Comunque Gaia
di Lucia Mazzilli
Inthenet inaugura in questo numero una sezione dedicata alle immagini satellitari del pianeta Terra, immagini che parlano, gridano, commuovono, stupiscono, vogliono essere una pro-vocazione. Affascinanti e inimitabili, queste riprese, destinate all’inafferrabilità e alla irripetibilità, sono state catturate nel corso di numerose missioni spaziali o da satelliti preposti allo studio del pianeta che abitiamo. Lo stato di salute della Terra, come noto, è seriamente compromesso da una serie di fattori. Gli strumenti a bordo delle sempre più numerose sonde lanciate nello spazio sono in grado di individuare e monitorare con estrema precisione e tempestività le problematiche del pianeta.
La straordinaria bellezza delle immagini della Terra dallo spazio e, contemporaneamente, la loro drammaticità, costituiscono, a nostro giudizio, una denuncia efficace, uno strumento per acquisire una superiore consapevolezza e una più incisiva lucidità sulla dimensione e natura dei problemi.
La proposta che ispira questa sezione risiede in un ribaltamento di prospettiva: abituati a studiare e osservare la Terra dalla Terra, ci allontaneremo e, posizionandoci nello Spazio, osserveremo quella infinitesima porzione di Universo, questo suggestivo pianeta che, nel mito, ha preso il nome di Gaia.
Se l’uso delle risorse ambientali e l’interazione uomo-ambiente sono da considerarsi un fatto legittimo, l’abuso praticato dalla nostra cultura è un fatto da denunciare coralmente.
Negli ultimi anni la sensibilità alle problematiche ambientali è andata via via crescendo, producendo una serie di materiali di alto valore scientifico e filosofico. Molta strada c’è ancora, però, da fare. Ci si interroga anche sul fatto se, pensare che l’uomo possa arrivare a distruggere il pianeta Terra non sia un’altra forma di antropocentrismo viziato da delirio di onnipotenza, se cioè non è forse già una presunzione della nostra cultura quella di ritenere che la Terra possa un giorno rimanere vittima dell’uomo. Sarà con ogni probabilità l’uomo che, proseguendo sulla strada imboccata, arriverà a creare un ambiente del tutto incapace di ospitarlo. La pandemia mondiale da Covid-19 potrebbe anche essere letta in questa direzione.
Le immagini che proponiamo possono essere viste anche come paesaggi dell’anima: nella loro complessità, negli acrobatici giochi di colore, negli evanescenti percorsi delle sfumature, negli aspri salti dei contrasti, sono in grado di disegnare stati d’animo tanto rarefatti quanto problematici, enigmatici e impenetrabili; immagini nelle quali possiamo specchiare arpeggi indescrivibili e indecifrabili del nostro sentire.
Per questo motivo affidiamo alle immagini l’ordito del nostro discorso, accompagnandole solo con una didascalia e con una citazione, uno spunto di riflessione che, a nostro giudizio, si accorda e fa eco allla suggestione.
Immagini, certo, frutto del nostro tempo, della scienza e della tecnologia, ma, anche, immagini di un così alto valore artistico ed estetico, da riuscire a impressionare insieme alla nostra cornea, i registri sia della nostra mente, sia della nostra anima. Proprio come accade nel linguaggio dell’arte, proprio come avviene nell’universo dello stupore.
La scelta di affidare più alle immagini che al testo la ‘voce’ di Gaia risiede anche nella convinzione che le riprese dallo spazio catturano e denunciano le sue ferite, ma, contemporaneamente, per la loro rara bellezza e suggestione, pare vogliano ammonirci, in una sorta di dignitosa e aristocratica consapevolezza. Come se Gaia volesse dirci che, nonostante e sebbene l’arroganza del nostro sistema economico e tecnologico, lei, con i suoi 4,5 miliardi di anni, rimane Comunque Gaia.
Venerdì, 7 maggio 2021
In copertina: La Namibia nei colori di Frida Kahlo.
Questa immagine radar mostra parte del vasto deserto della Namibia, a nord-est della città di Luderitz, sulla costa occidentale dell’Africa meridionale. Le aree color magenta sono le dune di sabbia e quella arancione è la superficie dell’Oceano Atlantico meridionale. La regione riceve solo pochi centimetri di pioggia all’anno. Nella maggior parte delle immagini radar, le aree sabbiose appaiono scure a causa della loro superficie liscia; questa zona, però, è caratterizzata da dune sabbiose ripide che creano riflessi radar luminosi. Questo effetto è particolarmente pronunciato nel centro inferiore dell’immagine. In alto a destra, in colore verde, sono visibili colline rocciose che si ergono sul mare di sabbia. La penisola nella parte inferiore centrale dell’immagine, vicino alla baia di Hottentott, è Diaz Point. Questa ripresa è stata acquisita da Spaceborne Imaging Radar-C / X-Band Synthetic Aperture Radar (SIR-C / X-SAR) a bordo della navetta spaziale Endeavour l’11 aprile 1994. L’immagine copre 54,2 per 82,2 chilometri ed è centrata a 26,2 gradi di latitudine sud, 15,1 gradi di longitudine est. Il nord è verso l’angolo in alto a sinistra. I colori sono assegnati alle diverse frequenze e polarizzazioni del radar SIR-C / X-SAR a bordo dello Space Shuttle Endeavour, una missione congiunta delle Agenzie spaziali tedesca, italiana e degli Stati Uniti.
NASA/JPL
Per ulteriori informazioni:
https://photojournal.jpl.nasa.gov/catalog/PIA01856
La rivoluzione è l’armonia della forma e del colore e tutto esiste, e si muove, sotto una sola legge: la vita.
Frida Kahlo