Vi spieghiamo cosʼè il Collaborative Combat Aircraft
di Federico Giusti
Quanti di noi hanno sentito parlare del programma Collaborative Combat Aircraft (CCA) dellʼesercito statunitense?
Pensiamo siano pochi a conoscere quanto diffusi siano i velivoli autonomi e senza pilota, armi di prossima generazione, sui quali si basa la sfida Us e Nato per conservare la supremazia militare ed economica.
Puntare tutto sui sistemi dʼarma innovativi, sulle tecnologie dual use è stata la carta vincente nella competizione con il blocco del socialismo reale negli anni Ottanta e Novanta e lo sarà anche nei prossimi anni.
I velivoli autonomi senza pilota, gli aerei da combattimento con equipaggio di quinta o sesta generazione sono parte rilevante e centrale dei futuri investimenti economici a partire dallʼintelligenza artificiale (IA), il cui utilizzo in campo militare è stato già ampiamente testato in Ucraina e nella guerra a Gaza con il genocidio del popolo palestinese.
La proposta di bilancio dellʼUSAF per lʼanno 2024 prevede un budget iniziale di 490 milioni di dollari “per accelerare lo sviluppo, la sperimentazione e il collaudo dei CCA”. Va altresì considerato il finanziamento di 72 milioni di dollari “per unʼunità operativa sperimentale per testare i concetti di CCA ed esplorare le strutture organizzative, le dottrine politiche, i concetti di manutenzione e i requisiti di formazione e strutture per lʼimplementazione delle tecnologie CCA”.
Secondo Air and Space Forces Magazine, lʼUSAF ha mappato le richieste di spesa per un totale di 6 miliardi di dollari per gli sforzi di ricerca, sviluppo e sperimentazione nellʼambito del programma CCA per i prossimi cinque anni fino allʼanno fiscale 2028.
Il primo lotto di CCA dovrebbe entrare nellʼinventario dell’USAF alla fine del 2020, con i primi obiettivi di capacità operativa, nellʼambito del programma, che dovrebbero essere raggiunti entro il 2030. Il nuovo progetto di ricerca prevede investimenti nella produzione di velivoli da combattimento collaborativi senza pilota e a minor costo di quelli attuali, da affiancare ai jet da combattimento di quinta generazione, dotati di sensori, armi e sistemi tattici attraverso un software basato sullʼintelligenza artificiale. Un progetto articolato che include intelligenza artificiale e guerra elettronica per utilizzare aerei da combattimento adattabili a diverse altitudini e angolazioni.
Il programma ACE prevede una collaborazione innovativa tra uomo e macchina proprio attraverso lʼintelligenza artificiale con il contemporaneo rinnovamento tecnologico degli aerei da guerra oggi esistenti.
Non mancano i motivi di preoccupazione di fronte a questi ingenti stanziamenti a favore del settore militare che utilizzano la combinazione di intelligenza artificiale e robotica avanzata.
La presenza dei ‛robot killerʼ è tra le cause della carneficina a Gaza con oltre 30 mila morti. Se sono già stati testati i veicoli terrestri autonomi senza pilota (UGV), anche la Marina statunitense va sperimentando sia navi di superficie senza equipaggio (USV) sia navi sottomarine senza equipaggio (UUV o sottomarini drone). In questo campo le ricerche di Israele sono molto più avanzate di quanto si dica e in perfetta sinergia con la Nato e gli Us.
Alcuni Paesi si sono attivati per vietare il dispiegamento e lʼuso di armi completamente autonome chiedendo lʼapplicazione di una vecchia Convenzione sulle armi convenzionali delle Nazioni Unite. In risposta, i Paesi Nato stanno lavorando per eliminare qualsiasi limite nella ricerca e produzione di questi nuovi sistemi dʼarma la cui novità consiste nel non distinguere tra combattenti e civili sul campo di battaglia – come già visto a Gaza.
Questo pensiero di gruppo guidato dal computer, la prestigiosa rivista statunitense Monthly Review, lo ha etichettato come “comportamento emergente” dagli scienziati informatici, e comporta una serie di pericoli che non sono ancora stati presi in considerazione dai funzionari di Ginevra, Washington o delle Nazioni Unite. “Le tecnologie robotiche emergenti consentiranno alle forze di domani di combattere come uno sciame, con maggiore massa, coordinamento, intelligenza e velocità rispetto alle forze in rete di oggi”, scriveva già dieci anni or sono Paul Scharre in un rapporto del Center for a New American Security (CNAS).
In questʼultima decade la tecnologia ha fatto passi da gigante e lʼambito militare è stato privilegiato rispetto a ogni altro settore civile, attirando fiumi di denaro statale per finanziare la ricerca e la produzione dei nuovi sistemi di arma. Unʼintera classe politica è stata assoldata dalle imprese militari e non è casuale che manager aziendali siano ex politici particolarmente attivi, negli scorsi anni, nella promozione della ricerca militare e del finanziamento allʼintelligenza artificiale e alla robotica con ampia partecipazione di aziende come Google e Microsoft.
Ucraina e Palestina hanno permesso di testare la nuova strategia di guerra con ampio utilizzo dell’hardware e del software per “facilitare la comunicazione e il coordinamento tra queste diverse unità robotiche e le loro piattaforme con equipaggio”, e un ampio utilizzo di droni killer e di sistemi per distruggere i radar nemici e le batterie di missili antiaerei con sistemi di intelligenza artificiale interconnessi senza alcuna supervisione umana. È innegabile che il rischio ormai acclarato sia quello di avere dei sistemi di arma che potrebbero provocare delle escalation militari involontarie e non controllate, che potrebbero rappresentare un pericolo mai visto fino a oggi per lʼumanità e il pianeta.
Per approfondire:
Programma di dominanza aerea di nuova generazione, Stati Uniti (airforce-technology.com)
Collaborative Combat Aircraft (CCA), USA – Tecnologia dell’aeronautica (airforce-technology.com)
Comportamento “emergente” dell’IA e destino umano | MR in linea (mronline.org)
La Convenzione su alcune armi convenzionali – UNODA
venerdì, 3 maggio 2024
In copertina: Foto di Pexels da Pixabay