Montagnaterapia e Centro di Riabilitazione Psichiatrica BZ
di Roberto Rinaldi
Il termine di Montagnaterapia, pratica nata agli inizi del secolo scorso negli Stati Uniti e diffusa verso gli anni ‘30 anche in nord Europa, arriva a essere disciplinata alla fine degli anni ‘80. Sta a significare un’attività caratterizzata da una metodologia terapeutica – riabilitativa – e non ultima anche socio educativa – il cui fine è rivolto alla prevenzione secondaria, cura e riabilitazione nei soggetti sofferenti di patologie e disabilità, disturbi psichici. Accompagnare nelle escursioni persone che possano beneficiare in gruppo e incidere sulla loro socializzazione.
Le prime esperienze di questa particolare terapia in Italia risalgano agli anni ‘90, dove si vengono a creare forme di collaborazione tra associazioni di appassionati per la montagna e aziende sanitarie. Esperienze significative sono in attivo grazie alla collaborazione tra il Servizio sanitario e il Club Alpino Italiano, come quella in corso da 14 anni tra il CAI di Bolzano, il Centro di Riabilitazione Psichiatrica “Grieserhof” e il Centro di Salute Mentale dell’Azienda Sanitaria della Provincia di Bolzano. Lo scorso 30 novembre si è svolta una conferenza al Centro per la Cultura Mairania di Merano organizzata dal CAI di Merano in cui sono state spiegate le finalità della montagnaterapia da parte della sezione di Bolzano, e dove hanno preso la parola Cesare Cucinato, accompagnatore nazionale (coordinatore del gruppo); Luca Carraro, operatore socio sanitario specializzato in psichiatria; e Marco Ulizzi, infermiere psichiatrico. Curare le malattie del corpo e della mente con la montagna può sembrare un azzardo, un’idea romantica e un po’ visionaria, ma l’esperienza dimostra l’esatto contrario. Gli accompagnatori del CAI Bolzano e del Servizio Psichiatrico di Bolzano hanno illustrato i benefici, le prospettive e le buone pratiche di questo approccio terapeutico-riabilitativo. «Un progetto nato nel 2009 dove l’attività fisica è stata proposta a utenti affetti da patologie psichiatriche che venivano seguiti dai centri di riabilitazione psichiatrica Gelmini di Salorno e Grieserhof del Centro di salute mentale di Bolzano.
Il progetto di Montagnaterapia di Bolzano è nato da una collaborazione fra il Servizio Psichiatrico del Comprensorio del capoluogo e la Commissione Escursionismo del CAI. Il progetto si rivolge a persone con problemi di salute mentale residenti sul territorio o seguite da strutture del servizio pubblico. Le finalità sono molteplici: hanno valenza nella parte fisica, psicologica, culturale e favoriscono la socializzazione, lo sviluppo delle abilità cognitive, strumentali e organizzative. Una palestra emotiva in situazioni concrete che permette di sperimentare la forza del gruppo, apprezzare e interagire con la bellezza della Natura. Il confronto con il superamento dei propri limiti».
A Bolzano i progetti sono due. Il primo è quello di Montagnaterapia – Wander-ful, nato nel 2009 grazie all’impegno dei soci accompagnatori Cai Cesare Cucinato, Claudio Rossi e Willy Marchiori. Il secondo si chiama Wasserläufer ed è nato nel 2014 per utenti più giovani per età (fra i 18 e i 40 anni) o per storia di malattia: si tratta spesso di persone all’esordio dei sintomi.
La definizione di Montagnaterapia è stata ideata nel 1999 dallo psicologo e psicoterapeuta Giulio Scoppola e nel corso degli anni è diventata un’attività consolidata e praticata a livello nazionale e internazionale e ha una validità scientifica a dimostrazione di come si può migliorare il benessere fisico e psichico delle persone. L’essere umano per star bene con se stesso e anche con i suoi simili ha necessità di avere un contatto diretto con l’ambiente e con la natura. La Montagnaterapia permette di curare non solo il corpo e il fisico ma anche la psiche delle persone più fragili. Uno degli obiettivi principali è quello di favorire un processo evolutivo determinato dall’esperienza trasformativa che, nel cammino in montagna, si pratica. La collaborazione tra i servizi socio sanitari e l’attività culturale e sportiva del CAI è quindi fondamentale, grazie a una sinergia tra le due realtà e con l’intervento dell’équipe integrata.
I valori solidali del CAI sono determinati dall’impegno volontaristico, l’accoglienza e resilienza, oltre alla passione per le escursioni in montagna. L’attività riabilitativa si rafforza grazie a questi valori. La valenza terapeutica delle esperienze condotte dal CAI di Bolzano nel corso dei 14 anni di vita è stata dimostrata nel corso della conferenza a Merano, a cui hanno partecipato operatori sanitari, medici e psichiatrici, primari e iscritti alle varie sezioni CAI dell’Alto Adige. In Italia esiste anche la società italiana di montagnaterapia (SIMont).
Camminare in montagna
La montagna è una grande cura per l’umano: rende tutti uguali… la felicità di raggiungere una vetta in cima a una montagna è un beneficio per l’anima e il cuore.
Non sono semplici espressioni per sollecitare frequentatori occasionali che scelgono di fare delle escursioni e camminate, magari in modo saltuario o come svago turistico. Possono essere considerate una sorta di sintesi di quanto ascoltato nel corso della conferenza organizzata dalla sezione CAI di Bolzano e dal Teatro Cristallo (nell’ambito della rassegna Sentieri Culturali), dove il dottor Elio Dellantonio (con la moderazione del dottor Edoardo Treccani, laureato in filosofia con indirizzo in psicologia) ha spiegato i benefici che si ottengono con il Camminare in montagna e benessere mentale: il titolo di una conversazione tenuta dal medico psichiatra e psicoterapeuta, già primario del Servizio dipendenze dell’Azienda sanitaria dell’Alto Adige.
L’argomento ha toccato gli aspetti tipici della vita quotidiana, in cui tutti ci ritroviamo a vivere in stati di tensione suscitati dallo stress del lavoro e anche della propria esistenza privata. Come rimediare a questi eventi e sentimenti negativi è il quesito a cui lo psichiatra ha risposto, affrontando con competenza scientifica e clinica, un dibattitto a cui poi sono seguite molte domande poste dal pubblico.
«È necessario usare più la testa e meno i piedi in modo sbagliato – è l’incipit di Dellantonio – e la gestione della normalità della vita quotidiana non deve seguire un approccio clinico. Il movimento è la prima azione umana quando nasciamo e prima ancora di sviluppare altre competenze. Quando si cammina si fa attività fisica, il corpo produce endorfine che possiamo chiamare ormoni della felicità, capaci di aiutare a liberarci dall’ansia e dallo stress. Purtroppo nella nostra contemporaneità il camminare è diventato un’attività residuale perché non abbiamo più bisogno di muoverci. Biologicamente siamo programmati per camminare ma culturalmente oggi non ne abbiamo più bisogno. Se non siamo cambiati sul piano genetico lo siamo su quello culturale – ha spiegato lo psichiatra – quando ci sono evidenze empirico–scientifiche che dimostrano i benefici nella prevenzione di patologie urologiche, cardiovascolari e neurologiche. Effetti positivi si sono riscontrati sulla muscolatura e le articolazioni, sul sistema circolatorio e sulla regolazione del metabolismo, il livello della glicemia, colesterolo e il consumo calorico. Camminare aiuta a migliorare anche il benessere mentale perché ci si immerge nella Natura e specialmente se in compagnia. Un camminare consapevole del proprio stato emotivo produce un benessere mentale e aiuta a reagire con modalità riflessive, suscita emozioni positive, utili e funzionali. Stimola l’ottimismo e la ricerca di alternative, una speranza in soluzioni dei problemi e facilita l’empatia e quindi la resilienza».
Il relatore d’eccezione ha poi toccato anche gli aspetti negativi che l’essere umano vive in una società dove tutto è diventato frenetico e in grado di suscitare reazioni negative: «La stanchezza mentale dovuta allo stress perdurante produce a sua volta ulteriore stress, tende al malumore, all’impulsività negativa e a un malessere diffuso. Gli effetti diretti del camminare sul cervello e sulla mente suscitano una riduzione del distress lavorativo correlato e sociale. Il camminare induce una crescita delle emozioni positive e una forte riduzione di quelle negative e perfino l’eliminazione di stati d’ansia, un sonno ristoratore dove si ha maggiore qualità e quantità di ore di sonno. Agisce sulla pulizia biochimica delle sinapsi e induce più fattori di crescita dei neuroni. Una percezione del tempo maggiormente equilibrata tra passato, presente e futuro. Con l’eliminazione della ruminazione si fermano i pensieri negativi e si prova una sensazione di armonia, di fare la cosa giusta per il nostro benessere. Il cammino è un regolatore sull’umore e agisce riducendo l’attività del sistema nervoso simpatico e la reattività dell’asse ipotalamo–ipofisi. Fa aumentare l’autostima e il locus of control. Significa pensare di avere in mano, almeno in parte, il nostro destino, al contrario del fatalismo rassegnato».
Il dottor Dellantonio ha poi spiegato come comportarsi per ottenere i benefici per migliorare la propria qualità di vita. «Dobbiamo spegnere i pensieri negativi ruminanti e scegliere compagne e compagni di camminate, interessanti, di cui siamo amici e disposti a essere positivi. Questo ha un ruolo centrale nella cura di sintomi lievi e disturbi depressivi e ansiosi e previene il declino mentale».
Non ci si deve sorprendere se i benefici del camminare in montagna sono così molteplici e trovano evidenze nel settore della psiche e delle sue complicanze, quando possono insorgere anche delle patologie che richiedono cure e assistenza socio sanitaria costanti.
Il progetto di collaborazione tra il Servizio psichiatrico dell’Azienda sanitaria di Bolzano, la Commissione escursionismo e la Scuola di alpinismo del CAI Bolzano, ha dato vita a Montagnaterapia, che prevede la partecipazione di persone affette da disagio psichico le quali, in presenza di accompagnatori esperti, trovano un evidente beneficio.
Il dottor Dellantonio ha poi spiegato come il camminare può avere una correlazione diretta con la sindrome di Alzheimer in grado di ritardare o arrestarne perfino l’insorgenza: «Produce BDNF (Fattore neurotrofico cerebrale, che agisce su alcuni neuroni del sistema nervoso centrale e del sistema nervoso periferico. Studi clinici hanno mostrato dei possibili collegamenti tra BDNF e patologie come la depressione, il disturbo ossessivo–compulsivo e l’Alzheimer, ndr). Ma ha anche un riscontro sui rapporti sociali, dato dal piacere del divertimento, come supporto interpersonale e permette la connessione con gli altri, la partecipazione di gruppo nel raggiungere una meta prescelta in montagna. È sempre importante camminare con consapevolezza e il camminare può essere considerato una forma di autoterapia».
venerdì, 2 febbraio 2024
In copertina: Il Rifugio Martello e, nel pezzo, il dottor Dellantonio (entrambe le foto fornite dall’autore del pezzo)