Avviata la raccolta firme dell’Associazione radicale Diritti alla Follia
di La Redazione di InTheNet
Abbiamo preso in prestito un aforisma di Alda Merini per titolare l’iniziativa dello scorso giovedì 18 aprile, promossa da Diritti alla Follia, che ha depositato in Corte di Cassazione la raccolta firme relativa alla proposta di legge per “l’abolizione dell’interdizione e dell’inabilitazione e per la riforma dell’amministrazione di sostegno”.
Sempre più figli e figlie si stanno accorgendo del perché nel 2016 il Comitato delle Nazioni Unite (ormai un guscio vuoto come ci sta dimostrando Gaza), istituito dalla Convenzione per i Diritti delle persone con Disabilità (CRPD), “raccomandava alI’Italia la necessità di rispettare i diritti riconosciuti dalla Convenzione alle persone con disabilità, provvedendo all’abolizione dell’interdizione, dell’inabilitazione e dell’amministrazione di sostegno sostitutiva”. Questo perché, aldilà delle intenzioni del nostro legislatore, in questi anni il giudice tutelare e l’AdS hanno di fatto assunto poteri tali da sostituirsi in decine di migliaia di casi al volere dei loro assistiti, denominati ‘beneficiari’. Estranei che, anche quando benintenzionati, sono in ogni caso privi di una conoscenza approfondita della persona e delle sue esigenze, dei suoi sogni e bisogni (non solo materiali) e che si sostituiscono di fatto all’individuo nella scelta del “luogo dove vivere, delle comunicazioni da intrattenere, delle cure a cui sottoporsi”, recidendo relazioni familiari, affettive e amicali, intromettendosi nell’intimità dei nuclei parentali, “con una delega in bianco che viola in modo clamoroso gli obblighi internazionali dell’Italia quale firmataria della CRPD”, ossia la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità.
Come sottolinea Diritti alla Follia la Legge 6/2004, che ha introdotto la figura dell’Amministratore di Sostegno, ha anche favorito “vere e proprie vergognose ruberie di cui spesso la cronaca rende rappresentazione”, scegliendo le strutture più costose, favorendo indirettamente l’aumento delle rette di Rsa e Case di Cura, svendendo patrimoni mobiliari e immobiliari per favorire un giro d’affari che nulla ha a che vedere con la cura e gli interessi dei cosiddetti beneficiari e dei loro familiari.
Come denuncia Diritti alla Follia, possiamo testimoniare di: “internamenti forzati in strutture sanitarie; impossibilità di avvalersi di una difesa legale; separazione brutale da familiari, congiunti di fatto, amici; cinica sordità di fronte alle più svariate esigenze esistenziali; coercizione farmacologica con aggiramento delle garanzie stabilite dalla disciplina del trattamento sanitario obbligatorio (TSO)”, mentre i familiari possono non avere i mezzi e/o gli strumenti per difendere se stessi e i cosiddetti beneficiari.
E ancora, sempre più spesso, i colleghi della stampa (anche a rischio di querele per diffamazione) denunciano Rsa e Case di Cura intorno alle quali “si è sviluppato, nel tempo, un torbido mondo di alleanze e cointeressenze che lega Giudici tutelari, amministratori, medici, servizi sociali, consulenti tecnici e strutture sanitarie private”. Mentre l’Amministratore di Sostegno, che avrebbe dovuto essere al servizio dell’individuo, soprattutto se parente più prossimo, e della comunità, senza scopo di lucro e senza, quindi, corrispettivo economico, si è trasformato in un professionista esterno, chiamato a gestire patrimoni ragguardevoli “spesso dietro ricchi compensi esentasse”.
Per tutte queste ragioni (si vedano 1 e 2), giovedì 18 aprile, a Roma, una delegazione di associati ha depositato una Proposta di legge di iniziativa popolare per l’abolizione dell’interdizione, dell’inabilitazione, e per la riforma dell’amministrazione di sostegno. Perché non è necessario usare una camicia di forza per costringere una persona in un’epoca in cui psicofarmaci e tecniche coercitive, interessi e leggi hanno ricreato una piovra paragonabile a quella delle passate istituzioni totali.
Tra i sostenitori dell’iniziativa, Nina Palmieri, giornalista delle Iene, sotto processo per avere denunciato l’internamento forzato – grazie all’amministrazione di sostegno – di Carlo Gilardi nella Airoldi e Muzzi di Lecco (clinica dai costi proibitivi). Nonostante la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo abbia censurato la violazione dei diritti fondamentali del professore di Airuno, Carlo Gilardi non è mai tornato a casa propria (come avrebbe voluto) da vivo.
Tra gli altri, anche Barbara Pavarotti, giornalista, protagonista di una drammatica vicenda che l’ha vista totalmente estromessa dalla vita e dalle cure al compagno, rinchiuso in una Rsa (3), e che ha sublimato la propria sofferenza nell’impegno civile e artistico, affiancando la regista Roberta Zanzarelli del docufilm, La prigionia dei vecchi e degli inutili.
E poi molti avvocati, anche con esperienze professionali diverse e diverse posizioni politiche – da Antonio Ingroia a Carlo Taormina, fino a Gioacchino Di Palma, dell’associazione Telefono Viola, che oggi vive in prima persona gli effetti perversi dell’attuale normativa.
È cominciato un percorso che non solamente mira a salvaguardare i diritti delle persone con disabilità psicosociale – i nostri anziani, ma anche fratelli, sorelle o compagni che sono inciampati in una malattia che può condurre a una disabilità permanente, fisica, psicologica o sociale. Ma anche a salvaguardare noi stessi che, a ogni passo, rischiamo di trasformarci in ‘beneficiari’ di un sistema che non fornisce le garanzie giuridiche per il rispetto della nostra dignità, dei nostri sogni e bisogni.
(1) https://www.inthenet.eu/2024/02/23/rsa-il-nuovo-business/
(2) https://www.inthenet.eu/2024/03/22/solo-gli-uomini-odiano-le-donne/
(3) https://www.inthenet.eu/2023/07/21/dis-ordinati_messaggi-dal-futuro/
venerdì, 26 aprile 2024
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