Fuori tempo massimo
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
La poesia di Jean Genet travalica e sublima i suoi personaggi per farne paradigmi di vinti e anti-eroi.
Genet scrive mirabilmente: “Ma insieme a quella desolazione, una gioia nuova nasceva in lei. La gioia che precede il suicidio. Della sua vita quotidiana, Divine cominciava ad avere paura. La sua carne e la sua anima inacidivano. È giunta per lei la stagione delle lacrime, come a dire la stagione delle piogge. Appena ha spento la luce, girato l’interruttore, per nulla al mondo metterebbe un piede fuori dal letto, in cui si crede al sicuro, ma allo stesso modo in cui si crede al sicuro nel suo corpo. Il fatto di essere nel proprio corpo la fa sentire abbastanza protetta. Fuori regna la paura”. E la paura mangia l’anima (come in un cult di Rainer Werner Fassbinder, regista che sublimò Genet con Querelle).
La poesia del cantore degli ultimi oggi può rivestirsi dei panni dei giovani palestinesi che tirano pietre contro i tank israeliani o sono finalmente rilasciati dopo anni in carceri disumane dove Israele li ha rinchiusi bambini. O può abbigliarsi delle piume degli angeli che volano sul viale di Donec’k, dove hanno perso la vita, bambini, sotto i bombardamenti ucraini. O può cantare dell’esilio dei nomadi sahrawi che, raminghi nel deserto, cercano di riconquistare la loro oasi di serenità.
Purtroppo Danio Manfredini, vent’anni dopo Cinema Cielo e quaranta dopo che quelle sale per adulti facevano storia più che per i film che proiettavano per gli incontri e i palpeggiamenti che permettevano, non riveste di poesia il presente ma indugia eternamente sul passato e si ferma alla superficialità di una trama ormai inflazionata.
Dopo la cosiddetta peste dei gay (ossia l’Aids) e il ridicolo distanziamento da Covid-19. Dopo che la transessualità è diventata una moda al punto che a Sanremo si mimano atti sessuali da avanspettacolo nel prime time (offensivi della dignità omosessuale) e li si confonde con la libertà sessuale. In un tempo in cui le residenze coreutiche e teatrali sono appannaggio solo di artisti che trattano di transgender e fluidità di genere; tempi di disinformazione in cui si confonde la disforia di genere con la scelta del partner sessuale e si concepisce di usare ormoni e fare interventi chirurgici su minori, che ancora non hanno nemmeno sviluppato appieno la propria autoconsapevolezza sessuale e affettiva. Ebbene, nel 2023 raccontare banalmente la trama di Notre Dame des Fleurs (romanzo lirico par excellence) è davvero dépassé.
Se il teatro non riesce a confrontarsi con il presente non ha ragion d’essere, anche se è ottimamente recitato da Danio Manfredini con acquerelli proiettati – a metà strada tra l’estetica di Schiele e quella di Die Brücke – a fare da sfondo.
Lo spettacolo è andato in scena:
Funaro
via del Funaro, 16 – Pistoia
giovedì 7 dicembre 2023, ore 20.45
Divine
di e con Danio Manfredini
liberamente ispirato al romanzo di Jean Genet, Nostra signora dei fiori
venerdì, 22 dicembre 2023
In copertina: Uno degli acquerelli di Divine di Danio Manfredini (gentilmente fornito dall’Ufficio stampa del teatro)