Impariamo a leggere i numeri, prima di interpretarli
di La Redazione di InTheNet
In questo periodo, in cui ci incamminiamo verso un nuovo anno (con corollario di buoni propositi), nonostante i venti di guerra spirino da ogni dove precipitando popolazioni ed economie in un baratro di cui non si vede il fondo, si sente parlare dell’insostenibilità non delle spese per il riarmo e per la Nato bensì per le pensioni degli italiani, che inciderebbero per il 16% del PIL. E allora la nostra redazione ha voluto guardare ai dati e alle analisi di tre diversi esperti per capire se ciò sia vero e quali siano le eventuali criticità da ovviare per mantenere il sistema in equilibrio.
Secondo Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e curatore del Decimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, tra i punti critici del nostro welfare (1) vi è “il rapporto attivi/pensionati, fondamentale per la sostenibilità di un sistema”. I dati al riguardo sono preoccupanti in quanto “abbiamo 1,41 lavoratori attivi che versano i contributi” per ogni pensionato (i dati analizzati sono quelli del 2021). Un’altra fonte di criticità di cui i media parlano poco sarebbero le “eccessive decontribuzioni” che “hanno prodotto un deficit tra entrate e uscite di 30 miliardi” e il cui “ripianamento sarà a carico dello Stato e dei pochi contribuenti che pagano le tasse (meno del 40% degli italiani)”. Ancora più preoccupante è il giudizio del “Rapporto rispetto alla decontribuzione, cioè alle norme che consentono di non versare tutti o parte dei contributi pensionistici per alleggerire il costo del lavoro, ponendoli a carico dello Stato”. Nonostante la politica di destra, di centro, dei ‘tecnici’ o di pseudo-sinistra abbia addotto che le decontribuzioni fossero necessarie per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato, dall’analisi di Brambilla si evince che, nonostante tali regalie ripianate dai contribuenti (e che causano poi ristrettezze di finanziamenti in altri settori, quali la scuola e la sanità), “l’Italia non solo non ha aumentato il numero dei lavoratori attivi ma, nel giugno del 2022, è passata all’ultimo posto della classifica Eurostat per tasso di occupazione, battuta persino dalla Grecia, Cipro, Malta, Romania e così via”.
Per entrare nel merito della spesa pensionistica italiana, ci avvaliamo dell’approfondimento di Gilberto Trombetta su L’Antidiplomatico (2), sempre partendo dai dati ISTAT relativi al 2021, in cui risultava una spesa “di circa 278,5 miliardi” ossia del 15,7% del PIL.
Trombetta sottolinea che l’ISTAT “(e quindi anche Eurostat) conteggia […] all’interno della spesa pensionistica anche una parte significativa di spesa assistenziale (come la GIAS, Gestione Interventi Assistenziali, oltre ad altre spese non strettamente pensionistiche come Il TFR)” e che la stessa è “calcolata al lordo dell’imposizione fiscale”.
Il problema per l’INPS sarebbe, quindi, che deve versare un lordo il quale, pesantemente tassato, diventa poi una entrata erariale effettiva per lo Stato.
In effetti, sul quotidiano legato a Confindustria, IlSole24Ore, a giugno 2022 Claudio Testuzza (3) si occupava dei redditi da pensione, analizzando proprio il fattore tassazione per scoprire che, mediamente, le pensioni italiane sono e saranno sempre più inadeguate sia a causa del recupero dell’inflazione solo parziale sia in quanto basate sul sistema contributivo – invece che su quello retributivo mantenuto, ad esempio, in Francia e Spagna – ma considerato insostenibile fin dal lontano 1995 (la cosiddetta Riforma Dini).
Sempre da IlSole24Ore veniamo a sapere che in Europa “ben 17 Stati” applicano l’esenzione “sugli importi versati e accumulati, per tassare soltanto la prestazione” mentre l’Italia “prevede un’esenzione fiscale per i contributi versati, una tassazione per il loro eventuale rendimento, ma soprattutto la tassazione della rendita o della pensione”. Non solo: “i pensionati italiani sono tra i più tassati in Europa: 30 per cento in più degli altri Paesi. Su un assegno da 1.500 euro da noi si pagano 600 euro di tasse, in Germania 60” e va altresì tenuto “presente che in alcuni Paesi della Ue le pensioni non sono di fatto assoggettate ad alcun prelievo fiscale (Bulgaria, Lituania, Slovacchia). In altri, invece, molto elevata è la personal ‘allowance’, cioè la quota di reddito non imponibili”. Ne consegue che l’Italia, “assieme alla Danimarca, è uno dei Paesi europei che fa registrare la più alta tassazione sulle pensioni” e su “un reddito pensionistico di 20mila euro all’anno”, l’aliquota media è del 20,5% mentre in Germania è dell’8,3% e addirittura del 7,3% in Francia.
A questo punto più che sul cosiddetto esborso INPS, per garantire il sistema pensionistico si dovrebbe agire modificando questo modello che assomiglia a un giroconto tra INPS ed Erario italiano – in cui pare che il primo spenda di più per il cittadino rispetto al resto d’Europa ma la realtà è che il pensionato italiano non ha alcun guadagno rispetto a quello di altri sistemi pensionistici europei. Ma non solo, perché dovendo dichiarare il lordo sul proprio Modello 730 finisce in scaglioni di reddito (che non percepisce effettivamente) più alti, perdendo anche quei pochi benefici che potrebbe avere – come la Fascia A di esenzione per le prestazioni sanitarie.
Chiudiamo tornando a Gilberto Trombetta (2), il quale scorporando la spesa assistenziale da quella pensionistica, puntualizza che quest’ultima ammonta a 215 miliardi, ossia il “12,1% del PIL. Perfettamente in linea con la media UE (anzi anche più bassa)”. E che, se “la spesa pensionistica” fosse “fornita al netto delle tasse (che ammontano per il 2021 a 62,1 miliardi di euro), la cifra sarebbe allora di 152,9 miliardi di euro. Vale a dire l’8,6% del PIL. Clamorosamente più bassa della media europea e quasi la metà della spesa che viene comunemente attribuita all’Italia (il famigerato 16% del PIL)”.
Ciliegina sulla torta: gli italiani finiscono in scaglioni più alti – ad esempio, per le fasce sanitarie – a causa di quel lordo sulla pensione (o sul reddito da lavoro), che non è spendibile dal cittadino ma vale come base imponibile per il 730.
Buon 2024 a tutte e tutti!
venerdì, 5 gennaio 2024
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay