuttora visibile su dzen (3) e che le piattaforme si moltiplicano più velocemente di quanto i censori si affrettino a chiudere, bloccare, oscurare, imbavagliare, zittire e reprimere (sulla rete come nelle piazze o nelle università – il movimento pro-palestinese ne sta facendo le spese anche maggiormente), sono le motivazioni di tale atto censorio a lasciarci allibiti (4).
L’Authority avrebbe agito a seguito di una segnalazione del Ministero degli Affari Esteri. In pratica, mentre un Lavrov stende reti in tutto il mondo per rinsaldare e ampliare i BRICS e la posizione economica, politica e geostrategica della Federazione Russa, volando a tappe forzate ovunque, per un continuo scambio e dialogo con i Paesi del Sud come del Nord ed Est del mondo; il nostro Ministero perde tempo a vedere e a censurare un documentario che accoglie le voci di alcuni cittadini russofoni – uomini, donne, bambini – del Donbass, i quali raccontano la loro esistenza prima (si badi bene) dell’Operazione Speciale Militare e spiegano perché sono stati costretti a trasformarsi in Resistenza armata per difendere cultura, lingua e valori che sentono propri – come garantito perfino dall’ONU.
Ma ciò che fa specie è che il documentario – secondo AGCOM – proporrebbe “una ricostruzione di quanto accaduto in Donbass negli ultimi dieci anni senza alcuna disamina o riproposizione di posizioni diverse, descrivendo la popolazione ucraina come composta da feroci nazisti che vogliono sterminare il loro stesso popolo con la complicità di Nato, Usa e Unione europea, indicati come i veri mandanti delle stragi e autori del Colpo di Stato del 2014” e, di conseguenza, i contenuti assumerebbero “un carattere politico di incitamento all’odio razziale in violazione della dignità umana e appaiono riconducibili a una forma di propaganda russa con un chiaro intento di diffondere notizie distorte e generare disinformazione, volte a orientare l’opinione pubblica screditando i Paesi occidentali e le istituzioni europee”. Soprattutto in clima pre-elettorale…
Partiamo da quest’ultimo punto. Con un astensionismo sopra al 50% il problema per questa UE non è un documentario, bensì il fatto che gli europei hanno finalmente capito che è inutile, oltre che legittimante (e, quindi, da evitare), votare per un Parlamento senza un vero potere legislativo, che non rappresenta altro che un coacervo di Stati privi di una Costituzione comune, che si tengono assieme con il vinavil – ossia i diktat di una oligarchia formata da Presidenti di Commissioni non elette/i, che agiscono come AD di multinazionali statunitensi (farmaceutiche e, soprattutto, degli armamenti. E su questo punto ci sarebbe da chiedersi se il benessere targato US non si sia sempre retto sulle guerre almeno dal 1942 in avanti. Altro che New Deal! Roosevelt non riusciva che a imbonire gli statunitensi coi programmi radiofonici, ma dopo il Wall Street Crash l’economia US aveva bisogno di un Piano Marshall quasi quanto l’Europa).
Rispetto al Golpe vi rimandiamo direttamente al precedente pezzo (2) e a quello de L’Antidiplomatico sugli accordi Putin/Obama (5); mentre sul coinvolgimento dell’Europa nell’usare l’Ucraina in funzione anti-russa bastano le dichiarazioni di Merkel e Hollande, che non staremo a ripetere. Non perderemo nemmeno tempo a dimostrare la presenza dei neo-nazisti e dei banderisti in Ucraina – dopo l’elogio televisivo di Gramellini del nazista di Azov: ‘giusto’ come Schindler. Sulla questione dell’odio razziale, ricordiamo che non esistono razze umane, bensì solo etnie e culture (e la frase è, quindi, di per sé razzista). Ma è quel “senza alcuna disamina o riproposizione di posizioni diverse”, che rasenta il grottesco.
Facciamo alcuni esempi. In quanti casi alle posizioni di un Bassetti (6) si sono contrapposte quelle di un Bellavite sui vaccini? O di fronte a un Burioni si è citato un Montagnier per l’origine del Sars-CoV-2? A ogni affermazione di un Netanyahu perché i media non propongono la risposta di Ahmad Yasin, ossia le ragioni di Hamas? Perché non si dà il medesimo spazio agli strali green di Greta Thunberg e alla pacata risposta di un Antonino Zichichi? La verità assoluta e fideistica nella visione unipolare occidentale non ammette repliche e imporre la par condicio come se fosse una condizione sine qua non potrebbe ritorcersi proprio contro coloro che affermano di volerla. Etichettare come propaganda ogni posizione dissenziente è pericolosissimo.
Se volessimo davvero mettere il dito nella piaga chiediamoci perché AGCOM nulla abbia avuto a obiettare per il ritorno in auge del Mein Kampf, prima in La mia battaglia in VR (7) e ora con Stefano Massini che dialoga alla Pergola di Firenze con Danco Singer in occasione della ripubblicazione del libricino di Adolf Hitler (Einaudi Editore) – con introduzione di Dario Nardella (ex sindaco che, mesi fa, si era tanto preoccupato per la trasmissione fiorentina del film Il Testimone). Perché se è vero, come affermava Primo Levi, che niente è più necessario della conoscenza per evitare il ripetersi della tragedia, è altrettanto vero che Einaudi ha tutti i diritti di pubblicare ciò che vuole e noi cittadini di leggere o assistere a ciò che più ci aggrada. Tra apologia e lettura critica il discrimine è, in ogni caso, minimo e non è detto che proporci una cosiddetta lettura critica del Mein Kampf non possa portarci proprio a condividere le opinioni dell’ex imbianchino austriaco. Ma ciò che dovrebbe contraddistinguere una democrazia sta proprio in questo: la libertà di pensiero, parola, opinione e manifestazione, oltre che di espressione artistica. Subordinarla a contraddittori sappiamo che è impraticabile e impraticato (quando fa comodo ai nostri poteri forti) ma, soprattutto, è l’ennesimo segnale dell’infantilizzazione del cittadino. E un cittadino deresponsabilizzato sarà anche più malleabile, nel breve, ma non è detto sia più affidabile, nel lungo periodo…
(1) Ente regolatore delle comunicazioni elettroniche e dei media in Italia
(2) https://www.inthenet.eu/2024/03/15/donbass-ieri-oggi-e-domani-il-documentario-di-tatiana-borsch/
(3) https://dzen.ru/video/watch/65e6856fcaeefe50036435b3
(6) Ricordate il suo Jingle Bells? https://www.today.it/tv/news/bassetti-crisanti-pregliasco-canzone-natale-si-vax.html
(7) La recensione dello spettacolo: https://www.inthenet.eu/2020/10/30/esercizi-di-fantastica-e-segnale-dallarme-la-mia-battaglia-vr/
Il trailer al documentario per chi voglia farsi una propria idea: https://t.me/shmel_chik/5180
venerdì, 21 giugno 2024
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay