Consani e Becheri – A Due #2
di Simona Maria Frigerio
Alla Galleria Vannucci, fino a domenica 21 aprile, dialogheranno nell’interessante spazio di archeologia industriale pistoiese, i lavori di Michelangelo Consani ed Emanuele Becheri, dopo il precedente incontro/confronto tra Paolo Fabiani e Marco Neri in Persone e Palazzi, ovvero A Due #1. La Galleria prosegue, quindi, questo percorso di avvicinamento tra artisti di matrice diversa sia per ampliare lo sguardo dei suoi visitatori sia per ricostruire quei legami fra artisti che, fino a pochi decenni fa, hanno saputo creare correnti feconde e riconosciute a livello internazionale.
Venendo all’esposizione, il lavoro eminentemente concettuale di Consani ci era già noto, ma è stato oltremodo motivante vederlo specchiarsi nella carnalità fluidamente materica di Becheri. Laddove il primo fa dell’assemblage una forma d’arte plastica che travalica la messa in scena tridimensionale di oggetti sottratti all’uso quotidiano, straniati dal contesto e ricontestualizzati su base etica più che estetica, per creare percorsi di senso profondamente disturbanti, che sollecitano lo spettatore a pensare attivamente e a scoprire ed elaborare contenuti che sono insieme critici e politici; il secondo, ossia Becheri, recupera il contatto diretto con la materia alla quale chiede di esprimersi attraverso il movimento fluido impresso dall’artista stesso su un certo quantitativo di creta semi-liquida che gli permette di fissare il divenire o di dare, al contrario, l’illusione di liberare la forma già imbrigliata dal processo di cottura. E, a proposito del suo metodo di lavoro, pensiamo sarebbe interessante corredare le opere con un video del procedimento creativo vista la sua specificità e intrinseca ragion d’essere.
Mente e corpo dialogano, in questa esposizione minimal, partendo dallo sguardo sofferto dell’autoritratto giovanile di Consani ne Il malatiello, in marmo nero del Belgio (2023), che fissa la materica impressionista dell’autoritratto di Becheri, in terracotta e ossidi (2018), sulla parete di fronte. E se nella mano di quest’ultimo si ravvisa l’insoddisfazione dello scultore par excellence de La Pietà Rondanini, e la necessità espressiva di un Medardo Rosso (che ritroveremo anche nella composizione Coppia, terracotta del 2023, che ci riporta alla mente il Bambimo al seno del 1889/90); in Consani è il tormento intellettuale che si ravvisa in una puntuale denuncia dell’impossibilità, ossia della limitatezza del corpo e delle sue energie vitali, che si riflette in quella del materiale, il marmo nero del Belgio o nero assoluto, in sé raro e di difficile estrazione.
In Consani pare vi sia sempre un richiamo profondo alla caducità. La sua ala angelica spezzata (Una pura formalità, in bronzo dorato, 2023) come il suo cerbiatto (Sopra i figli dei figli il sole, bronzo, con patata ed erba dal parco di Celle, 2019) raccontano le ossessioni di un artista più di qualsiasi enunciazione di poetica. L’angelo era e resta una figura archetipica e, al contempo, un alter ego, col quale Michelangelo si confronta non nel momento di perfezione e massimo fulgore quanto nella caduta, nella cacciata, nell’istinto di ribellione e nella profonda umiltà di chi da semidio si trasforma, per volontà divina o umana, in essere in grado di compatire/compartecipare e, quindi, condividere la sofferenza e il peso della vita reale. E quel cerbiatto, reduce da una storia personale, che lo ha accompagnato nella sua infanzia e che si è poi modificato, cambiando materiale e forma, come accade a qualsiasi corpo vivente, come a chiunque tra di noi, si è ammalato, spezzato, consunto. Eppure resiste sulle sue quattro zampe, sebbene ridotte e semplici moncherini. Eretto e fiero saggia quell’erba che è insieme vita e piacere. E pare di sentire il canto del giovane Rimbaud: “calpestare erba fina. / Trasognato, ne sentirò la freschezza ai piedi. / Lascerò che il vento mi bagni il capo nudo. / Non parlerò, non penserò a niente: / Ma l’amore infinito mi salirà nell’anima. / E andrò lontano, molto lontano, come uno zingaro / Nella Natura…”.
Ma anche Becheri si confronta con l’imperfezione umanissima della forma nella sua fragilità caduca e mortale. Ad esempio, in Figura (terracotta, 2023), in cui si respira quasi l’afflato onnipotente dell’artefice/madre che, come Medea, crea e disfà i suoi propri figli, le sue creature, cristallizzandole nell’attimo prima che più non è. Una ricerca poetico-estetica che ritroviamo anche nell’olio su carta velina, Capriccio (2023), che ha il ritmo creativo delle sperimentazioni sulla pellicola di uno Stan Brakhage. Dove si forma l’immagine e cosa discerne o immagina la mente attraverso l’occhio? Gioco esperienziale che travalica l’effimero o, forse, lo sublima nella sua assolutezza hic et nunc.
Correda la mostra il testo poetico di Francesco Carone, visione/testimonianza/ricordo di un’amicizia che lega momenti ed esperienze per permettere al visitatore, di oggi, di seguire un fil rouge che, come queste brevi considerazioni, è solo un parziale strumento d’indagine, un invito a un proprio percorso di conoscenza nel mondo di Consani e Becheri e a ritornare in questo spazio alle porte di Pistoia dove si fonde un sedimento produttivo, di ieri, con i voli pindarici degli artisti, di oggi.
venerdì, 15 marzo 2024
In copertina: Michelangelo Consani, Emanuele Becheri, Opere/Costellazioni. Veduta della mostra, 2024. Courtesy gli artisti e Galleria ME Vannucci, Pistoia. Foto Ernesto Mangone