Ulteriori approfondimenti sulla giornata/evento del 9 marzo a Bassano del Grappa
di Roberto Rinaldi
Pretendiamo verità e giustizia è il titolo di una manifestazione che si è svolta a Bassano del Grappa il 9 marzo scorso, con l’intento di sollecitare le istituzioni sanitarie ad assumersi la responsabilità su come è stata gestita la campagna vaccinale, e soprattutto, a prendersi in carico chi è stato colpito da reazioni avverse, ammalandosi, dopo essersi sottoposto all’inoculazione di un ‘farmaco sperimentale’, come è stato ribadito più volte dai relatori medici, del quale abbiamo già dato notizia (1), riportando alcuni degli interventi scientifici su invito dell’europarlamentare Sergio Berlato – tra cui quello della dottoressa Silvana De Mari; il dottor Massimo Citro Della Riva; il biologo molecolare Leonardo Guerra; il medico e ricercatore Paolo Bellavite; il neuroendocrinologo Giovanni Frajese. I medici hanno denunciato con forza come la Scienza Medica sia stata sostituita da una volontà superiore dettata da scelte politiche, le quali hanno sottratto e perfino impedito alla Medicina di poter curare la Covid-19 con le terapie farmacologiche a disposizione e che per esperienza clinica potevano essere somministrate con efficacia. “La vigile attesa e tachipirina” non era certamente un protocollo che potesse curare e tanto meno impedire ai malati di aggravarsi fino al punto di essere ricoverati nei reparti di terapia intensiva, dove molti sono deceduti. Tra i sanitari che hanno scelto di essere sospesi dal loro servizio per essersi rifiutati di sottoporsi alla vaccinazione obbligatoria, è intervenuto anche il dottor Dario Giacomini, medico chirurgo sospeso nel 2021, fondatore e presidente dell’Associazione ContiamoCi! e del Sindacato Di.Co Si. Contiamoci.
L’intervento del dottor Dario Giacomini
«Io sono un medico ma, purtroppo, uno dei troppo pochi che sono stati sospesi. Troppo pochi perché, se tutti i colleghi avessero avuto la stessa determinazione, la stessa volontà, lo stesso coraggio, nessuno avrebbe vissuto quello che abbiamo provato in questi quattro anni e quello che subiremo in futuro. I responsabili hanno un nome e un cognome, e io personalmente non pretendo di sapere la verità. La verità mi arrogo il diritto di dire che la conosciamo e si tratta solamente di farla applicare. Mi auguro che a quello arrivi la Giustizia, soprattutto per tutti coloro che sono stati ingannati, che questa verità non l’hanno conosciuta e poi hanno subito reazioni avverse o sono deceduti. Io sono vicino alle famiglie di chi ha subito dolore e sofferenza». Rivolgendosi al pubblico Giacomini ha poi invitato ad applaudire «i medici che sono andati comunque nelle case, da sospesi, con il rischio di essere radiati, a curare. Perché questi sono i medici e la medicina che l’Italia merita di avere e che ha. Ciò che è successo, però, non lo possiamo capire se non andiamo indietro nel tempo, se non vediamo quale è stato il percorso che ha portato a quanto abbiamo vissuto; perché è una decisione che viene da lontano, avendo individuato nella salute e nella paura della morte lo strumento attraverso il quale si può controllare la popolazione che volontariamente va incontro a chi le garantisce benessere, salute e vita». Il dottor Dario Giacomini ha poi citato il progetto One Health: «Una salute che non riguarda più solamente l’essere umano, ma si integra con la salute animale e ambientale. Unica e globale. E ciò implica tutta una serie di conseguenze. Si sono accorti, sostanzialmente, che i cambiamenti climatici, la modifica del territorio, l’invasività delle attività degli esseri umani nei confronti dell’ambiente, tutto ciò ha aumentato le possibilità che si verifichi una trasmissione di virus, di agenti patogeni all’uomo». Il dottor Giacomini ha segnalato anche il rischio che tutta la categoria a cui appartiene andrà incontro: «tramite il progetto One Health – che fa parte dell’Agenda 2030 – a un controllo globale della nostra salute. Già per il 2024 è stata proposta una modifica del Codice deontologico dei medici, che implica come il sanitario debba essere anche garante della salute ambientale. Il medico non avrà più il diritto di contestare le vaccinazioni, anzi non potrà rifiutarsi di praticarle». E sull’argomento anche gli altri relatori hanno espresso le loro evidenze scientifiche supportate da studi e casistiche.
Il testimone passa al dottor Giovanni Frajese
Il dottor Giovanni Frajese professore associato all’Università degli Studi di Roma Foro Italico, specialista in Endocrinologia, ha esordito spiegando come «il profarmaco (2) genico è ancora oggi, nel 2024, in una fase sperimentale mentre ciò che si sa è che, in realtà, ci si trova di fronte a una terapia di tipo genico».
Frajese ha poi continuato: «I vaccini mRNA non sono stati studiati per impedire la trasmissione del virus con la garanzia di trovarsi tra persone che non sono contagiose. Averli chiamati vaccini ha modificato un iter anche di tipo scientifico rispetto a quello che normalmente accade per i farmaci. Il vaccino – per definizione precedente – è una sostanza inerte, senza azione farmacologica, che non può andare da nessuna parte, rimane lì dove viene inoculato. Il vaccino procura normalmente una reazione immunologica al corpo nei confronti di un antigene. In questo caso, ci si trova di fronte a un profarmaco perché stimola la cellula a creare l’mRNA e questo processo ha un’azione farmacologica, ossia attiva. Ogni farmaco sperimentato necessita di essere studiato e analizzato nel campo della farmacocinetica e farmacodinamica, per comprendere quale dosaggio si possa somministrare senza effetti collaterali e per evitare che sia nocivo per la persona. Bisognava analizzare per quanto tempo resta nel corpo umano. Nulla di tutto questo è stato fatto».
Il dottor Frajese, nel concludere il suo intervento, ha voluto ricordare come sia stato assurdo vaccinare chi aveva già sviluppato gli anticorpi essendo stato malato di Covid-19 – laddove l’immunoprotezione è presente e protegge.
L’intervento del dottor Massimo Citro Della Riva, autore di V-19 (3)
Preciso l’esordio del dottor Massimo Citro Della Riva: «Non sono vaccini ma farmaci sperimentali quelli che sono stati inoculati (…). Un farmaco iniettabile che non è un vaccino è stato spacciato per tale e centinaia di milioni di persone sono state inoculate facendo leva sulla paura, sul senso civico, sulla buona fede. I decreti di emergenza hanno obbligato all’iniezione, perfino col ricatto. Con l’illusione di un’immunità che non c’è mai stata (…)». Il relatore ha poi spiegato perché lo stesso non sia un vaccino: «Primo passaggio: come abbiamo studiato a scuola, il vaccino è un medicinale che contiene un microrganismo patogeno o una sua parte: questo patogeno deve essere attenuato in modo da non poter provocare la malattia. L’attenuazione si raggiunge con tantissimi passaggi su colture cellulari o su determinati terreni. In questo modo rimane soltanto la capacità di stimolare anticorpi. La differenza fra il patogeno e il suo vaccino è che il primo è infettivo e produce malattia, il secondo no. Secondo passaggio: se il patogeno non fosse attenuato, la sua inoculazione provocherebbe la malattia. L’innocuità è il primo requisito di un vaccino. Riporto dai testi universitari degli anni Settanta: “l’antigene deve essere reso incapace di nuocere”(4). Quindi, ci troviamo di fronte a un no-vax, ossia un non vaccino. Inoculare senza aver attenuato il microrganismo vuol dire introdurre un patogeno con tutta la sua aggressività e il potere d’infettare».
Sono questi alcuni passaggi in cui il dottor Citro Della Riva ha smentito l’efficacia dei ‘farmaci sperimentali’, dimostrando che i ‘vaccini’ mRNA non sono stati attenuati: «L’mRNA non può produrre proteine attenuate, non può attenuare quel che produce» e, di conseguenza, la tossina spike si è rivelata nociva. L’analisi condotta si avvale di 321 citazioni bibliografiche scientifiche che dimostrano quanto sia stato ignorato per evitare conseguenze gravi alla salute delle persone. Una vaccinazione di massa ha comportato delle ricadute nefaste i cui risultati stanno emergendo sempre di più. Il medico ha presentato anche una Relazione scientifica al Senato della Repubblica Italiana in cui si contesta come «dal punto di vista clinico, l’obbligatorietà di questi sieri non ha alcun fondamento scientifico». E uno dei passaggi più incisivi della sua Relazione è la dimostrazione di come sia stato un errore grave vaccinare indistintamente sia i guariti che i non infettati dalla Covid-19: «Quanto più alto è il numero dei vaccinati tanto più si favorisce la formazione di varianti resistenti (5). Non si dovrebbe mai vaccinare durante una pandemia, soprattutto con questo tipo di virus, “poiché il virus reagirà mutando, producendo varianti che saranno sempre più veloci di noi” (6). Più si vaccina, più si formano quasispecie, una storia infinita che mantiene l’epidemia oltre ogni limite. Si chiamano mutazioni di fuga dal vaccino (7). (…) Vi è poi un altro aspetto: nei confronti delle varianti funzionano meglio gli anticorpi prodotti dall’infezione naturale».
Il dottor Giuseppe Barbaro dal sito di Radio Radio (8)
In merito alla diffusione rapida di miocarditi e pericarditi a seguito delle vaccinazioni, il dottor Giuseppe Barbaro ha fornito una spiegazione tecnica: “Ho una casistica di miocarditi e pericarditi, in alcuni casi anche importanti. Il fenomeno interessa almeno un 20% di soggetti sotto i 40 anni con una mortalità intorno al 3%. Oltre a queste, si manifestano anche alterazioni cardiovascolari, come ischemie coronariche cerebrali o agli arti inferiori, poiché questo è un profarmaco genico, che viene chiamato vaccino. Ma il vaccino, per definizione, è un farmaco che previene l’infezione e il contagio. Questo, al contrario, è un profarmaco genico ben noto non per prevenire infezione o contagio. Tutto ciò l’aveva ammesso la stessa industria farmaceutica ed era ben noto anche all’atto dell’emanazione della legge 7621 sull’obbligo vaccinale. In conseguenza di questa vaccinazione abbiamo visto che questo profarmaco produce una proteina spike che non è né inattivata né attenuata».
Barbaro ha poi continuato: «La cosa più triste per quanto riguarda la classe medica durante l’emergenza Covid e che c’è stata l’indicazione di non trattare i pazienti a domicilio e di dare loro delle indicazioni a distanza riguardanti il trattamento non solo con la tachipirina – che non è un antinfiammatorio, ma un antipiretico che riduce il glutatione e potenzia anche l’infettività virale – ma addirittura con la vigile attesa. Il punto è che non esiste in medicina il principio della ‘vigile attesa’. In medicina esiste un assioma che è ‘time is life’. Il tempo è vita sia a livello di prevenzione, con la diagnosi precoce, sia a livello di trattamento precoce. Al contrario, per la prima volta in medicina, si introduceva un concetto completamente opposto, ossia la vigile attesa, che ha portato automaticamente a complicanze e all’aumento della mortalità».
Il professor Paolo Bellavite riguardo la farmacovigilanza e la vaccinovigilanza
Pubblichiamo – per gentile concessione del professor Bellavite – uno studio che sottolinea come Gianni Rezza (uno tra i responsabili della campagna vaccinale del Ministero della Salute) abbia ‘calato’ il numero citato dall’ex Ministro della Salute Speranza di 150.000 ‘vite salvate’ alla cifra di sole 22.000. Già questo sarebbe argomento tale da confermare le accuse a Speranza di ‘falso ideologico’. Ma anche su quest’ultima cifra di 22.000 c’è molto da dubitare. Come si possono calcolare le migliaia di ‘vite salvate’? Secondo il professor Paolo Bellavite: a) sovrastimando l’efficacia del siero; e b) sottostimando gli eventi avversi mortali.
Chiariamo meglio i due concetti partendo dalla sovrastima dell’efficacia
Siccome si presume che il ‘vaccino’ entri in funzione una o due settimane dopo l’inoculo, sono stati considerati ‘non vaccinati’ anche i ‘vaccinati’ fino a una o due settimane dopo l’inoculo: se un vaccinato moriva positivo alla Covid-19 entro quel periodo, il suo caso era contato tra i non vaccinati. Questo problema diventa ancor più grave se si pensa che un inoculo che produce proteina spike (tossica per il sistema cardiovascolare) fatto durante un picco epidemico può facilmente sovrapporre i suoi effetti a una Covid-19 latente o appena insorta e, quindi, causare effetti dannosi al vaccinato nei giorni successivi; ma tali effetti dannosi erano computati come se fossero insorti in un non vaccinato.
In secondo luogo, il confronto è falsato se si considerano ugualmente sani i vaccinati e i non vaccinati (il cosiddetto healthy vaccinee bias). Al contrario, chi si vaccina in genere è già più sano di chi non si vaccina; ad esempio, è certo che se una persona era moribonda o aveva la Covid-19 (o era positiva al tampone) non andava a vaccinarsi ma, se moriva nei giorni dopo l’inoculo, il caso mortale era computato tra i non vaccinati.
Terzo, si consideravano ‘morti di Covid-19’ anche coloro che morivano a causa di altre patologie ma erano positivi alla Covid-19: in tal modo si sono amplificati gli effetti dalla pandemia ma anche, in proporzione, quelli della vaccinazione. Lo stesso ‘errore’ si applicherebbe anche ai ‘vaccinati’ (morti positivi alla Covid-19 entro le due settimane successive all’inoculo); ma nel caso dei decessi dopo la vaccinazione il meccanismo è inverso (vedi sotto), per cui il calcolo delle ‘vite salvate’ è comunque alterato. Questo ‘errore’ è grave se si pensa che i morti positivi alla Covid-19 avevano un’età media di 83 anni e le ‘vite salvate’ – cui si riferiscono oggi Speranza e Rezza – riguardano nella massima parte persone ultra-ottantenni.
La sottostima degli effetti avversi
Per quanto concerne il secondo punto: «Si è dedicata poca o nessuna attenzione alla vaccinovigilanza e, quindi, nel calcolo delle ‘vite salvate’ non si considerano quelle ‘perse’ a causa della campagna vaccinale. Al di là dei proclami e delle dichiarazioni ufficiali, la vigilanza sugli effetti avversi entrò in panne già nel marzo del 2021. Particolarmente grave è stata la scarsità di segnalazioni da parte dei medici e del personale sanitario, che per legge sarebbero tenuti a segnalare SEMPRE gli eventi avversi di cui sono venuti a conoscenza.
In secondo luogo si segnalavano solo gli eventi avversi mortali che si ‘sospettasse’ fossero dovuti al vaccino, ma il ‘sospetto’ pare non venisse proprio… perché i già pochi segnalatori non credevano che gli inoculi potessero provocare morti improvvise e da accidenti cardiovascolari. Questa ‘ignoranza’ era dovuta, in parte, al disinteresse a documentarsi, in parte alla censura totale delle informazioni a livello di AIFA, stampa mainstream e organizzazioni mediche.
E infine, nonostante i difetti della vaccinovigilanza, circa un migliaio di decessi sono arrivati a essere segnalati (comunque molto inferiori alla realtà). Tuttavia, questi sono stati ‘derubricati’ come dovuti ad ‘altre cause’ perché qualsiasi malattia avesse la persona morta dopo l’inoculo, la morte secondo i ‘consulenti’ di AIFA era dovuta a quella malattia e non al materiale iniettato.
The Problem of Home Therapy during COVID-19 Pandemic in Italy: Government Guidelines versus Freedom of Cure? (9)
Proseguiamo con un testo di capitale importanza, in una versione parziale tradotta dall’inglese (gentilmente concessa del professor Bellavite ma non presentata a Bassano).
Dopo essere iniziata alla fine del 2019, la Covid-19 si è diffusa in tutto il mondo e l’Italia è stata una tra le prime nazioni occidentali a esserne gravemente colpita. A quel tempo, sia il virus che la malattia erano poco conosciuti e non c’erano indicazioni per il trattamento della medicina basata sull’evidenza. Le linee guida del Ministero della Salute affermavano che, a meno che la saturazione di ossigeno non fosse scesa al <92%, non fosse necessario alcun trattamento farmacologico nelle prime 72 ore, se non su base puramente sintomatica, preferibilmente con paracetamolo. Come successivamente confermato, quel ritardo nell’intervento terapeutico potrebbe essere stato responsabile di numerosi ricoveri ospedalieri e di una letalità molto elevata (3,5%). Per cercare di porre rimedio a questa situazione, si sono formati diversi gruppi di volontari, riuscendo a curare tempestivamente migliaia di pazienti a casa con farmaci antinfiammatori non steroidei e una varietà di farmaci riutilizzati (principalmente idrossiclorochina, ivermectina) e integratori (come gli antiossidanti, polifenoli e vitamina D). Sebbene non documentati da alcuno studio randomizzato e controllato, questi approcci erano comunque basati sulle migliori evidenze disponibili, erano mirati a rispondere a bisogni importanti altrimenti non soddisfatti e hanno prodotto una significativa riduzione dei ricoveri, della durata dei sintomi e un completo recupero dalla malattia rispetto ai pazienti tardivi.
Un tempestivo confronto, con uno scambio chiaro e aperto tra le Istituzioni sanitarie e i suddetti gruppi di medici volontari, avrebbe potuto chiarire gli approcci più efficaci per ridurre il numero di ricoveri e la letalità di questa malattia. In un ambiente EBM, molti di loro si sono sentiti a disagio nel trattare i pazienti affetti da Covid-19 a casa, senza il supporto di linee guida chiare. Per tutti questi motivi sarebbe stato assolutamente necessario che intervenissero le istituzioni internazionali competenti, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i maggiori organismi di regolamentazione, quali la Food and Drug Administration e l’Agenzia europea per i medicinali, e nel caso dell’Italia, in particolare, il Ministero della Salute e l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), a stabilire che – in mancanza di evidenze mediche disponibili – spettava al giudizio professionale di ciascun medico decidere il miglior trattamento possibile, caso per caso, in accordo con i principi etici generalmente accettati della professione medica (10). Già all’inizio del 2020 alcuni di noi esprimevano un parere sull’argomento affermando che “in attesa di fatti certi basati sull’EBM per il trattamento della Covid-19, sarebbe assolutamente immorale lasciare i pazienti a casa senza cure, accettando il rischio che la malattia possa peggiorare, dovremmo invece cercare di provare altri trattamenti farmacologici, anche off-label, con farmaci disponibili e ben collaudati per altre condizioni, che potrebbero rivelarsi efficaci anche contro la Covid-19, sulla base del quadro fisiopatologico e i meccanismi della malattia, che via via venivano conosciuti e sulle azioni ben note di questi farmaci” [1]. Già allora l’indometacina era indicata come uno tra i farmaci in grado di apportare benefici nel trattamento della Covid-19, sia per la sua potente azione antinfiammatoria sia, soprattutto, per la sua nota azione antivirale [2]. In Italia, invece, il Ministero della Salute ha emanato raccomandazioni per trattare la malattia solo su base sintomatica, utilizzando paracetamolo per febbre e dolore, aspettando e monitorando la saturazione di ossigeno mediante pulsossimetro e intervenendo solo nel caso in cui il livello della saturazione di ossigeno fosse sceso al di sotto del 92%, quando il ricovero ospedaliero sarebbe stato inevitabile [3]. Queste linee guida non hanno tenuto conto del fatto che la malattia ha diversi stadi e, in molti pazienti, se non adeguatamente trattati, lo stadio di infezione delle vie respiratorie è rapidamente e imprevedibilmente seguito da grave infiammazione multisistemica con coinvolgimento dei sistemi di coagulazione e ‘tempeste’ di citochine e bradichinine. Inoltre, un calo della saturazione di ossigeno al di sotto del 92% indica che a quel punto si sono già verificati danni significativi ai polmoni, e probabilmente anche ad altri organi, e che non si può escludere il rischio che si manifestino altre malattie croniche, anche dopo ripresa dalla Covid-19, con conseguente onere sul Sistema Sanitario Nazionale. Queste raccomandazioni ufficiali stabilivano inoltre che non fosse necessario alcun farmaco prima delle 72 ore (pagine 9 e 10) [3]. In presenza di una malattia infettiva diagnosticata, tuttavia, non sembra etico restare a guardare e non avviare un trattamento farmacologico per combattere l’infezione e tentare di arrestare la progressione della malattia, soprattutto in questo caso dove si è visto che le fasi successive della malattia possono essere davvero pericolose, al punto da determinare la possibile insorgenza di complicanze che poi diventano difficilmente controllabili. Questo ritardo nell’assistenza domiciliare, come successivamente confermato, potrebbe essere stato responsabile, soprattutto nei primi mesi del 2020, sia dell’elevato numero di ricoveri ospedalieri, con il sovraccarico degli ospedali mal organizzati per rispondere alla crescente domanda, e dell’altissimo tasso di letalità registrato all’epoca (13,7%). A livello mondiale, ma in particolare in Italia, la pandemia è stata affrontata quasi esclusivamente attraverso la vaccinazione anti-Covid-19, anche se questi vaccini erano ancora autorizzati solo per uso emergenziale e, quindi, la loro sicurezza, nel breve, medio e lungo termine, non era ancora stata chiarita con certezza. Inoltre, con il passare dei mesi è diventato evidente che non solo il vaccino non impediva la possibilità di contrarre il virus, per cui anche le persone vaccinate potevano diffondere l’infezione, ma altresì che il vaccino riduceva rapidamente il suo livello di protezione, necessitando quindi di richiami, che sono stati somministrati anche con vaccini diversi da quello basale. Pertanto, molte persone completamente vaccinate hanno contratto la malattia anche se, per lo più, in modo meno grave, sebbene un certo numero di loro abbia comunque richiesto il ricovero in ospedale, cure intensive e molti siano addirittura morti [4-6]. Una discussione dei segnali preoccupanti della patogenicità di questi vaccini di nuova concezione e del rapporto beneficio/rischio variabile nelle diverse età della vita va oltre lo scopo di questo articolo.
Alla luce di questi fatti, che diventano sempre più evidenti man mano che si raccolgono le esperienze dei medici di tutto il mondo, è necessario chiedersi se concentrare tutte le risorse sul vaccino sia stata una buona scelta. Allora perché non puntare anche sui protocolli di terapia domiciliare, in attesa di protocolli terapeutici precisi basati sull’EBM? In Italia molti medici hanno curato i pazienti a domicilio, anche attraverso sistemi di telemedicina, attingendo alle loro conoscenze e guidati da scienza e coscienza. La maggior parte di questi medici, visto che la malattia innescava una forte infiammazione d’organo e sistemica, associata a episodi di micro e macro trombosi, utilizzava i FANS in associazione a farmaci antitrombotici (anti piastrinici o eparine a basso peso molecolare), più protezione gastrica. La scarsa risposta e organizzazione dell’assistenza sanitaria a livello locale in Italia, di fronte alla pandemia, ha portato alla formazione di diversi gruppi di volontari, principalmente medici ma anche altri operatori sanitari e non, che hanno unito le forze nel tentativo di porre rimedio alla situazione che si era venuta a creare e aiutare le strutture sanitarie nella lotta alla pandemia, fornendo grande sostegno all’opinione pubblica disorientata e spaventata. I più grandi tra i tanti gruppi allora costituiti erano il gruppo Early Home Therapy for Covid-19, fondato nel marzo 2020 dall’avvocato Erich Grimaldi, e il gruppo Ippocrate.org (11), fondato tra maggio e luglio 2020 da Mauro Rango. Entrambe le organizzazioni da allora hanno curato migliaia di casi di Covid-19 a domicilio, anche tramite monitoraggio remoto, utilizzando trattamenti personalizzati con farmaci, principalmente antinfiammatori non steroidei (FANS) ma anche vitamine, integratori alimentari e farmaci riutilizzati come l’idrossiclorochina, l’ivermectina, somministrata, quando possibile, alla comparsa dei sintomi, al fine di prevenire il peggioramento clinico e favorire un completo recupero. Questo tipo di approccio, secondo i medici partecipanti, basato sull’osservazione clinica, ha portato a ottimi risultati, come documentato dal netto calo dei ricoveri, della durata dei sintomi e del numero dei decessi. Risultati preliminari con casistiche retrospettive di queste esperienze sono già stati pubblicati dai nostri gruppi di ricerca [7, 8].
Andamento della letalità in Italia durante la pandemia: fattori determinanti
Quando il SARS-CoV-2 è apparso per la prima volta, la Covid-19 era una malattia praticamente sconosciuta, i cui meccanismi fisiopatologici non erano noti e che poteva portare addirittura alla morte della persona infetta. Pertanto era necessario adottare e attuare tutte le misure utili per chiarire i meccanismi rilevanti e indagare il più rapidamente possibile la natura di questa malattia, per poterla curare nel miglior modo possibile. A tal fine, le autopsie dei pazienti affetti da Covid-19 rappresentavano sicuramente il più rapido e importante tra i vari mezzi a nostra disposizione per comprendere i meccanismi e gli effetti della malattia sul nostro organismo. Tuttavia, la circolare del Ministero della Salute del 1° aprile 2020, n. 11285 [9] (Pag. 3), recitava quanto segue in tema di esami autoptici e accertamenti diagnostici su pazienti deceduti affetti da Covid-19: “Per tutto il periodo della fase di emergenza, non dovranno essere effettuati autopsie o accertamenti diagnostici in concomitanza con casi consolidati di Covid-19…”. Pur non essendo un divieto assoluto, questa Circolare ha portato a non effettuare o a effettuare pochissime autopsie, proprio nel periodo in cui sarebbero state cruciali per approfondire rapidamente la conoscenza della malattia. Infatti, fu proprio grazie a successivi studi, effettuati anche con il metodo autoptico, che divenne chiaro che uno dei fattori che aggravavano la malattia era l’endotelite con innesco di micro e macrotrombosi polmonari, nonché multi-trombosi distrettuale [10]. Proprio per questo motivo una nuova circolare del Ministero della Salute, datata 01/11/2021, n.0000818 [11], ha corretto lo scopo eliminando la dicitura che ‘sconsigliava’ di eseguire autopsie. Fattori quali l’impatto significativo della Covid-19 sulla popolazione anziana, la decisione di gestire la malattia in fase avanzata solo ed esclusivamente in ambito ospedaliero e la criticità dell’approccio terapeutico domiciliare nei confronti delle persone infette da SARS-CoV-2, potrebbero aver contribuito all’aumento del numero di decessi dovuti alla Covid-19 in Italia [12, 13]. Il tasso medio di letalità per la Covid-19 nel nostro Paese è stato molto elevato nel 2020 (3,5%) ed è progressivamente sceso fino allo 0,33%, oggi, con un dato medio per l’intero periodo pandemico di circa l’1% (Tabella 1, dati dal sito Worldometers Coronavirus). Viceversa, in Paesi come il Portogallo, dove il Servizio Sanitario ha risposto particolarmente bene, grazie a un’ottima organizzazione a livello comunitario, la letalità media registrata durante la pandemia è stata dello 0,55%, ovvero tuttora circa il 50% inferiore a quella italiana, e ciò non può essere giustificato solo dal fatto che la fascia di popolazione over 65 in Italia è del 21%, mentre in Portogallo è del 18% (9).
In chiusura, la dottoressa Maria Rita Gismondo
Finiamo con la dottoressa Maria Rita Gismondo – direttrice del laboratorio di microbiologia clinica, virologia, e diagnostica delle bioemergenze all’Ospedale Sacco di Milano, voce critica fin dall’inizio su come è stata gestita l’emergenza sanitaria per la Covid. Nell’intervista rilasciata al quotidiano La Verità spiega quali sono le contraddizioni rispetto alla somministrazione dei ‘vaccini’ e l’assenza di una serie farmacovigilanza che indagasse sulle reazioni avverse. Ed è con le sue parole che vi lasciamo (12) e l’unanime richiesta del pubblico presente a Bassano di sapere finalmente la verità e ottenere giustizia.
(1) Prima parte del Report: https://www.inthenet.eu/2024/03/29/pretendiamo-verita-a-giustizia-prima-parte/
(2) “Il profarmaco è una molecola biologicamente inattiva che, una volta introdotta nell’organismo, subisce delle trasformazioni chimiche, in genere per opera di enzimi, che la attivano. Il profarmaco è quindi un precursore del principio attivo. Viene ottenuto modificando la molecola del principio attivo, per migliorarne alcune caratteristiche, ad esempio di trasporto, di assorbimento e di diffusione nell’organismo. I profarmaci si dividono in due categorie. Carrier prodrug: dove il farmaco è legato a una molecola che ha la funzione di trasporto. Bioprecursore: la molecola funge da substrato a enzimi, dando il farmaco attivo”, fonte Wikipedia (ndr)
(3) Nel libro V-19 si esamina attentamente la funzione dei ‘vaccini’
(4) Cavallo G., Elementi di immunologia, Palatina Editrice, 1976, pag. 113
(5) https://webtv.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/422/201/Dr._Massimo_Citro.pdf
(6) e (7) estratti dal libro di Massimo Citro Della Riva APOCALISSE. Li hanno lasciati morire, Edizioni Byoblu, 2021
(8) https://www.radioradio.it/2023/09/barbaro-autopsie-covid-emergenza-vigile-attesa-miocarditi-pericarditi/
(9) Per gentile concessione del dottor Paolo Bellavite: The Problem of Home Therapy during COVID-19 Pandemic in Italy: Government Guidelines versus Freedom of Cure?
Serafino Fazio, Marco Cosentino, Franca Marino, Sergio Pandolfi, Elisabetta Zanolin, Paolo Bellavite. The Problem of Home Therapy during COVID-19 Pandemic in Italy: Government Guidelines versus Freedom of Cure? Journal of Pharmacy and Pharmacology Research 6 (2022): 100-122.
Medical School University Federico II, Naples (retired professor), Italy 2Center of Research in Medical Pharmacology, University of Insubria, Varese, Italy 3High School Master of Oxygen-Ozone Therapy, University of Pavia, Italy 4Department of Diagnostics and Public Health, University of Verona, Italy 5Medical School University of Verona, Verona (retired professor), Italy
Lo studio completo su: https://www.fortunejournals.com/articles/the-problem-of-home-therapy-during-covid19-pandemic-in-italy-government-guidelines-versus-freedom-of-cure.html
(10) Cfr. articolo 13 del codice deontologico dei medici italiani: https://portale.fnomceo.it/codice-deontologico/ e con le leggi applicabili (in Italia, la prescrizione al di fuori delle indicazioni autorizzate è regolata dalla Legge 94 del 1998)
(11) https://www.terapiadomiciliarecovid19.org e https://ippocrateorg.org/
(12)
venerdì, 12 aprile 2024
In copertina e nel pezzo: Fotografie, materiali e articolo dell’Autore. Tutti i diritti riservati