I diktat del ‘nuovo ordine’
di Federico Giusti
Le ripetute cariche agli studenti romani, i fermi e gli arresti, in attesa di svariate denunce per innumerevoli reati, sono un ulteriore campanello di allarme per la democrazia ma anche per gli spazi di agibilità dei movimenti, dei sindacati e delle realtà sociali.
Iniziare a riflettere sulla fase è scelta obbligata perché da mesi ormai non passa giorno in cui non ci siano cariche a reprimere manifestazioni di piazza.
Non siamo ancora in presenza di uno Stato di Polizia ma resta innegabile che molte iniziative di piazza oggi vengono attenzionate e sottoposte a continue pressioni mediatiche per riportare ‘ordine, legalità e sicurezza’ nelle scuole, nelle università e nei luoghi di lavoro. Esiste, del resto, una vasta normativa atta a reprimere e criminalizzare l’opposizione sociale e il dissenso, trasformandone le tematiche in un problema di ordine pubblico. Il presidio o picchetto davanti a un magazzino possono essere repressi per poi far partire fogli di via e denunce con capi di imputazione che prevedono lunghe detenzioni. I Pacchetti sicurezza sono stati approvati negli anni per trasformare il facchino, l’operaio, l’occupante di casa come nemico pubblico e lo stesso vale per le manifestazioni ambientaliste e, oggi, le proteste studentesche.
L’obiettivo è quello di plasmare una società ordinata e rispettosa dei valori condivisi dalla maggioranza della popolazione e dal potere politico – che poi la maggioranza sia silenziosa e costruita ad arte con l’occupazione di ogni organo di stampa è cosa risaputa.
In quest’ottica la rinnovata attenzione del legislatore verso le istanze militari e poliziesche, la istituzione poliziale è tenuta in piedi anche ricorrendo a strumenti contrattuali e di welfare funzionali a costruire condizioni di miglior favore per gli operatori delle forze armate e dell’ordine rispetto ai restanti dipendenti pubblici, ovviamente a salvaguardia dello status quo.
Nell’immaginario collettivo le forze armate e la polizia diventano titolari di due missioni costitutive, ossia prevenire e reprimere il crimine e salvaguardare la sicurezza nazionale rieducando la cittadinanza a partire da una assidua presenza nelle scuole di ogni ordine e grado. Siamo in presenza della costituzione di una cultura militare e di un sistema valoriale atti a costruire un ordine sociale codificato su basi piramidali e con alcuni disvalori come l’obbedienza destinati ad affermarsi in una società nella quale pratiche e strumenti democratici diventano sempre più angusti.
La domanda alla quale alcuni (1) provano a rispondere è quale ordine la polizia mantenga e la risposta è quasi scontata, ossia “Un ordine stratificato, un ordine gerarchico. L’ordine su cui è costruita tutta la nostra società”.
Siamo di fronte a crescenti disuguaglianze sociali ed economiche acuitesi negli ultimi quarant’anni, alla contrazione degli spazi di libertà e democrazia, alla costruzione di un nuovo immaginario collettivo nel quale esponenti delle Forze armate e dell’ordine la fanno da padroni, in nome di un sistema di regole che salvaguarda e preserva da ogni cambiamento radicale in termini economici e sociali.
Anche una semplice vertenza per l’equità salariale, una campagna per combattere la cultura militarista diventano un pericolo e, per questo, vanno repressi dettando le linee guida di comportamenti individuali e collettivi che ci condanneranno presto a trasformarci in una sorta di obbedienti replicanti di regole codificate trasformate in valori assoluti. Significativa, a proposito, la stessa nozione di sicurezza che esclude in partenza la partecipazione democratica, il dissenso e ogni voce critica, sicurezza significa procedere con la militarizzazione del corpo sociale o semplicemente con maggiori contingenti di militari e di forze dell’ordine. Non si individuano le cause dell’insicurezza sociale e men che mai se queste cause sono di natura economica.
Anche all’interno delle forze dell’ordine e dei settori militari stanno avvenendo dei cambiamenti pericolosi per piegare ogni comportamento individuale e collettivo alla cieca e acritica obbedienza, a rivestire quel ruolo di guardiani di un ordine che vorrebbe essere immutabile. Per questo sono invise le proteste di agenti di Ps contro i questori per la gestione del personale e dei servizi o per chiedere locali e macchine idonee e funzionanti, la stessa presenza dei sindacati nelle forze di polizia deve essere ricondotta a ruoli e funzioni ben definiti per non disturbare il manovratore politico ubbidendo agli ordini calati dall’alto.
Militari, in passato, hanno protestato contro l’uranio impoverito che ha ucciso centinaia di soldati (2) o che si sono mobilitati contro i tumori per l’amianto sono ormai corpi estranei alle forze armate. Al massimo restano la pietas e la retorica di patria per quanti si sono ammalati in servizio, nel corso di operazioni di guerra e non. Chi protesta è oggi un cattivo esempio da perseguire e da arginare con codici etici e disciplinari affinché la cieca obbedienza prevalga su ogni senso civico e sul diritto di espressione che dovrebbe, fino a prova contraria, rappresentare il baluardo su cui si regge l’intero impianto della democrazia.
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venerdì, 14 giugno 2024
In copertina: Foto di UnratedStudio da Pixabay